Studi e sperimentazioni dimostrano che il contatto con la natura migliora la salute. Ecco 7 motivi per cui dedicare spazio ai giardini curativi (e progettarli al meglio)

Gli alberi portano felicità (e di questo abbiamo già parlato qui). Ma il paesaggio, soprattutto quando è ben progettato, può anche avere un effetto curativo concreto per chi ha problemi di salute. Per questo si parla di healing gardens, cioè i giardini curativi integrati a strutture ospedaliere e cliniche, nati per aiutare i pazienti nel processo di guarigione.

Biofilia e giardini terapeutici

Il biologo Edward O. Wilson - fondatore della sociobiologia - scrive “la biofilia è la tendenza innata a concentrare la nostra attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda”.

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È quindi parte della nostra evoluzione essere attratti da tutto ciò che è vivente e provare emozioni e sentimenti nei loro confronti. Gli studi sui giardini curativi sono nati nei primi anni 80 a partire da questo assunto.

Il giardino in ospedale

Nel 1984, Roger Ulrich notò che le condizioni post-operatorie miglioravano per i pazienti che dalla finestra vedevano degli alberi. Clare Cooper Marcus, docente di architettura paesaggistica posso l’Università di Berkley e l’architetta Marni Barnes, ampliarono gli studi per valutare l’impatto su medici e infermieri notando che un ambiente ricco di verde aiuta a ridurre i livelli di stress.

Punto di riferimento internazionale sono i Legacy's Therapeutic Gardens, dell’ospedale di Portland ma sono sempre più numerose le strutture a dotarsi di questi luoghi rigenerativi.

In che modo un giardino terapeutico cura i malati?

Insieme alla psicologa ambientale Rita Berto - parte del gruppo di ricerca GREEN LEAF e del Laboratorio di Ecologia Affettiva, Università della Valle d'Aosta - siamo andati in cerca dei motivi che rendono un giardino un luogo di cura e delle caratteristiche che devono avere.

 

Consente di rigenerare la nostra mente

Secondo Clare Cooper Marcus “L’esposizione a una superficie dove predomina il verde - almeno il 70% - dona un senso di rilassatezza”. Questo perché - come fa notare Rita Berto - “l’esposizione all’ambiente naturale non affatica la nostra capacità attentiva, cioè non crea sovraccarico cognitivo.

L’ambiente naturale è caratterizzato dalla presenza di stimoli che attivano l’attenzione involontaria, cioè quel tipo di attenzione selettiva che non richiede alcuno sforzo da parte nostra e consente all’attenzione diretta, necessaria per lo svolgimento delle attività quotidiane che però richiede un grosso sforzo per essere mantenuta e che si satura dopo un uso intenso e prolungato, di riposarsi e rigenerarsi.”

Combatte lo stress

Rita Berto sottolinea come “l’esposizione all’ambiente naturale favorisce il recupero dallo stress psicofisiologico, riportando i parametri fisiologici a livelli ottimali.” Questo perchè “gli ambienti costruiti a cui siamo esposti presentano numerosi stressori ambientali (rumore, affollamento, inquinamento dell’aria, illuminazione scorretta, temperature inadeguate) ai quali ci siamo adattati, ma la nostra risposta fisiologica di stress rimane sempre attiva attraverso il coinvolgimento del sistema nervoso simpatico. Come l’attenzione diretta anche il sistema nervoso simpatico ha bisogno di riposarsi. L’esposizione all’ambiente naturale attiva la componente parasimpatica del sistema nervoso che riporta i parametri fisiologici a dei livelli ottimali.”

Allevia la solitudine

Osservando diversi progetti di giardini curativi emergono dei tratti comuni. La presenza di aree dove sedersi e riposare è fondamentale ma si può notare come le sedute siano progettate per avere aree dotate di privacy e aree che invitano alla socializzazione.

“Interagire con gli altri è importantissimo, soprattutto per chi è ricoverato in ospedale o ospitato in residenze per anziani, ma troppo spesso questo comportamento non è sostenuto dall’ambiente - sottolinea Rita Berto - Spesso i giardini sono inadeguati a favorire l’interazione sociale: assenza di un prato dove poter giocare insieme, mancanza di posti dove sedersi, panchine troppo lontane, troppo alte, mancanza di zone all’ombre, ambiente poco sicuro.”

Fare attenzione ai dettagli permette di rendere il giardino un luogo che stimola emozioni positive, riducendo irritabilità, paura, depressione e aiutando a non sentirsi isolati: elementi preziosi per pazienti, personale medico e familiari.

Per progettare un giardino terapeutico bisogna…

Capire i bisogni

Non basta creare un’aiuola. Comprendere i bisogni dei suoi abitanti è parte integrante e fondamentale della progettazione ed è spesso un processo partecipativo. È l’esempio dell’unità ustionati dell’Oregon il cui giardino è caratterizzato da zone d’ombra e del Giardino Terapeutico realizzato nel 2018 al decimo piano del Policlinico Gemelli di Roma, frutto di una progettazione condivisa e multidisciplinare che ha visto lavorare insieme i medici e gli architetti dell’ospedale con i sociologi urbani, gli architetti, gli psicologi sociali e gli esperti del paesaggio del team ReLab.

Proporre attivazione sensoriale e libertà

Dal giardino del Policlinico emerge un altro importante elemento: l’attivazione dei sensi e la fruizione non guidata dello spazio. Grazie all’inserimento di fontane, all’attenzione suoni e odori e alla creazione di percorsi sensoriali, questa terrazza permette alle pazienti in cura contro il cancro di seguire le cure in un ambiente non asettico, offrendo distrazioni e favorendo emozioni e sentimenti positivi.

Nei suoi libri Clare Cooper Marcus ricorda spesso che “più i giardini ingaggiano i sensi e più forniscono una distrazione dal dolore, riduce la pressione, lo stress e migliora il sistema immunitario”. Secondo Rita Berto “Il giardino merita un’attenzione particolare perché porta dei valori ed è il legame con la vita che sta fuori.

Per esempio, nel caso degli anziani, il restorative garden sostiene i deficit percettivi e cognitivi rispettando le sue preferenze, è un ambiente sicuro che incoraggia l’indipendenza e l’autonomia perché risponde a bisogni di comprensione e di esplorazione.”

Stimolare l’interazione

Per Rita Berto “il restorative garden è un luogo bello, vivo e stimolante non solo da un punto di vista naturale ma anche sociale, un luogo dove hanno luogo eventi ed attività, e dove attraverso il contatto con la Natura e le attività ad essa legate ci si rigenera.” Un giardino curativo è un invito alla contemplazione, al riposo ma ha anche un'importante valenza nel supporto attivo dei percorsi riabilitativi.

“In questo caso - continua Berto -  si parla di active healing garden, dove alla contemplazione della Natura si abbina l’uso del giardino a scopi riabilitativi: terapia occupazionale, orticultura, terapia fisica, gioco.”

Regalare bellezza

Ultimo punto, perché troppo spesso nel landscape design si trova invece al primo posto, è l’aspetto estetico. Progettare giardini curativi è un invito a trovare il bello nella Natura stessa e nel riconnettersi ad essa. Gli spazi saranno funzionali a stimolare le esigenze particolari e i sensi dei pazienti o a rendere meno cupa l’attesa - come nel caso della sala d’aspetto dell’Oregon Hospital circondata da vetrate che danno sul giardino. Rita Berto invita a assecondare le nostre esigenze estetiche: “La Natura è bella! Le cose belle suscitano in noi emozioni e sentimenti positivi, parimenti l’esposizione all’ambiente naturale favorisce la comparsa di toni positivi dell’umore; in pratica la Natura ci fa stare bene perchè favorisce il buon umore.”

Per approfondire:

Barbiero-Berto “Introduzione alla biofilia. La relazione con la Natura tra genetica e psicologia. Carocci editore

Baroni-Berto, “Stress ambientale. Cause e strategie di intervento”. Carocci editore

Clare Cooper Marcus,  “Healing Gardens: Therapeutic Benefits and Design Recommendations”, John Wiley & Sons Inc