Il tuo più grande insegnamento (lo so Efrem, questa parola non ti sarebbe piaciuta) è stato che “siamo ciò che fotografiamo”. E tu e la tua fotografia eravate proprio questo: immediatamente riconoscibili, semplicemente essenziali, autorevolmente rigorosi. Che tu fotografassi Vasco Rossi fradicio sotto la doccia in jeans e camicia bianca, Philippe Starck ricoperto da un telo di cellophane, i piedi rovinati e sporchi di terra di Zlatan Ibrahimović, tuo padre che hai sempre reputato il tuo maestro, Strip il tuo adorato gatto, tua moglie Laura, un pezzo o un arredo di design, la matrice è sempre stata quella della tua riflessione, immediatamente visibile. E per farlo ti esponevi, mettevi a nudo la tua visione del mondo. La fotografia alla quale pensavi è sempre stata questa.