Alessandro Chiesi, chief commercial officer del gigante farmaceutico Gruppo Chiesi, ora B Corp: è tempo di un sistema che aiuti i virtuosi sul mercato

Per scoprire come dovrebbe essere l’headquarter perfetto dell’era post Covid bisogna arrivare fino a Parma, in un fazzoletto di terra padana lambito dall’A1 e trasformato dall’architettura in un presidio d’eccellenza al servizio dell’industria della salute.

Il nuovo quartier generale di Gruppo Chiesi, multinazionale del farmaco con un’attenzione speciale alla salute respiratoria e alla cura delle malattie rare, è un ecosistema di pregio pensato per la condivisione, ricco di spazi verdi, flessibile e certificato, il primo in Italia e il 35esimo in Europa ad avere ottenuto l’attestazione della Leadership in Energy and Environmental Design Platinum.

Tutte caratteristiche che il complesso, firmato dallo studio EFA nel 2020, aveva già da prima della pandemia e di cui era stato un acceleratore potente il percorso che stava portando Chiesi a diventare una B Corp.

“Il nostro Gruppo è nato e cresciuto con un'attenzione speciale alla propria comunità di appartenenza e con la stessa etica di un soggetto sociale” spiega il  chief commercial officer Alessandro Chiesi.

“Essere diventati una B Corp ha esaltato ancora di più alcuni aspetti della nostra storia e ci ha permesso di guardare al futuro in modo ancora più strategico. È stato come rivedere il nostro film sotto una luce nuova”.

Che cosa vuol dire diventare una B Corp, in termini di sviluppo?

Alessandro Chiesi: “Significa, innanzitutto, acquisire una enorme consapevolezza.

Per diventarlo, ci si sottopone a quindici diverse linee di valutazione: è una sorta di gigantesco ‘voi siete qui’ che porta verso un piano strategico nuovo, che ingloba ovviamente quello tradizionale.

È un percorso che richiede tempo.

Noi siamo partiti con la prima valutazione tra il 2017 e il 2018 e abbiamo ottenuto il riconoscimento con 87 punti: il minimo richiesto è 80 su una scala che arriva a 200, oggi siamo a 103, dopo la ricertificazione ottenuta nel 2022.

In parallelo, abbiamo deciso di formalizzare questo status a livello giuridico: in Italia, negli Usa e in Francia, dove la legge permette di definirsi società benefit, abbiamo introdotto la dicitura direttamente nello statuto, passando da società per azioni a società per azioni benefit".

Essere una B-Corp vuol dire lavorare soltanto con altre B-Corp o società benefit?

Alessandro Chiesi: “Da subito, abbiamo iniziato a chiedere ai nostri fornitori di dotarsi di standard precisi che si avvicinassero ai nostri, chiaramente dando il tempo perché potessero avviare e completare un percorso complesso e articolato.

Oggi alcune certificazioni sono per noi un parametro decisivo nella scelta delle aziende con cui collaborare.

Nel 2020 ci siano dati un documento, il codice di interdipendenza, che fa parte dell’essenza stessa dell’essere una B Corp, e che vale innanzitutto per i partner strategici.

Le aziende sono il motore più efficace e potente del cambiamento: l’obiettivo è che quante più imprese possibili diventino società benefit o B-Corp”.

È possibile chiedere allo Stato di avere dei riconoscimenti sul mercato degli appalti o almeno degli sgravi fiscali per chi è virtuoso?

Alessandro Chiesi: “Qualsiasi provvedimento che vada nella direzione di favorire chi si è sforzato di portare a compimento un percorso di attenzione per il territorio, la comunità e l’ambiente, sarebbe positivo.

Questa attenzione vuol dire creare le condizioni giuridiche e la cornice giusta perché sia più corretto investire in direzioni 'sane'. Non chiediamo finanziamenti pubblici, semmai forme di premialità e supporto.

Il primo cliente di un’azienda come la nostra, che lavora per la salute, è lo Stato, e uno Stato che aiuta le B Corp aiuta sé stesso.

In Francia questa percezione sta diventando via via realtà: gli aspetti di sostenibilità contano solo il 5 per cento nelle gare per gli acquisti di materiali ospedalieri, ma il governo sta lavorando per aumentarne il peso".

Il riconoscimento di B Corp arriva da organismi privati. Se un giorno fosse lo Stato a certificare?

Alessandro Chiesi: "Indubbiamente servono regole che vadano oltre la previsione della certificazione a cura di B Lab, e, tra queste, anche norme europee.

La Ue, per la verità, è già avanti in tal senso e sta lavorando nella giusta direzione. Ma ancora più importante è darsi un codice e una terminologia chiari, che non si prestino a equivoci, a partire da che cosa intendiamo esattamente per essere Carbon neutral.

Non si può accettare che la risposta cambi da Paese a Paese. Noi di Chiesi abbiamo deciso di ispirarci a standard internazionali, e ci siamo dati l’obiettivo di raggiungere il Net Zero, ovvero zero emissioni nette di anidride carbonica entro il 2035".

È una buona notizia che sia diventata B Corp una multinazionale come Nespresso e che altre lo saranno presto?

Alessandro Chiesi: "Viviamo un’emergenza ambientale così grave che possiamo pensare di affrontarla solo impegnandoci tutti.

Sarebbe sbagliato pensare di tagliare fuori le multinazionali, anche perché vorrebbe dire lasciarle a fare greenwashing per conto loro.

Certo, ci vuole grande attenzione nel dare il riconoscimento, ma del resto più sei grande più è difficile ottenerlo. Allargare il club non può che essere positivo".

Come comunicate al grande pubblico l’essere una B Corp?

Alessandro Chiesi: "Il nostro stesso headquarter è uno strumento potente di comunicazione.

Per fare un esempio, una parte dei suoi spazi verdi all’aperto sono parte KilometroVerdeParma, un progetto, oggi Consorzio Forestale, nato per creare un corridoio verde lungo uno dei tratti autostradali più trafficati del mondo.

Con il progetto #ActionOverWords, invece, che è anche un sito web, raccontiamo il nostro impegno verso l’ambiente e non solo, che chiunque può valutare e verificare.

Perché la trasparenza è il primo strumento per migliorare il mondo".