La creatività come strumento di rigenerazione delle antiche strutture di reclusione. Succede nelle città europee, mentre negli USA l'arte è materia di didattica e reintegrazione

La ex prigione sovietica di Vilnius, situata nel centro della capitale lituana, ha smesso di funzionare nel 2019. Nel 2021 è diventata set di film e serie tv, tra cui la celebre Stranger Things e infine, nel 2022, ha aperto le porte alle prime manifestazioni, mostre e concerti sotto il nome di Lukiskes Prison 2.0: un nuovo centro culturale che cerca di superare il passato attraverso il fascino architettonico e, soprattutto, la forza della scena creativa della città.

Mostre temporanee e concerti di musicisti come Moderat si sono susseguiti nella piazza centrale e negli oltre 200 studi recentemente creati.

Se a stupire è la rapidità del cambio di corso di questa immensa struttura sovietica, a far riflettere è anche la sua protratta attività come prigione proprio nel centro cittadino.

Nelle città europee gli edifici di reclusione fanno spesso parte delle antiche strutture urbane strettamente legate ai borghi storici, con carceri, fortificazioni e luoghi di culto sconsacrati situati in aree a prevalente uso residenziale.

Basti pensare a Milano, dove il carcere di San Vittore è ancora attivo accanto all’Università Cattolica, in un quartiere centralissimo.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, questi edifici sono stati convertiti e riadattati ai nuovi bisogni della città. Un’operazione che ha spesso coinvolto l’arte e la cultura, perché queste permettono di far rinascere un luogo attraverso tante iniziative, conservandone al tempo stesso la memoria storica.

Se in Italia è noto il caso delle Gallerie delle Prigioni, le ex Carceri Asburgiche nel cuore di Treviso – ma anche il degradato Panopticon di Santo Stefano, nell’isola di Ventotene, andrà presto incontro al recupero – in Spagna troviamo le celle de La Cárcel - Centro de Creatión, a Segovia, nella regione di Castiglia, e il Centro Cultural Lecrác di Palencia, paese vicino Valladolid.

Il processo di rigenerazione urbana può mantenere perfettamente intatta la struttura architettonica, come nel caso delle Gallerie delle Prigioni restaurate da Tobia Scarpa, o piuttosto coniugare elementi moderni, che permettono una più agevole funzionalità, come nel caso di Lecrác, che ospita anche la biblioteca comunale e l’Ufficio della Cultura.

Fuori dall’Europa, un simile recupero si può infine trovare nel porto cileno di Valparaiso, che ha riadattato le carceri in cui erano ospitate le vittime del periodo di Pinochet.

Nel labirinto di strette vie che conduce al porto, a metà strada della discesa, si incontra la Ex Cárcel Parque Cultural, che combina spazi aperti per eventi pubblici e studi privati dedicati alla creatività.

 

Differente è il caso degli Usa, dove le carceri si identificano solitamente con grandi strutture ad alta sicurezza ben lontane dai centri abitati, che a loro volta intrattengono con le arti una diversa relazione. Da Los Angeles a Filadelfia, il coinvolgimento artistico è principalmente di natura didattica ed educativa.

Numerosi sono i programmi che operano attraverso l’arte per offrire opportunità di educazione secondaria, come l’UCLA Prison Educational Program.

Una delle carceri più longeve, come San Quentin, smetterà presto di essere una prigione, ma solo per trasformarsi in un centro di educazione e riabilitazione, come annunciato dal governatore della California.

Dunque, nessuna riconversione artistica per le strutture di reclusione statunitensi che cessano la loro funzione. Il dialogo con l’arte è però esistente e attivo: non rivolto ai luoghi carcerari, bensì alle persone che li abitano.

Cover photo: Un concerto organizzato nel cortile del centro culturale Lukiskes Prison 2.0, realizzato nella ex prigione di Vilnius. Ph. Lunatikai