Lo abbiamo chiesto ai direttori di tre scuole milanesi: il Politecnico, la Domus Academy e Istituto Marangoni

Studiare design sì, ma perché? A parte talento e passione in realtà ci sono molte ottime ragioni.

Gli studenti con un percorso universitario legato ai temi del progetto, in ogni sua declinazione, hanno buone probabilità di acquisire competenze spendibili in molte professioni diverse. Non solo nel design.

Una notizia bizzarra, confermata dai numeri: il 98% degli studenti dell’ateneo di Milano trova lavoro entro un anno dal termine del percorso accademico. L’ipotesi è che, fra le facoltà professionalizzanti, quella del design sia capace di laureare giovani che credono nella creatività e conoscono bene le potenzialità del digitale e della tecnologia. E probabilmente la applicheranno con pragmatismo in ogni ambito.

Lo spiegano bene Francesco Zurlo, Silvio Cioni e Sergio Nava.

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Un'attitudine indipendente in una scuola progettata dai designer radical

Silvio Cioni è da settembre 2023 il nuovo director of education di Domus Academy. Una new entry solo parziale: lui stesso ha frequentato la scuola nata nel 1982 come costola della rivista Domus e con la partecipazione dei gruppi di design radical.

È stata la prima scuola post-graduate di design in Italia: “Domus Academy è stato il mio pane formativo prima, e di ricerca poi, per molto tempo. Torno qui con il desiderio di lavorare sull’heritage: l’idea di una scuola come cenacolo di sperimentazione collaborativa con le aziende, così come è stata ai suoi inizi”.

Cosa è cambiato sostanzialmente dell’idea fondativa di Domus Academy?

“Oggi esistono in Domus Academy undici master, più del doppio dei primi anni. Siamo focalizzati tutt’ora su un’idea che per la scuola è stata dirompente: fare in modo che docenti e studenti lavorino insieme, attorno allo stesso tavolo.

Oggi è pratica comune, ma partendo da qui si può guardare lontano. Lo abbiamo sempre fatto, i docenti si impegnano con la faculty per trasformare dei brief di progetto delle aziende in piccoli grandi laboratori.

È lo spirito con cui cerchiamo di essere una scuola visionaria, con nuove tipologie di corsi. Promuoviamo pratiche orientate ad approcci aperti alle variabili ideative, meno strutturati. È così che parliamo di innovazione, non solo dal punto di vista tecnologico, dei materiali o dei processi.

Ma in un senso ampio, con l'obiettivo di espandere la pratica del design”.

Cinquemila domande per 1440 posti: perché la Scuola di Design del Politecnico è un percorso ambito

“È un percorso impegnativo,che abitua fin da subito a rispondere a sollecitazioni trasversali per acquisire strumenti di ricerca forti. La creatività ha senso solo se applicata a una base consistente”, spiega Francesco Zurlo, Preside della Scuola di Design del Politecnico di Milano.

“Siamo vincolati dai programmi ministeriali, ma abbiamo un approccio focalizzato a una formazione ampia, con molte attività incentrate sui workshop extracurricolari che coinvolgono le facoltà più diverse”.

Un esempio concreto: partendo da un brief per lo studio di una superficie acustica, può capitare di trovarsi in un team con studenti di design, certamente, ma anche di ingegneria, di architettura, di fisica.

“Siamo molto attenti a innovare i percorsi formativi, lavorando non solo sulle nuove tecnologie e sulla loro integrazione nello studio e nella pratica professionale. Ma anche in contesti umani e sociali che richiedono le competenze progettuali per trovare soluzioni che intercettano diverse discipline”.

Il lavoro laboratoriale, che si traduce in una pratica educational finalizzata però a progetti concreti, è aperto a contesti molto diversi fra loro. Può capitare di lavorare con le istituzioni territoriali, così come sull'integrazione di un parco eolico nel contesto paesaggistico.

Sergio Nava, Istituto Marangoni: “Studenti sensibili verso le questioni etiche e sociali”

“Hanno un atteggiamento pragmatico verso la vita, preferiscono un approccio concreto orientato, riconoscono l'importanza cruciale di acquisire competenze pratiche e professionali, oltre a solide basi teoriche”, commenta Sergio Nava, direttore di Istituto Marangoni Design School Milano.

Negli ultimi anni la scuola ha intrapreso un percorso significativo per adattare la nostra didattica agli studenti. Ha intensificato l'aggiornamento dei contenuti dei corsi e introdotto nuovi programmi di studio, per rispondere alle esigenze del mercato e alle aspettative degli studenti.

La relazione con le aziende e il destino professionale degli studenti è una preoccupazione ovvia per le scuole: “Un elemento fondamentale del nostro approccio è stata l'integrazione di nuove tecnologie nelle attività pratiche dell'insegnamento. Incoraggiamo attivamente gli studenti a esplorare e applicare tali tecnologie nelle loro esperienze accademiche.”