Un libro per essere vigili sul tema del genere: ché come diceva Simone de Beauvoir, i diritti delle donne non sono mai acquisiti

Le questioni di genere – soprattutto quando si parla di donne e design – sembrano in generale superate, spesso ritenute noiose, o peggio pretestuose, inutili rivendicazioni da femministe anni 70.

Ma lo sono davvero?

O meglio, con una domanda che pone Domitilla Dardi nel libro “Progettiste e designer: una questione di genere” (Metilene Editore), da me curato con Dora Liscia Bemporad: “Abbiamo ancora bisogno di studiare parti meno conosciute della storia, che sono state penalizzate da una prospettiva centrata sul genere e, spesso, sulle geografie e le solite dinamiche sociali?”

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La risposta di Dardi a questa questione è un sì, convinto.

È a partire da questa premessa che ha senso leggere le ricerche di studiose/i, docenti, curatrici e curatori, che Dora Liscia Bemporad ed io abbiamo raccolto nel volume sopracitato, un’opera collettiva delle Collana Lezioni di Design Firenze.

Una serie di saggi che ho qui sintetizzato in una sorta di vademecum per capire quali azioni e atteggiamenti contribuiscono, nel quotidiano, a farci superare la questione di genere nel campo del design.

1. Studiare la storia per evitare coni d’ombra

Gli studi storici, quali Donne nell’Ombra, di Dora Liscia Bemporad e Silvia Fabbroni, hanno l’obiettivo di tirar fuori dall’oblio e dare la giusta visibilità ad alcune figure femminili emblematiche della ‘sfortuna critica’ a cui sono state condannate.

Donne che – scrivono le autrici - con il loro lavoro, la loro inventiva, e con il loro ‘aiuto’ hanno permesso a celebri architetti e designers di emergere. Come Aino Marsio Aalto, Annie Griswold Tyng, Charlotte Perriand, Harriet Pattinson, Lilly Reich, Mrgaret Macdonald Mackintosh, Marion Mahoney Griffin, Ray Kaiser Eames, che sono state colleghe, compagne, amanti, mogli e muse ispiratrici di architetti famosi, rimaste in quel ‘cono d’ombra’, un passo indietro rispetto alle figure più conosciute dei loro partner, anche nei casi delle figure più note come Charlotte Perriand e Ray Kaiser Eames”. Un tentativo di rimettere la bilancia in equilibrio, dando a Cesare quello che è di Cesare.

2. Essere eternamente grate alle 494 pioniere del design

Sono 494 le ragazze del Bauhaus raccontate da Anty Pansera nel suo libro “494 Bauhaus al femminile” (Nomos edizioni). Volitive, determinate, ambiziose, creative, coraggiose, le prime ad affrontare l’ambiente maschile del design e delle arti applicate, fino a allora precluso alle donne.

Nello stesso anno, il 1919, dell'istituzione del Bauhaus, che Walter Gropius apre a tutti, senza distinzione di età e sesso (pur indirizzando le ragazze dopo l’anno propedeutico al laboratorio di tessitura, con l’eccezione di Marianne Brandt a cui venne permesso di accedere all’officina dei metalli con risultati eccezionali), la Costituzione della nascente Repubblica di Weimar sancì la parità dei diritti tra uomini e donne e di conseguenza l'uguaglianza sociale in materia di istruzione.

Le donne ottennero il diritto di voto ed entrarono a far parte degli organi di governo. Sono passati 100 anni, una strada lunga e tortuosa, ma sembra che le donne creative, e non solo quelle, ce l’abbiano (quasi) fatta, almeno in occidente. O no?

3. Dotarsi di ali invisibili e volare in alto, senza porsi limiti

Anna Lindgren e Sofia Lagerkvist, che ho intervistato per il libro, sono le designer svedesi dello studio Front Design, nato nel 2004. E, sorprendentemente, ci dicono che in Svezia le facoltà di architettura e design sembrano essere ancora piuttosto conservatrici.

Sperimentare ciò che potrebbe essere il design, senza porsi alcun limite, è la loro mission fin dai tempi dell’università.

Atipiche progettiste scandinave, hanno fatto tabula rasa degli schemi tradizionali. Profondamente immerse nella contemporaneità, Front indagano la forza creativa dei sistemi naturali e l’osservazione delle piante, degli animali e del loro habitat è spesso l’elemento di riferimento, insieme con le nuove tecnologie, da cui nascono i loro oggetti e progetti.

4. Cercare il proprio personale linguaggio espressivo

Esiste oggi uno sguardo progettuale femminile capace di definire uno specifico linguaggio espressivo o sono solo storie?

Non è chiaro a nessuno, e forse non interessa a nessuno ma vale la pena seguire le proprie intuizioni e non farsi scoraggiare per cercare, esplorare, sperimentare e trovare la propria voce ‘out of the grid’.

L’ipotesi di una narrativa nuova, di un linguaggio femminile che fa riferimento non più a un lessico un po’ tecnico e meccanico del design, ma a delle storie da raccontare, di un linguaggio espressivo diverso da quello maschile, più adatto a esprimere emozioni, capace di dare un nome e un volto nuovo alle cose è stata formulata da Andrea Branzi a proposito dei prodotti disegnati proprio da Front e da Nika Zupanc per la collezione Qeeboo.

5. Buttarsi con coraggio e non avere paura

In Europa è molto comune oggi che ci siano più del 50% di studentesse nelle facoltà di design e architettura. “Il nostro messaggio, dicono le Front, è questo: dovrete lavorare sodo, ma la cosa più importante è trovare la vostra propria voce, capire quali sono le vostre domande e ciò che volete, senza cercare di fare ciò che pensate sia giusto fare o ciò che fanno gli altri.

Essere originali, mirare a essere diverse, per emergere, distinguersi con le proprie idee e spingerle più lontano, cercare di essere uniche, di essere voi stesse. Osate e cominciate subito ad avere il vostro studio, immediatamente dopo la scuola. Senza fare troppe internship o iniziare a lavorare nella struttura di un grande studio. Pensiamo che si debba andar fuori, aprire il proprio studio e ‘just go for it!’.

Fare i propri progetti, cercare chi può offrirvi opportunità, mostrare a tutti con coraggio i propri progetti. Senza nessuna paura! Le donne devono lavorare molto per acquisire visibilità, succede ovunque. È tempo di cercare di rendere la questione paritaria, anche se è ancora una strada lunga”.

6. Ripetere come un mantra ogni giorno più volte al giorno

“N’oubliez jamais qu’il suffira d’une crise politique, économique ou religieuse pour que les droits des femmes soient remis en question. Ces droits ne sont jamais acquis. Vous devrez rester vigilantes votre vie durant” Simone de Beauvoir

“Non dimenticate mai che sarà sufficiente una crisi politica, economica o religiosa perché i diritti delle donne siano rimessi in discussione Questi diritti non sono mai acquisiti. Voi dovrete restare vigili per tutta la vostra vita” Simone de Beauvoir

Foto di copertina dal film Women of the Bauhaus, regia di Susanne Radelhof, 2019

“Progettiste e designer: una questione di genere?”, Collana Lezioni di Design Firenze, Metilene Editore, Vol, a cura di Patrizia Scarzella e di Dora Liscia Bemporad, progetto grafico Rovai Weber Design, con i contributi di: Stefano Bettega, Pierluigi Bemporad, Rosa Maria Di Giorgi, Serena Bedini, Claudio Paolini, Valentina Gensini, Giuseppe Furlanis, Silvia Fabbroni, Domitilla Dardi.