Quello che non si vede dell’evento televisivo più importante d’Italia: il Festival di Sanremo 2023 raccontato come progetto (da dietro le quinte)

È tempo di Festival di Sanremo 2023. Una prodigiosa macchina progettuale, a partire dall'investimento economico, che alla televisione pubblica italiana costa circa 7,3 milioni di euro (per 38 milioni di ricavi).

Quello che vediamo insieme ad altre milioni di persone è il frutto di un lavoro che inizia ogni anno mesi prima. La 73esima edizione è stata affidata ancora una volta a Amadeus, che negli ultimi anni ha ridisegnato l’evento perché diventasse sempre più trasversale e transgenerazionale.

Il Festival di Sanremo 2023 dietro le quinte

Si inizia a lavorare in agosto. Il segnale di avvio è la nomina del direttore artistico, che dà l’impronta a tutto il lavoro successivo di progettazione e ovviamente si occupa anche della selezione delle canzoni in gara, insieme a un direttore d’orchestra.

Amadeus ha fatto una piccola rivoluzione coinvolgendo nelle ultime edizioni anche artisti molto giovani e non melodici. La giovane leva italiana, a partire dai Måneskin, ha attirato un’audience che prima il Festival non riusciva a interessare.

Probabilmente è l’unico evento televisivo seguito da un pubblico under 30.

Il direttore artistico ha un ruolo fondamentale

Tutti i presentatori che si sono avvicendati negli ultimi anni sono esperti di musica. La linea del Festival viene decisa in collaborazione con la RAI, ma persino Pippo Baudo seguiva personalmente la selezione, ascoltava i brani insieme agli artisti, consigliava. Amadeus nasce come DJ: per lui è un’attitudine spontanea.

Così come la sua scelta di ampliare i generi musicali al Festival, per rappresentare davvero ogni parte della cultura italiana.

Un team di 4 o 5 persone lavora con il direttore artistico: gli autori dei testi, i musicisti,  il direttore d’orchestra residente (Leonardo De Amicis) che è consulente nell’ascolto delle canzoni.

E ha il compito di formare l’orchestra di 40 elementi: un lavoro enorme. Nelle sei puntate del Festival si suonano circa novanta brani. La musica che si ascolta dal palco di Sanremo è un insieme incredibile di diversi gusti musicali ed è un ritratto fedele di quanto si fa in Italia oggi.

Il peso delle major musicali sull’organizzazione di Sanremo

Si tende a dimenticare che il Festival di Sanremo è un evento televisivo e come tale è costruito. Le etichette musicali si aggiungono in corsa, ricevono dalla RAI un sostanzioso budget per coprire le spese vive degli artisti e da quel momento in poi si occupano di tutto ciò che riguarda la performance dei propri cantanti. Logistica, soggiorno, prove, make up, costumi, musicisti, coreografie e regia musicale.

Così si garantisce la partecipazione anche per le etichette indipendenti

Chiunque può andare Sanremo se ha una buona canzone. Ma normalmente le case indipendenti, in questo caso, si affiancano alle major per la distribuzione e alcune parti del marketing. La grande parte degli artisti è comunque in mano alle multinazionali: Sony ad esempio quest’anno ha in gara 18 artisti su 28 partecipanti.

Ogni artista ha un team dedicato a disposizione

L’Ariston è un teatro molto piccolo, i flussi sono gestiti da un sistema di badge a orario che permette l’ingresso dei team solo un’ora prima dell’entrata in scena. La confusione sarebbe altrimenti ingestibile, oltre che pericolosa.

In più ogni cantante porta con sé un numeroso gruppo di professionisti fatto di assistenti, ufficio stampa, truccatori, sarti.

E ovviamente i professionisti che si occupano della parte tecnica: i registi del suono (ogni artista lavora solo con una persona che si occupa della regolazione del suono trasmesso), i musicisti, il proprio direttore d’orchestra.

Sul palco c’è solo il cantante e l’orchestra del Festival. Dove lavorano tutti gli altri?

La regia è al secondo piano. Non ci si pensa mai, ma chi ci lavora non vede l’evento dal vivo. La cabina di direzione è fatta da una serie di deck tecnologici da cui un team controlla la messa in onda. Alcune figure professionali, come quella del regista del suono, si avvicendano artista dopo artista.

Il Festival di Sanremo è in mondovisione

Il Festival è nato come un piccolo evento all’interno del casinò cittadino, negli anni ‘50. Sono state le canzoni il motore del suo successo.

Volare di Gaetano Modugno ha fatto innumerevoli volte il giro del mondo. La canzone italiana, con i suoi alti e bassi, è un fenomeno internazionale ed è molto seguita all’estero.

Un evento davvero importante per la RAI

È l’evento RAI per eccellenza. Tutte le tecnologie audiovisive per lo spettacolo più innovative sono presentate al Festival di Sanremo.

È un po’ come la Design Week milanese, in versione mondovisione. Nessun palco musicale ha l’attenzione di 12 milioni di telespettatori tutti in una volta e concentrati sullo stesso evento. Un’occasione imperdibile.

Le scenografie, le luci, le parte audiovisiva digitale sono il non plus ultra dell’industria dello spettacolo

Lo scenografo storico di Sanremo è Gaetano Maria Castelli, che da una decina d’anni lavora insieme alla figlia Maria Chiara.

Ha curato ventuno edizioni: un record. Quest’anno il progetto si concentra  sulla parte alta del palco, con una cupola ipertecnologica semovente, integrata con il light design.

Ci sono le parti iconiche, la scalinata e l’orchestra.

Intorno però il progetto di Castelli per l’edizione costruisce una relazione visiva con la platea, che quasi diventa parte della scenografia. Un escamotage che ha consentito di salvaguardare qualche fila di posti in più.

Un tema dolente per il Teatro Ariston, che è davvero un piccolo teatro lirico di provincia e sono le ottiche delle telecamere a farlo sembrare imponente e spettacolare.