Sono passati quasi 100 anni dalla nascita di Dino Gavina: il ritratto di un industriale talent scout ante litteram

Si faceva chiamare il ‘tappezziere’, ma Dino Gavina - imprenditore illuminato, personaggio poliedrico, mecenate ingegnoso e all’avanguardia – era molto di più. Classe 1922 - il 7 novembre si celebra il centenario dalla nascita – gli piaceva, più di tutto, definirsi ‘sovversivo’. Proprio quando il design stava nascendo, tra maestri più o meno conclamati, imprese brianzole e icone che saranno destinate a finire in case e musei, la sua figura di industriale segnerà il design italiano, proprio per aver rivoluzionato il campo dell’arredamento, dell’illuminazione, dell’arredo urbano.

Chi era Dino Gavina?

“Dino Gavina è il primo talent scout del design italiano, un imprenditore sui generis il cui obiettivo è fare ricerca e sperimentazione” spiega Cecilia Fabiani, critica del design e docente universitaria. "Gavina ha sempre bisogno di nuovi progetti, di avventure e sfide continue”. Nato a San Giovanni in Persiceto, fa di Bologna il centro delle sue coordinate più o meno permanenti e delle sue avventure imprenditoriali.

È qui che nel ’48, dopo aver lavorato come allestitore di spazi scenici teatrali, fonda la ditta Dino Gavina, laboratorio e store nel centro storico dove progetta e vende poltrone moderne. “È un uomo molto colto, rispetto agli imprenditori dell’epoca, e conosce l’arte” continua Cecilia Fabiani “Del resto è Lucio Fontana a introdurlo alla Triennale di Milano per fargli conoscere l’ambiente dell’architettura e del design”.

Dino Gavina e i fratelli Castiglioni

In Triennale, leggenda vuole che Gavina ci sia entrato dall’ingresso principale nel ‘57, dopo essere stato inizialmente allontanato, portando sulle spalle fino al Salone d’Onore una poltrona disegnata dall’architetto Ignazio Gardella. È lì che nasce Digamma, il primo pezzo dell’avventura imprenditoriale di Gavina, e anche la sua fama di ribelle. “Gavina è un precursore e un pioniere: è il primo a fare il design anonimo, passione che gli trasmettono Pier Giacomo e Achille Castiglioni”. Nel ‘60 sono loro a disegnare lo spazio espositivo a San Lazzaro di Savena e lo stabilimento della Gavina S.p.A. a Foligno. Nel ’62 l’imprenditore bolognese dà alla luce Flos.

Dino Gavina e i giovani talenti

“Dino Gavina è il primo a lavorare con giovani architetti - i Castiglioni stessi, Tobia Scarpa, Bellini, Kazuhide Takahama, Vico Magistretti; il primo a riproporre il Bauhaus di Marcel Breuer. È antesignano anche nell'intuire l’importanza del negozio, facendo realizzare lo store Gavina, in via Altabella a Bologna, a Carlo Scarpa, e in seguito in altre città ai Castiglioni e a Takahama, organizzando mostre ed eventi.

È il primo a far disegnare mobili a Carlo Scarpa, con la collezione Ultrarazionale, e soprattutto, nei primi anni 70, con Ultramobile, a collaborare con gli artisti: Meret Oppenheim, Man Ray, Sebastian Matta - ma anche Giacomo Balla, André Masson, René Magritte, Jackson Pollock.

Le sue scelte possono apparire contraddittorie, ma vanno essenzialmente controcorrente: rifiuta i progetti di Carlo Mollino, Gio Ponti, LeCorbusier perché non adatti alla produzione di serie (troppi passaggi artigianali), per lavorare 15-20 anni dopo con gli artisti. In questo caso, però, non si tratta tanto di mobili, quanto di oggetti in grado di generare meraviglia e stupore”.

Dino Gavina e il design low cost

Nel ’74 collabora anche con Enzo Mari: Metamobile è uno dei primi progetti di produzione di design a basso costo con un motto: «i ricchi devono essere liberati dal kitsch per ricchi. I poveri devono essere liberati dal kitsch per poveri». Sono gli anni del boom economico e il vulcanico Gavina non si ferma solo al design, ma organizza importanti esposizioni itineranti, fra cui quelle dedicate a Lucio Fontana e a Marcel Duchamp.

È dall’artista francese, padre del ready made, che prende il nome il Centro Duchamp, factory che il mecenate fonda nello stabilimento di San Lazzaro nel ’67 e che diventa crocevia di artisti, ingegneri, poeti, architetti, musicisti. "Se non si conoscono l’arte, la letteratura e la musica, non si può fare design», sostiene. Nel ‘68 cede la Gavina Spa a Knoll e fonda insieme a Maria Simoncini la Simon International.

Nel 1974 inizia la collaborazione artistica con Sirrah. "La sua ultima avventura è Simongavina Paradisoterrestre lanciata negli anni ’80: anche in questo caso è il primo a pensare all’arredo urbano. La sua grandezza sta, forse, nell’indagare cosa significava fare design, in relazione ai cambiamenti dei tempi”.