Un designer poliedrico, raffinato, capace di unire anime differenti del design: ma è veramente così?


Considerato l'inventore del made in Italy, il Maestro dei maestri, colui che ha definito l'identità del design italiano. È stato l'architetto che ha rappresentato una borghesia innovatrice e reazionaria allo stesso tempo.

Una classe sociale favorevole alle piccole innovazioni, amante di un'arte educata, vicina alle novità tecnologiche dell'industria ma poco propensa a progetti di rottura con il passato: quelli di Ponti sono progetti di mediazione con il radicalismo delle avanguardie dell'epoca. Lavora su opere rassicuranti, ogni innovazione è sempre riequilibrata da un riappacificante legame con lo storico.

Ponti si sente vicino a gran parte delle avanguardie del Novecento, dalla secessione viennese al movimento razionalista, ma quelle istanze verranno sempre filtrate dal suo approccio italico-tradizionalista in cui forte è il ruolo dell'artigianato.

Per Ponti chi progetta è prima di tutto un dipendente della committenza. Disse nel 1964: “L'architetto ha sempre fatto politica. Nell'antichità era un uomo di corte, come i pittori, i letterati, i musicisti. Faceva una politica che dipendeva dal potere”. È stato convintamente fascista, durante il ventennio fu vicino alla parte rivoluzionaria ma anche a quella più tradizionalista del partito: fece sue sia le istanze del movimento funzionalista internazionale, sia il tema più passatista del recupero di una identità italiana e romana.

Per Ponti il progetto non ha l'obiettivo primario di risolvere funzioni ma quello di comunicare messaggi. Gli interni e le architetture pontiane sono soprattutto rappresentazioni, luoghi manifesto: comunicano chi li abita o le istituzioni che le hanno commissionate. Ponti rivendica il primato della bellezza rispetto ad altre categorie progettuali. Legittima quindi il decoro, ostracizzato invece dalla cultura progettuale nord europea.

Ponti è un progettista pienamente inserito nel Novecento, un secolo fatto di forti certezze, ideologie incrollabili e fede nel progresso tecnico-industriale. Fu sempre alla ricerca di progetti definitivi, di archetipi che rispettassero la storia e ne potessero far parte. Oggi i designer raccontano una contemporaneità diversa, “liquida”, incerta: progettano prodotti provvisori, elastici, concettuali.

È per questo che è più facile ritrovare i valori pontiani nella generazione di mezzo che in quella contemporanea: lo ritroviamo quindi nel rigore borghese di Alberto Meda e Antonio Citterio, nella capacità di lavorare su più scale (design, artigianato, architettura) di Michele De Lucchi, nella qualità del disegno di Patricia Urquiola e Rodolfo Dordoni.

Ponti non ha inventato il made in Italy, ne ha dato una sua interpretazione, una delle diverse possibili. Ha avuto molti discepoli che hanno acclamato le sue incredibili qualità, ma anche più di qualche critico che ne ha taciuto i limiti. La sua forza e allo stesso tempo debolezza è stata la continua ricerca di un progetto conciliante, attento all'approvazione del pubblico.

Cover photo: Palazzo Bo, Università di Padova, Sala di Lettura. Ph. Massimo Pistore