L'architettura che connette: siamo entrati nel Padiglione della Novartis a Basilea, progettato da AMDL Circle e Michele De Lucchi

L’opera di AMDL CIRCLE e Michele De Lucchi apre un varco nello sfuggente mondo dell’industria farmaceutica, mettendo a disposizione della comunità una chiave di lettura interpretativa e una nuova consapevolezza sui retroscena della ricerca nel campo delle scienze della vita.

Se curiosità e sospetto – soprattutto quest’ultimo, in tempi di pandemia – connotano nell’immaginario collettivo la percezione dei colossi farmaceutici con i loro patrimoni miliardari e le loro ‘inespugnabili’ roccaforti, il nuovo padiglione progettato dallo studio milanese AMDL CIRCLE di Michele De Lucchi per Novartis, all’interno del parco terrazzato disegnato da Günther Vogt, segna una tappa decisiva nella storia non solo dell’azienda ma anche della città di Basilea e, in senso lato, nel possibile approccio a Big Pharma.

Con la realizzazione del padiglione, destinato a ospitare spazi espositivi, per formazione ed eventi, si sono volute aprire al pubblico – per la prima volta nella storia della multinazionale – le porte sul mondo della farmacologia e della ricerca, fornendo strumenti conoscitivi che, se da un lato non spengono il fuoco delle polemiche,dall’altro sono in grado di fornire un viatico interpretativo dei codici delle industrie farmaceutiche.

In ogni caso, ciò che balza all’occhio è che si tratta di un’operazione che trascende i limiti del marketing autoreferenziale e che si spinge nei territori assai più fecondi dello stimolo intellettivo, del dialogo interdisciplinare e del confronto in modalità aperta e partecipata.

L’edificio è caratterizzato da un volume cupoliforme e luminescente chiaramente riconoscibile, che sembra un Ufo atterrato sulle sponde del Reno, in una sintesi perfetta fra tecnologia, comunicazione ed espressione poetica.

Sviluppato su due piani e un mezzanino, l’impianto circolare – una tipologia storicamente consolidata nei padiglioni – evoca i temi universali della connettività e dell’inclusione, come afferma De Lucchi: “La pianta del Novartis Pavillon si ispira alla simbologia universale del cerchio, considerato un potente campo di energia psicofisica, una sorta di area sacra dove si concentrano tutte le forze fisiche e spirituali.

Perché l’architettura stessa deve comunicare energia, ispirare e promuovere connessioni tra voci e culture diverse”.

Al pianterreno, racchiuso da vetrate continue che permettono allo sguardo di filtrare senza soluzione di continuità verso il paesaggio circostante, l’open space con il foyer d’ingresso, la caffetteria e la reception accoglie i visitatori e fornisce spazi flessibili per l’apprendimento, le riunioni e gli eventi.

Al piano mezzanino, un teatro multimediale gradinato funge da collegamento tra il piano terra e il piano superiore dove si situa la mostra permanente Wonders of Medicine, curata da Atelier Brückner.

L’esposizione guida alla scoperta delle scienze della vita, lungo un percorso fluido tra passato, presente e futuro, articolato in quattro sezioni con un ricco apparato narrativo tra cabine di ascolto, pannelli interattivi e tavoli multimediali: Fragility of Life racconta come le malattie e le terapie influiscono sulla vita dei pazienti; From Lab to Patient mostra i processi produttivi di un farmaco; Steps through Time si focalizza sulla storia della medicina e dell’industria farmaceutica a Basilea; Future of Healthcare si interroga sulle implicazioni sociali ed etiche che plasmano il futuro dell’assistenza sanitaria, invitando i visitatori a partecipare a discussioni virtuali con esperti.

La luce è un elemento imprescindibile di progettazione: se il piano terra è irradiato dalla luce diffusa che penetra dalle vetrate continue, il piano espositivo è caratterizzato da un’atmosfera avvolgente e immersiva, dove l’illuminazione artificiale interagisce con gli effetti luminosi dei monitor e delle video installazioni.

All’interno, la palette di materiali è stata scelta per suggerire un’atmosfera morbida e accogliente: le strutture in legno lamellare sbiancato dialogano con i pavimenti in terrazzo grigio chiaro, con le tende divisorie verde scuro e con i dettagli in legno di quercia naturale.

Il progetto personalizzato di arredi è stato curato da AMDL CIRCLE e realizzato da Produzione Privata, l’azienda creata da Michele De Lucchi che promuove il design sperimentale e l’artigianato.

Un’attenzione particolare è stata dedicata alla scelta dei materiali, tra cui il legno di rovere che conferisce agli elementi d’arredo (tavoli Benedetto, divani Bacchetta, sgabelli Possum – questi ultimi realizzati ad hoc) un carattere domestico e informale.

All’esterno, una superficie diafana con valenza mediatica conferisce all’architettura il carattere di una simbolica ‘lanterna della conoscenza’ e sottende il tema della trasparenza nei processi industriali.

Sviluppato sulla base di studi parametrici da AMDL CIRCLE in collaborazione con lo studio iart di Basilea, l’involucro è una membrana multistrato a rete diagonale posta a 50 centimetri dalla copertura in metallo, costituita da un sistema di pannelli fotovoltaici organici a doppia faccia e da una griglia di luci a led.

La membrana, che si auto-alimenta grazie all’energia solare captata dal fotovoltaico senza alcun dispendio energetico, funge da schermo continuo e dinamico: a seconda dell’orario, la ‘pelle’ architettonica si trasforma in uno strumento comunicativo che proietta le installazioni luminose site specific degli artisti Daniel Canogar, Esther Hunziker e Semiconductor, in un lessico espressivo – tra cellule e processi chimici – mutuato dalla medicina.

Come afferma De Lucchi, il Novartis Pavillon è un intervento “orientato al futuro, innovativo, aperto e ottimista”, che rappresenta un considerevole passo avanti rispetto alle esigenze di trasparenza, sostenibilità e condivisione espresse dalla collettività nei confronti del mondo industriale, e soprattutto di quello farmaceutico e sanitario, che, più degli altri, prima o poi inevitabilmente interessa tutti e di cui è quindi opportuno che tutti si interessino.

Photo: Rasmus Hjortshøj