Il profilo Instagram di Roberta Borrelli (Make your home) è pieno delle cose che servono al design per comunicare sui social, dal progetto alla vita vera, come la racconteremmo a un amico

È un esercizio che abbiamo fatto mille volte: prendere il design e metterlo accanto alla parola influencer.

Ciò che ne è nato non è quasi mai stato una storia d’amore: talvolta un flirt, più spesso un primo appuntamento andato male, come quegli incontri combinati a cui s’arriva presentati da un amico perché "dovete assolutamente conoscervi", salvo salutarsi mezz’ora dopo, alla prima battuta non proprio riuscita.

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Quella di Roberta Borrelli con il design è invece una storia d’amore che cresce ogni giorno, rilanciata dal profilo Instagram make_your_home.

Una storia in cui progetto e comunicazione social legano perfettamente, spinti dall’intuito di una professionista che, prima ancora di essere un influencer, o proprio per questo, è un architetto d’interni, capace di fare della sua casa, e della sua vita, un racconto aperto al pubblico.

In Make your home, arredi e oggetti diventano protagonisti mai calati dall’alto: soggetti di un racconto corale mixato da una professionalità che lega design e social e annulla in un tempo lento, ragionato e pensato, l’ossessione del 'fattore K', l’ansia da follower che brucia centinaia di progetti rendendoli artificiosi.

"Make_your_home arriva al pubblico come un’operazione spontanea perché io comunico me stessa innanzitutto come architetto" spiega Roberta.

"Soltanto dopo che è chiaro il mio mestiere, ha senso che io possa definirmi influencer, a condizione che con questa parola intendiamo qualcuno che ha una storia da raccontare per il suo pubblico, che connette con la propria vita e le proprie scelte".

L’ispirazione alla base del profilo - che nasce nel 2012 come blog, prosegue su Instagram e accompagna Roberta da Napoli a Milano, dove vive dal 2017 - è spontanea, ma con un filo di progettualità evidente: raccontare la propria storia di architetto che vive la casa (e le case) e quotidianamente s’interroga, nelle proprie stanze o in cantiere, sul senso di un arredo, di un oggetto, dello stesso abitare contemporaneo.

E lo fa con la voce e gli argomenti che userebbe con gli amici.

Così, quando un arredo o un oggetto mancano, siano un divano, le giuste tende o una teiera, nascono da zero, grazie a una collaborazione che Roberta attiva con realtà grandi e piccole, ma sempre in modo naturale, trasportando nel digitale la formula storica del made in Italy che è da sempre un modo di far nascere qualcosa da un’esigenza spontanea e puntuale.

I post diventano in questo modo non la celebrazione di cose atterrate sul profilo a seguito di sponsorizzazioni più o meno camuffate, come avviene spesso nelle piattaforme digital, ma lo sbocco naturale di una ricerca, di cui i follower apprezzano la genuinità che nasce da una specie di laboratorio continuo.

Laboratorio non è un termine casuale: quella del workshop, da vivere in analogico incontrando la propria community, è infatti una dimensione che Roberta ha sempre esplorato, nutrendo il suo storytelling di due facce complementari.

Il più recente, Metafore abitative, partito dall’indagine Housing for single people in collaborazione con il fotografo Massimiliano Tuveri, è il laboratorio che ha aperto la casa di Makeyourhomestudio a dieci professionisti per sviluppare insieme a loro un’indagine sull’abitare, mossa da una serie di evidenze che proprio questi anni di emergenza pandemica hanno posto in primo piano.

"L’evidenza, che riguarda anche me, è che pure i single vivono in case progettate per la famiglia e riadattate alla loro vita.

Così, con Tuveri ci siamo chiesti se è ancora accettabile il prevalere di questo atteggiamento culturale riguardo la progettazione della casa, insomma se ci sarà un'evoluzione nella progettazione futura che guarda a come è cambiata la vita delle persone.

Abbiamo individuato dieci profili di persone in tutta Italia che per le ragioni più diverse vivono da sole e abbiamo associato a ciascuna un professionista. Il risultato del workshop lo vedremo alla prossima Milano Design Week”.

Dice ancora Roberta: "In questi mesi, ho realizzato come la casa sia diventata l’ultimo spazio per l’esercizio della nostra immaginazione, la casa magazzino della memoria dove gli oggetti sono più spesso significati e non utensili, in cui il nucleo non è più collettivo ma individuale.

Mentre fuori, all’esterno, dai comportamenti al consenso, rischia di essere tutto di massa, dentro, in casa, lavoriamo per rendere leggibile la struttura individuale dei valori in rapporto proprio allo spazio domestico".

Il pensiero, dunque, nutre Instagram e Instagram nutre il pensiero, in un circolo virtuoso che mette davanti a una domanda: perché è così difficile, per molti architetti e designer, quel che riesce bene a Roberta?

"Forse è un fatto generazionale, o forse dipende dalla paura di non essere all’altezza o di non avere storie da raccontare.

Vincere la paura con un po’ di coraggio è l’invito che mi sento di fare: l’architettura e il design ne hanno solo da guadagnare, se non lasciamo questo racconto a chi non ha la professionalità giusta".