“Gli arredi di modernariato si distinguono dalle riedizioni e dalle produzioni continuative di progetti storici in primis per la loro data di produzione, avvenuta nel passato”, spiega Fabio Calvi, dal 2006 in tandem creativo con Paolo Brambilla (CalviBrambilla), e dal 2023 art director di Zanotta.
“Le icone prodotte oggi riproducono fedelmente e in modo filologico i disegni originali, ma talvolta differiscono per alcuni dettagli, come i tessuti e i rivestimenti, perché nel tempo i processi produttivi si evolvono, i fornitori cambiano, certi materiali e finiture non esistono più o non sono più sostenibili, e alcune lavorazioni sono impensabili da replicare a costi ragionevoli.
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Per esempio, la poltrona PL19, disegnata da Franco Albini con Franca Helg nel 1959, prodotta da Poggi di Pavia, era realizzata con il panno della ditta Pozzoli di Milano, un tessuto che oggi non esiste più”.
Fabio Calvi (studio Calvi Brambilla) e Giovanna Castiglioni, figlia di Achille Castiglioni e anima con suo fratello Carlo della Fondazione intitolata al padre, spiegano come si distingue un pezzo di modernariato da una riedizione, a quali dettagli prestare attenzione e se conviene di più investire nell’originale d'epoca oppure acquistare l’icona prodotta oggi.
Come si distingue il modernariato dalle riedizioni?
Fabio Calvi: “Ci sono oggetti fuori produzione da tempo, come la poltrona gonfiabile Blow, disegnata nel 1967 da Jonathan De Pas, Donato D’Urbino, Paolo Lomazzi e Carla Scolari, prodotta da Zanotta fino agli inizi degli anni Settanta, che sono sicuramente esemplari di modernariato. E poi ci sono delle icone, come la lampada Arco progettata dai Castiglioni nel 1962, riprodotta fedelmente da Flos ancora oggi.
Quest’anno, in occasione dei cinquant’anni dell’appendiabiti Sciangai, con Zanotta abbiamo presentato Sciangai50, un’edizione speciale colorata che riprende il disegno originale di De Pas, D’Urbino e Lomazzi in cui il trio di progettisti immaginava ogni bacchetta in un colore diverso.
Abbiamo fatto dei test e li abbiamo condivisi con Paolo Lomazzi, che avrebbe voluto un colore all’anilina, come quello usato da Vico Magistretti nella sedia Carimate, una finitura che non garantisce però l’uniformità di colorazione.
L’appendiabiti Sciangai è prodotto da Zanotta fedelmente alla versione degli anni Sessanta, nel tempo però è cambiato il tipo di legno usato per la sua fabbricazione.
Quest’anno abbiamo presentato anche la riedizione di Galeotta, la poltrona trasformabile ideata nel 1968 da De Pas, D’Urbino e Lomazzi, prodotta fino agli anni Duemila da BBB Bonacina. La riedizione differisce dal pezzo di modernariato perché adesso Galeotta è leggermente più grande e più confortevole, non più un complemento ma una vera e propria seduta accogliente e trasformista”.
Giovanna Castiglioni: “Spesso le riedizioni o le edizioni speciali seguono in modo filologico i disegni originali, a volte invece i progetti vengono aggiornati e migliorati, dal punto di vista del comfort, produttivo e della sostenibilità.
Nel 2021 Twils ha rieditato Polet (1992), una poltrona un po’ letto come diceva mio padre, ideata inizialmente per gli ospiti per la nostra casa al mare in Liguria.
La versione di Twils ha un movimento dello schienale in più ideale per la lettura, per il resto tutto è stato rispettato nei minimi dettagli, dal meccanismo in ottone al materassino artigianale realizzato a mano in Italia.
Babela, la seduta impilabile progettata da mio padre e mio zio nel 1958 per la Camera di commercio di Milano, nella riedizione di Tacchini è più leggera, non è più in metallo pesante ma in legno, caldo e naturale.
Tra gli altri progetti di mio padre rieditati, c’è la libreria pensile 4 ripiani, messa a punto per Villa Olmo a Como nel 1957: originariamente formata da quattro ripiani tenuti insieme da due corde, dal 2018 è prodotta da Karakter con un meccanismo più pratico per alzare e abbassare i piani, ma nell’aspetto resta identica al disegno di mio padre.
La lampada Saliscendi, ideata da mio papà e mio zio Pier Giacomo (1957), voluta per la Camera di commercio di Milano, è stata ridimensionata da Stilnovo pensando alle cucine compatte di oggi.
Ci sono riedizioni che, grazie agli avanzamenti tecnologici, esaudiscono e portano a compimento i desideri degli autori. Accade con la lampada Taccia: nel 1957 mio padre voleva farla con diffusore orientabile in polimero, ma al primo esperimento la coppa si è sciolta per il calore prodotto dalla sorgente luminosa; Flos l’ha realizzata in vetro, e oggi è tornata a farla in polimero, che è esattamente come voleva mio papà”.
Quali sono le differenze tra la lampada Arco degli anni Sessanta e la Arco prodotta oggi da Flos?
Giovanna Castiglioni: “La Arco prodotta oggi è uguale alla Arco degli anni Sessanta. Al contempo, ogni Arco è un pezzo unico, perché le venature del marmo variano in base al blocco estratto.
La varietà di marmo è sempre la stessa: il marmo bianco di Carrara della cava Michelangelo, lavorato da Flos con un metodo speciale e segreto, di cui non posso dire nulla, per superare standard di qualità elevati.
Certo, la Arco si è evoluta nel tempo per adattarsi alle normative elettriche, perché le lampadine a incandescenza sono diventate led. Flos a un certo punto l’ha prodotta con uno schermo per integrare i led, una versione non più in commercio perché oggi ci sono le lampadine a led che si avvitano come un bulbo tradizionale.
Una curiosità, anzi due, che forse in pochi sanno: la prima è che sul mercato giapponese viene venduta una Arco più bassa di 10 centimetri per adattarsi ai soffitti nipponici; la seconda riguarda la lavorazione: quando un blocco di marmo è difettato e non va bene per la Arco, spesso viene recuperato per realizzare la base di Snoopy, è una bella storia di riuso dei materiali”.
Nel 2022, in occasione dei sessant’anni di Arco, Flos ha presentato Arco K, una limited edition preziosa (e costosa), da molti contestata.
Fabio Calvi: “Con Arco K, prodotta in soli 2022 pezzi, volevamo puntare i riflettori sulla vera particolarità e innovazione della Arco: non la base in marmo ma il disegno dell’arco stesso, una forma che ci ha liberato dalla necessità di avere un punto luce a centro stanza. Abbiamo scelto il cristallo ottico K9 per far “scomparire” la base e al tempo stesso trasformarla in un oggetto prezioso e raro in occasione dell’anniversario da festeggiare.
Nel tempo infatti si era perso il vero senso di Arco, la lampada è diventata uno status symbol per la sua base in marmo, considerata lussuosa, ma negli anni Sessanta i Castiglioni avevano scelto il marmo perché era il più economico fra i materiali pesanti”.
Giovanna Castiglioni: “Arco K è un’operazione - innegabilmente commerciale - di Flos che sublima l’arco come atto architettonico, una edizione speciale validata dalla Fondazione.
Il papà era un grande sperimentatore, a una proposta così non avrebbe detto di no a priori, avrebbe guardato prima il prototipo. Nel 2002, per i cinquant’anni di Arco, papà accettò di farne una variante con base in marmo nero; comunque c’è da dire che, secondo il tipo di contratto di mio padre con Flos, l’azienda può decidere di cambiare finiture a sua discrezione. Io sono aperta di vedute, mio papà mi ha progettata così, purché le reinterpretazioni siano rispettose dell’intenzione dell’autore, la Arco d’oro non la approverei mai perché è lusso, e il design non deve essere lusso, gli oggetti devono essere usati e far compagnia, come diceva mio padre”.
Per il suo 50esimo anniversario, nel 2021, Flos ha presentato una edizione speciale della lampada Parentesi, in cosa differisce dal progetto iniziale?
Giovanna Castiglioni: “Abbiamo insistito per rimettere in produzione il packaging progettato da mio papà nel 1971, che adesso è in plastica riciclata.
Parentesi nasce come una lampada in kit, da portare a casa e montare fai-da-te, venduta in un blister trasparente che mostra i singoli elementi, un progetto che anticipa le confezioni perfettamente concepite da Apple e il montaggio di Ikea. Nella edizione speciale celebrativa dell’anniversario cambiano i colori: una versione di Parentesi è in turchese Castiglioni, il colore di famiglia che piaceva tanto ai miei genitori con cui avevano dipinto le porte di casa, e un’altra variante in arancione automobilistico per Pio Manzù, co-autore di Parentesi”.
Meglio comprare un pezzo di modernariato o una riedizione?
Fabio Calvi: “Dipende dall'uso che se ne deve fare e dalla durabilità dei materiali. Un vaso di modernariato riesce sempre a espletare la sua funzione, mentre non succede sempre lo stesso per un divano o una poltrona. Alcuni materiali con il passare dei decenni si rovinano, come il poliuretano protagonista di tanti pezzi cult del modernariato di arredo.
Per chi è orientato verso il vintage, ci sono produzioni molto limitate che sono degli ottimi investimenti, come gli esemplari di Caccia Dominioni per Azucena o la serie Torbecchia di Giovanni Michelucci per Poltronova, il cui valore crescerà sicuramente nel tempo”.