“Qualcuno ha un’idea, pensa a un carattere da dare alla luce: pop, aggressiva, sorprendente, calmante… E inizia a progettare. Quando ha qualche prop in mano inizia il confronto con gli altri, che porta sguardi diversi sul tema: spesso arrivando a un risultato lontanissimo da quello che ci aspettava alla partenza. Lavoravamo così con Ingo e continuiamo a così ora”.
È un modus operandi lontanissimo da quello delle aziende della luce: il cui punto di partenza è sempre, inevitabilmente, la funzione che la lampada deve avere (sospensione, tavolo, terra, decorativa, architetturale, in o outdoor) e la quantità della luce che deve emettere (atmosfera, task lamp, segnapassi etc).
Ed è un approccio che quasi spiazza nell’era del tutto programmato, del marketing costruito sui Big Data, dell’intelligenza artificiale predittiva.
“Ecco il progetto che porteremo al FuoriSalone 2024”, dice Schmid mentre ci accompagna nel design studio al primo piano. “Non serve fare foto o prendere appunti perché sicuramente da qui a un paio di settimane avremo cambiato idea su quasi tutto”, spiega.
Non è un po’ stressante? “Forse”, ammette. “Ma se si sa già dove si vuole arrivare non si creerà mai qualcosa di veramente nuovo”.
Come dargli torto…