Il futuro della distribuzione è phygital: dell’integrazione tra fisico e digitale e di strategia multicanale abbiamo parlato con due esperti di digital transformation: Aldo Silvestroni di Triboo e Tiziano Pazzini di Furnichannel

La pandemia ha dato una fortissima accelerazione allo sviluppo della distribuzione digitale che, soprattutto nel caso del design, non può prescindere da una strategia integrata con il retail fisico. Il mercato digitale va accuratamente bilanciato con la distribuzione tradizionale, sia monomarca che multibrand, non solo in termini di produttività dei negozi, ma soprattutto in chiave di servizio, verso un consumatore sempre più informato ed esigente. I cosiddetti nativi digitali sono abituati ad accedere a tutto con il proprio smartphone, ma soprattutto a informarsi in rete e ad avvalersi di un customer service sempre più profilato e pronto a rispondere. Il lusso, tanto nel retail tradizionale che online, si esprime anche nella qualità e nell’immediatezza dell’esperienza, grazie anche al digitale che rende possibili nuovi e inediti approcci alla vendita al dettaglio.

I marchi made in Italy del design arrivano all’e-commerce con un po’ di ritardo rispetto alla moda. Ma hanno qualcosa da insegnare: “Dal punto di vista grafico e di user experience sono più avanti”, precisa Aldo Silvestroni, Head of communications and external relations di Triboo, una digital trasformation factory quotata in borsa, con oltre 500 professionisti e mille clienti. “I siti delle aziende del design sono molto intuitivi ed efficaci a livello di user experience, riescono a rendere bene l’idea di ciò che è il design. Il problema sorge nel momento della vendita online, quando l’immagine del prodotto decontestualizzata perde molte delle sue caratteristiche. La moda, per contro, riesce a essere più vicina all’utente finale, più ispirazionale”. Qualche nozione per un sito efficace: “Se la creatività deve puntare all’anima del prodotto, all’emozione, la user experience deve mirare alla semplicità e all’intuitività della navigazione, completata da immagini e video. Oggi la tecnologia può aprire nuovi orizzonti come la grafica 3D o la realtà aumentata per visualizzare il prodotto indossato o contestualizzato. Le soluzioni sono in continuo sviluppo”.

La stragrande maggioranza dei clienti esplora online, dove esige di trovare le informazioni sui prodotti, ma conclude l’acquisto nel posto fisico, per l’emozionalità della dimensione sensoriale."

Tuttavia, più che la tecnologia è fondamentale il servizio e la strategia omnicanale: “abbiamo stipulato partnership”, continua Silvestroni, “con i grandi player dell’online cinese, consolidando la collaborazione con il Gruppo Alibaba, già avviata nell’ambito delle piattaforme B2C Tmall e Tmall Global, che contano nel mercato cinese centinaia di brand italiani, raggiungendo gli oltre 750 milioni di consumatori attivi annuali. E abbiamo implementato i pagamenti smart attraverso l’app Alipay, sempre più utilizzata, e ‘mini-program’ di vendita e pubblicità su Wechat, dove si può ormai fare di tutto. L’acquisto deve essere ‘user friendly’ in pochi click, integrato con i social media e incrementale rispetto all’e-commerce nativo. Ma incentivare l’omnicanalità significa anche rimanere sullo store fisico”.

In questo processo di avvicinamento, disintermediato, al cliente finale tramite l’online, la qualità servizio è sempre più importante: “C’è un forte rafforzamento del customer care, in tutte le lingue possibili, non solo a supporto dell’acquisto ma anche dell’esperienza in generale, dalla vestibilità dei capi alle spedizioni nelle città più remote del pianeta. Ed è importante che ci sia sempre qualcuno che risponde, perché la Gen Z e i Millennial, soprattutto nei mercati asiatici, target principali della corsa all’ecommerce nel settore del lusso, sono abituati e pretendono un livello accurato di servizio. Ma non sono da trascurare neanche le generazioni più adulte che si affacciano all’ecommerce attraverso le campagne adv su Facebook e Instagram”.

Da alcuni settimane è disponibile Daloom, il software che consente agli store multimarca del design di creare il proprio showroom in cloud, integrando catalogo digitale e funzionalità e-commerce. Il progetto nasce dalla collaborazione tra Archiproducts e Furnichannel, società di digital transformation per le aziende del settore arredo e design. Daloom semplifica il lavoro dei negozianti consentendo di creare il proprio showroom digitale in pochi semplici passaggi e pubblicare, grazie al software saas in cloud, schede prodotto complete senza spendere lunghe ore nel caricamento di foto e informazioni. “Puntiamo a essere una scale-up come lo è stata Airbnb, ma dell’arredo, con lo 0,33% dell’addressable market europeo”, spiega Tiziano Pazzini, founder di Funichannel. “E per coadiuvare il processo di formazione dei nostri clienti, abbiamo creato l’Academy Furnichannel, gratuita con più di seicento corsi con test per l’autoapprendimento”.

Se la creatività deve puntare all’anima del prodotto, all’emozione, la user experience deve mirare alla semplicità e all’intuitività della navigazione, completata da immagini e video."

Per la complessità della produzione e per l’attitudine all’acquisto, il settore dell’arredo è più vicino a quello dell’auto che della moda. “La stragrande maggioranza dei clienti esplora online, dove esige di trovare le informazioni sui prodotti, ma conclude l’acquisto nel posto fisico, per l’emozionalità della dimensione sensoriale”, continua Pazzini. “Trattandosi di un tipo di acquisto programmato, lo stesso cliente se non ti trova online, non ti sceglie. Non c’è soluzione di continuità tra il cosiddetto ‘canale breve’, l’e-commerce, e quello lungo, il negozio. E poiché il settore dell’arredo è molto frammentato – non come i pochi ‘billion brand’ dell’auto – la differenza è fatta dal livello di servizio, in ottica di attenzione al cliente e non solo sul prodotto”.

Il settore arredo è uno dei pochi che vive il paradosso di una domanda online più alta dell’offerta: “ci sono clienti pronti per comprare online, ma il ritardo del comparto non ha fatto crescere il mercato: solo il 4% delle aziende italiane ha l’e-commerce integrato nel proprio sito. È, sì, è un tema di investimenti – gli analisti indicano come percentuale corretta di investimento sul digitale tra l’8-10% del fatturato, ma ora siamo intorno al 2-4% – ma anche di mentalità. La prima sfida, quindi, è la ‘full distribution’ nei canali di vendita online, la seconda sarà puntare a un’esperienza di acquisto più evoluta, per esempio con funzionalità aggiuntive come la realtà aumentata, purché collegata alla propria rete fisica di vendita”.