Il Professore mi ha insegnato la spontaneità progettuale: a credere e proteggere quel piccolo seme che sentiamo all’inizio di ogni progetto; a portare nel concreto della vita ciò che si sente senza timore; a osare

Riccardo Dalisi, che ci ha lasciati il 9 aprile a 91 anni, è stato il mio Professore di Progettazione Architettonica all’Università Federico II di Napoli.

Progettare immaginando

Era la fine degli anni '90 e ricordo la sfida che mi lanciò: ‘riesci a far innamorare due alberi generando un’architettura?’. Lui era così: uno che ti chiedeva di mettere insieme cose apparentemente lontane, di immaginare sodalizi improbabili, di concentrarti sul pensiero e su te stessa prima di partire con un progetto.

Io ci provai con un pino e un salice.

Scrissi una poesia in cui il pino urlava il suo amore al salice, che lo accettava. Poi immaginai come dall'amore tra i due alberi potesse generarsi una crescita continua: un rifugio dell'uno dentro l'altro, un abbracio infinito che, stabilizzandosi, generava una struttura.

Ne uscì una chiesa.

Immaginando due alberi innamorati avevo creato un'architettura sensibile alla bellezza, un edificio che rispecchiava la natura dell'uomo e del suo sentire.

Sembrava magia, invece era il primo grande insegnamento di quel professore unico.

Guardarsi dentro

Ovviamente mi laureai con lui e lo seguii nel progetto Centro Coscienza in cui facevamo ricerca interiore. Che c'entra con il design o con l'architettura? Apparentemente nulla, in realtà moltissimo.

Eravamo un gruppo di giovani guidati dal nostro Maestro. Parlavamo tanto, disegnavamo immersi nella natura e generavamo idee; fissavamo una nostra crescita: fondamentale, secondo Dalisi, per progettare bene.

I seminari che organizzavamo partivano quindi non da sfide progettuali o processi ma da concetti filosofici.

Ne ricordo in particolare uno, nato dalla frase di Seneca: ‘Coloro che uniscono la loro volontà a quella del destino ne vengono guidati, coloro che a tale volontà si oppongono ne vengono trascinati’. In quell'occasione riuscii a parlargli del senso di solitudine che provavo come un’accettazione e non rassegnazione del nostro essere umano. Lui pianse, si alzò, mi abbracciò e mi disse: ‘Sento lo stesso senso di solitudine’. Mi sentii rassicurata: non ero sola nel mio sentire.

Durante quel seminario incontrai la ‘volontà’ e la disegnai: una donna anziana e serena che portava un cespuglio enorme sulla sua schiena piegata che saliva le scale…

Portare nel concreto della vita quello che si sente

I miei taccuini del 1999 parlano di tutto questo. Ci leggo frasi come ‘portare nel concreto della vita quello che si sente’, oppure ‘la nostra mente non può contenere il destino umano, ma la coscienza si’. E ancora: ‘la verità non sta fuori dalla nostra interpretazione’, ‘l’infelicità nasce dalla non accettazione’, ‘il punto focale è il sentire’.

Sono insegnamenti preziosissimi per chi progetta perché il buon design è tale solo quando si lega alla natura vera dell'uomo non a quello che vorremmo che fosse. Insegnamenti che avevano anche una ricaduta pratica, quella su cui poi ho costruito la mia carriera professionale.

Lasciar andare, con generosità

Fu infatti proprio il professor Riccardo Dalisi il primo a parlarmi di Design Strategico e di come si possa unire la cultura del progetto con quella d’impresa. E quando, nel 2000, mi trovai a decidere se venire a Milano per un corso al Politecnico di Design Strategico, lui mi disse: ci mancherai ma vai, segui quello che ti senti di fare.

Un altro grande insegnamento: i veri Maestri lasciano andare i loro allievi con generosità.

Acudire la spontaneità

Il Professore mi ha insegnato la spontaneità progettuale: di credere e proteggere quel piccolo seme che sentiamo all’inizio di ogni progetto. Portare nel concreto della vita ciò che si sente senza timore; osare.

Sarà un caso, ma il mio Maestro è volato via proprio il giorno in cui stavamo realizzando la posa di un pavimento per un  progetto di un ristorante a Capri. Un pavimento in cotto in cui ho fatto imprimere aghi di pino che una volta evaporati nella cottura lasciano segni casuali che verranno poi in posa riempiti da uno stucco rosso…

La forza generatrice del Pino che ritorna nei miei progetti. Grazie Professore.

Marialaura Rossiello | Studio Irvine

Cover photo: fonte www.ilportico.it