A Milano tre progetti per ridurre lo spreco del cibo dimostrano che il buon design è partecipato e pensa al benessere di tutti

Milano è una delle cinque città coinvolte da Reflow, un programma finanziato da Europe Horizon 2020 con l’obiettivo di sviluppare città circolari e rigenerative attraverso una nuova configurazione dei flussi dei materiali e delle risorse.

Da Reflow sono nati tre progetti-pilota, firmati da Polifactory (ne abbiamo parlato qui), OpenDot e WeMake, che mirano a ridurre lo spreco di cibo e che dimostrano che il design è capace di creare vere e proprie rivoluzioni. A patto che si parta dall’idea di mettere in rete persone, realtà economiche e produttive e istituzioni.

Oggi si progetta insieme

Progettare in modo sistemico e collaborativo significa fare le cose insieme, con processi di coprogettazione che non hanno più nulla di teorico o ideologico. Ma invece usano un approccio pragmatico per trovare soluzioni concrete, scalabili e, soprattutto, la cui efficacia è provata da dati e feedback. La complessità  è un dato di fatto: richiede tempo, collaborazioni interdisciplinari e la costruzione di relazioni solide fra diversi player. Ma è proprio essere in grado di farsi carico della complessità che cambia non solo il modo di essere designer, ma anche il nostro modo di vivere.

Pratiche virtuose per risolvere problemi complessi

A dimostrarlo ci sono ormai molti progetti di dimensioni diverse e diversamente scalabili. Botto, ultimo nato del Fab Lab di OpenDot nel contesto di Reflow, è un buon esempio. È un prodotto-servizio nato dall’osservazione dell’attività dell’associazione RECUP per la ridistribuzione degli eccessi agroalimentari all’interno dell’ortomercato di Milano. È un  device tecnologico IoT (ovvero connesso a internet) che lavora su un canale Telegram.

La sua funzione è di semplificare tutte le operazioni che riguardano la ridistribuzione di cibo che altrimenti andrebbe buttato. Dalla comunicazione a RECUP dell’esistenza di prodotti in eccesso da parte dei grossisti e produttori locali, fino alla generazione di una bolla di trasporto per la Croce Rossa che fisicamente effettua trasporto e consegne. Botto è semplice da usare, perché frutto di una progettazione condivisa, in cui i problemi di ogni stakeholder sono presi in considerazione.

Buon design significa ascolto e relazione

“Sembra un dettaglio trascurabile, ma non lo è”, spiega Martina Giulianelli, Project Manager di OpenDot. “L’ascolto delle opinioni, dei problemi e, soprattutto, delle priorità di ogni parte coinvolta è fondamentale. Perché è così che si genera un sentimento di comunità e di partecipazione che rende il progetto efficace”.

Le soluzioni che cadono dall’alto non funzionano. Non solo per un umanissimo istinto di difesa del proprio territorio, ma anche perché è nella specificità dei diversi bisogni che si genera un’idea efficiente. E la relazione diventa trasformativa, non più transazionale. “Abbiamo seguito parte del progetto durante il periodo della pandemia. Paradossalmente lavorare in remoto ha facilitato il processo di condivisione”, continua la project manager. “Abbiamo avuto modo di focalizzarci sulle singole voci, che hanno tracciato liberamente i confini del proprio operare e definito quali erano davvero i problemi da risolvere”.

Certificazioni basate sulle Blockchain

Reflow ha messo a disposizione una piattaforma Blockchain utile per la certificazione dei flussi di materiali e prodotti. Uno dei nodi centrali della ridistribuzione di cibo in eccesso viene risolto grazie al controllo certificato del ciclo dei prodotti: un percorso dichiarato e controllabile. Al di là delle garanzie della Blockchain, c’è la raccolta di dati utili alla programmazione intelligente di ordini e acquisti. Gli errori e le imperfezioni nella catena di produzione/acquisto/distribuzione sono correggibili e sanabili attraverso la lettura dei dati. Un passo che facilita e promuove anche la donazione razionale di cibo.

Il processo si basa sulla condivisione di valori e di obiettivi alla base del percorso di progettazione. Questo è un punto sollevato anche da altri team dei pilot europei. Progettare insieme alle istituzioni (a Milano il referente progettuale è il Comune, che possiede il 90%della società che gestisce l’ortomercato) significa coinvolgere anche le diverse rappresentanze politiche e sociali, in modo che il management cittadino condivida dei progetti di transizione ecologica super partes.

Gli obiettivi che portano alla transizione delle città verso economie circolari e virtuose, riguardano le istituzioni e la gestione delle aree urbane e periferiche su lungo termine. È per questa ragione che, nonostante il prevedibile avvicendarsi di persone e partiti, le relazioni fra chi lavora alla gestione delle città  e la base più operativa sono fondamentali.

Il design che crea un nuovo tipo di comunità

Il design quindi è capace di generare pratiche diverse e rivoluzionarie, anche nella comunicazione fra i diversi player. Una buona notizia, perché sono i progetti trasversali a funzionare e a dare i risultati più d’impatto. “C’è la possibilità di utilizzare Botto in altre aree della distribuzione, non solo nell’agroalimentare”, spiega Federica Mandelli, responsabile della comunicazione di OpenDot.

“È quello che ci auguriamo accada, per scalare il progetto in modo razionale e costruire nuove pratiche virtuose”. Un obiettivo consistente e misurabile, che parla soprattutto della creazione di un’idea di comunità che, forse, ancora manca. Ma soprattutto del sentimento di ricompensa e benessere che deriva naturalmente dall’avere il potere condiviso di trovare soluzione ai problemi.