La capitale della danimarca è capitale mondiale dell’architettura 2023. Alla ricerca di modelli di sostenibilità condivisibili. Per non lasciare nessuno indietro

Responsabile, resiliente, inclusiva, creativa. Sostenibile e attenta allo sviluppo urbano locale.

Virtuosa dunque nelle connessioni 'people+planet' sui grandi temi d’interesse globale: le energie rinnovabili, la transizione ecologica, la riduzione delle emissioni, la costruzione di edifici net zero, l’utilizzo di materiali rigenerati o neo-materie, l’economia circolare – strumenti fondamentali per contrastare gli effetti del cambiamento climatico tra ondate di calore, inondazioni, tempeste, siccità e molti altri fenomeni preoccupanti.

Sotto gli occhi di tutti. Onore al merito, pensare Copenaghen come Capitale Mondiale dell’Architettura 2023 per nomina dell’Unesco (titolo che eredita da Rio de Janeiro) e sede del World Congress of Architects UIA (Union Internationale des Architectes).

Celebre per gli ampi spazi verdi e le generose infrastrutture ciclabili e pedonali (la mobilità alternativa), la città dalla curiosa morfologia a falange in relazione diretta con l’acqua, il porto e il lungomare è stata antesignana (tra pubblico e privato) nella realizzazione di masterplan e tipologie innovative che cavalcano pratiche sostenibili di rigenerazione urbana e trasformazione del preesistente in chiave di riconversione, riutilizzo e riqualificazione; di ottimizzazione nel consumo e produzione di energia; riciclo di risorse, rifiuti e materiali.

Dall’indimenticabile progetto Amager Bakke/ CopenHill opera dello studio BIG nel 2019 (lo studio è impegnato ora in città nello spettacolare intervento per le Kaktus Towers) ad oggi, i modelli virtuosi per una qualità abitativa che incontrano le istanze della sfida climatica nella capitale danese continuano a crescere come funghi.

Crossing multi-scalare-disciplinare e validi interpreti restituiscono una sorta di marchio di fabbrica della creatività nordica: doing more with less (fare di più con meno).

Edifici più smart ma anche più autosufficienti; hydroponic farms che utilizzano energie rinnovabili per rivitalizzare la terra e preservare la biodiversità senza sprechi d’acqua; costruzioni e arredi che sperimentano performanti legni ingegnerizzati, vernici fotocatalitiche, canape, nylon e micelio.

Interessanti declinazioni di mix-use integrato.

Insomma, tutto ciò che nell’ambito del residenziale (in crescita perché lo è la popolazione mondiale e quindi la domanda di case) significa servizi e spazi pubblici ma anche quote di social-affordable housing all’interno dello stesso building, a rafforzare flessibilità e partecipazione della comunità. Ma Copenaghen è una città che non si compiace dell’heritage acquisito.

“Fino ad oggi abbiamo fatto bene ma possiamo e dobbiamo fare di meglio. Progettare per il benessere dell’essere umano significa progettare per il benessere del pianeta, trovare un migliore equilibrio con una natura che ci chiede di ripensare consumi, comportamenti anche alimentari e mobilità, abbattere quel 40% di emissioni globali di CO2 prodotte dall’industria edile.

E concepire dei luoghi che possano nutrire quel sense of place, contrastando i processi di gentrificazione e di crescente disuguaglianza economica”, spiega Josephine Michau, fondatrice, ceo e curatrice del Copenhagen Architecture Festival (CAFx), giunto lo scorso ottobre alla nona edizione, con più di 100 eventi in 11 giorni e apertosi formalmente con la prima del film Best in the World del documentarista danese Hans Christian Post, un’analisi sui crescenti problemi di accessibilità economica della città in tre decenni di rapido sviluppo.

Michau, curatrice anche del Danish Pavilion alla Biennale di Architettura di Venezia 2023, che studia il futuro dei paesaggi costieri e le soluzioni per rispondere in modo sostenibile all’innalzamento del livello del mare, è convinta di questa prospettiva: “È necessaria un’approfondita riflessione a monte che intercetti e metta a fattor comune istanze estetiche, etiche, culturali, esperienze, sensibilità, desideri per una più ampia comprensione dei contesti spaziali, sociali, politici e climatici già in essere, prima dell’arrivo in città di tecnici, architetti, costruttori e pianificatori”, continua.

Tant’è che nel 2023 il festival sposterà le sue date dal 1 all'11 giugno per svolgersi in prossimità del Congresso mondiale UIA (2-6 luglio), con il quale condivide il macro-tema Futuro sostenibile: non lasciare nessuno indietro.

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Già, perché i fenomeni globali – cambio drastico del clima e rapide espansioni urbane – richiedono strategie e soluzioni specifiche.

In questo ‘spazio-tempo’ di riflessione, lo scorso novembre a Milano, l’Ambasciata della Danimarca in collaborazione con il Danish Architecture Center (DAC) e il Politecnico di Milano hanno preparato il palcoscenico per un talk italo-canadese su come l’architettura influenzi fortemente il modo in cui le nostre città si adattano ai mutamenti climatici, presentando i progetti virtuosi di Stefano Boeri Architetti per Milano e di Tredje Natur per Copenaghen. Metodologie a confronto.

Del rispetto dell’ambiente, di resilienza alle condizioni meteorologiche estreme parlava invece la mostra a cura di David Garcia, architetto e professore associato presso l’istituto di architettura, design e conservazione della Royal Danish Academy, “New Methods for Big Challenges: Architecture and Extreme Environments”: una summa delle ricerche site-specific più originali sviluppate dagli studenti che hanno viaggiato con lui per luoghi difficili, dall’Alaska al Deserto dei Gobi, realizzando prototipi auto-costruiti con risorse locali e collaborando con le comunità del posto.

Sfruttare le proprietà elettrolitiche dell’urina per alimentare una lampada da bagno nella zona rurale di Zanzibar, per esempio, può consentire alle donne di sentirsi al sicuro nella notte.

Per preservare l’ascolto, l’identità e la legacy di un luogo guardando al futuro, dall’inizio dell’anno sono più di 200 gli eventi in calendario, tra mostre, dibattiti, talks, film, performance, tour, workshop, attività e progetti sperimentali, in particolare lungo l’Harbourfront – quasi fosse un undicesimo distretto – che raccolgono le proposte, le idee e le soluzioni di architetti, designer, ricercatori, pensatori, registi, urbanisti, imprese, nel nome della sostenibilità di Copenaghen, World Capital of Architecture 2023.

Epicentro è il DAC, situato nel celebre BLOX firmato OMA, aperto a conferenze ed esposizioni internazionali e ai colori della luce e dell’acqua che qui si riverberano intensamente.

Fino al 9 aprile anche con la mostra Our Architecture. 100 Years of Danish Welfare Architecture.