Chiedersi come il metaverso cambierà il modo di vendere, acquistare e vivere il design ha un senso. Ecco perché (e cosa sanno i brand che già lo usano)

Se avete più di 30 anni molto probabilmente la sola idea di visitare un negozio di design con il vostro avatar vi mette i brividi. Ma se avete più di trent’anni sapete anche che è molto difficile fermare i cambiamenti, anche quando si presentano con la faccia di un video game.

Chiedersi quindi se il metaverso cambierà il design retail ha un senso. Persino se non vi chiamate Nike o Dolce&Gabbana, marchi che già da tempo hanno lanciato (si dice “drop” in gergo) i propri negozi NFT. Perché conoscono bene i loro giovani o giovanissimi clienti e non si lasciano distrarre dai tech bias: tutte quelle credenze sulla tecnologia che tipicamente rendono difficile avere un’opinione razionale.

Cosa hanno capito i big brand del metaverso

I big brand sanno che:

  • i Millennial sono fortemente indirizzati a esperienze e prodotti personalizzati, che nel metaverso sono più semplici da ottenere e persino da progettare individualmente
  • la GenZ, quella nata dopo il 1995, così come la GenAlpha, che al momento è ancora sui banchi di scuola, non smetterà di frequentare il metaverso una volta adulto.
  • Pur non sapendo esattamente cosa accadrà, e pur non basandosi sulle cifre roboanti del giro d’affari previsto nel 2030 su metaverso (8/13 trilioni di dollari), scommettono sulle nuove tecnologie perché chi non l’ha fatto in passato ha sbagliato.

Il metaverso quindi è qui per restare

E per essere popolato anche dal design retail e da forme di distribuzione e vendita al momento ancora da progettare. Ma non è detto che sarà terribile, anzi. Immaginiamo di poter progettare uno showroom (sempre che la cosa abbia ancora senso nella VR) su Decentraland.

Le possibilità sono infinite, non si conoscono limiti fisici e, come dice qui l’archistar Bjarke Ingels, da progettisti e professionisti del design, è un’opportunità per fare le cose al meglio e sperimentare una nuova realtà.

Come affrontare lo shock? Con calma, ricerca, sperimentazione. E basandosi sui propri valori: Domenico Dolce e Stefano Gabbana ad esempio sono partiti all’idea di famiglia, casa, calore, per creare una community virtuale basata su valori decisamente mediterranei.

Il punto fondamentale è: cosa accadrà i negli show-room VR/AR?

Vengono in aiuto gli esempi dei brand del lusso o della grande distribuzione che stanno facendo esperimenti o, addirittura, registrando marchi nuovi per prodotti virtuali o ibridi.

L’elemento da cui partire è l’esperienza: personalizzare, esplorare, capire come funziona e come è fatto (anche dal punto di vista produttivo) un oggetto, è fondamentale per chi compra online. I clienti più giovani e quelli del futuro vorranno "toccare" quello che vogliono comprare, anche solo virtualmente. Dyson ad esempio ha scelto una strada interessante: si "entra" nell’oggetto per capire come funziona.

Cosa si progetterà per il metaverso?

Altro aspetto interessante. Balenciaga ad esempio ha firmato le skin per Fortnite. Il mood è sempre uguale, un po’ aftermath, un po’ urbano e anche un po’ cattivo. La sua collezione fisica non si distanzia molto da questa scelta estetica ed è evidente che è già cominciata un’ibridazione delle forme, un dialogo fra reale e virtuale che cambierà il modo di immaginare l’aspetto degli oggetti.

È evidente che chi finora ha lavorato solo nel metaverso, come il designer Andreas Reisinger, non si sottrarrà alla seduzione di diventare tridimensionale quando ne avrà l’opportunità. Quindi perchè non fare il passaggio inverso e passare dall’oggetto concreto a quello virtuale?

Potenzialmente si potrebbe visitare uno showroom delle meraviglie, collocato su un pianeta a pois bianchi e neri, con i commessi con una testa da volpe. E una volta scelto ad esempio il divano, cambiargli colore, texture, composizione. Capire come è prodotto e se ad esempio è sostenibile. E magari comprarne anche uno per la casa virtuale, o una macro versione da usare come monumento in giardino.

Il design retail ha un’opportunità nel metaverso

Per fortuna il made in Italy sa come fare, non è certo la prima volta che spariglia le carte e rivoluziona il lifestyle delle persone. Fa paura però quell’inerzia dovuta allo scetticismo. Forse una partnership con la moda potrebbe essere utile? Dolce&Gabbana ha recentemente debuttato in modo intelligente nel virtuale, con una collezione NFT (che ha raggiunto prezzi stellari) e la creazione di una community (altro punto fondamentale) con un ecosistema di vantaggi e anteprime.

Il commento dei due stilisti è stato: "Per Dolce&Gabbana la moda è sempre stata una fusione di mondi molto distanti tra loro e le nuove tecnologie hanno ispirato la visione di Domenico Dolce e Stefano Gabbana fin dall’inizio - spiegano dall’azienda -.

La nuova community #DGFamily Nft rappresenta l’equivalente digitale di uno dei capisaldi del dna del brand: l’idea di famiglia, una comunità di persone che si ritrovano unite da passioni e valori condivisi".