Nel libro “Campo di pietra” di Tove Jansson un giornalista in pensione è tormentato dalla ricerca (anche nella memoria) delle parole chiare e precise per dare ordine a una vita intera

Se non fosse per i riferimenti alla macchina da scrivere e al telefono pubblico sembrerebbe scritto in questi tempi social che hanno riportato la comunicazione scritta al centro del dibattito politico e sociale ma anche della vita quotidiana di chiunque, evidenziando la pericolosa tendenza delle parole ad alterarsi” che spesso genera discussioni nate dal malinteso, o dal mal porsi.

E invece Campo di pietra è stato scritto della celebre scrittrice finlandese Tove Jansson nel 1984, ed è stato pubblicato di recente in Italia da Iperborea. Romanzo breve o racconto lungo non una parola di troppo, non una di meno è un libro gioiello che condensa nel ristretto numero di pagine una vita intera.

Le parole precise vs le parole corrotte

La vita al centro del romanzo è quella di Jonas, un giornalista neopensionato burbero e solo, ironico e acuto, a volte cinico e un podepresso, che raggiunge le due figlie, da sempre trascurate, nella natura più selvatica, tra boschi, mare, campi di pietre, appunto, delle isole Åland per poter lavorare alla biografia di un detestato magnate dei media, da lui ritenuto un corruttore di parole, pronto a usarle per creare scandali e facile patetismo, al contrario di lui che per tutta la vita le parole le ha curate come per vocazione con precisione e ora le (ri)cerca con ossessione.

Per tutta la vita ha lavorato con le parole, ma ora gli sfuggono

Da nemesi di Jonas, da avversario tanto odiato, il magnate di successo chiamato semplicemente ‘Y’ si trasformerà in uno specchio in cui osservare se stesso e confrontarsi con i propri fallimenti ed errori. Come quando rimproverava alla moglie e alle sue figlie la precisione, le ripetizioni e le frasi lasciate in sospeso.

Incubi e pensieri tormentati lasceranno spazio a ricordi famigliari annebbiati e confusi che (ri)prenderanno forma, colore e sapore grazie al confronto con la figlia Maria, per trovare le parole che tanto cerca, quelle chiare e semplici, aderenti alla realtà. Sì ma quale realtà? Quella in cui riconoscersi, e trovare un po’ di pace.

Ho consumato troppe parole in questo lavoro, tutte le mie parole sono logore e snervate, sono stanche, se capisci cosa voglio dire, non si possono utilizzare. Bisognerebbe lavarle e ricominciare da capo”.

“(...) scrivere milioni di parole e non poter essere mai sicuri di aver scelto quelle giuste. è così che si diventa silenziosi, sempre più silenziosi (...)”.

“Un pensiero consapevole dovrebbe consistere nellanalizzare e formulare in parole, precisare, distinguere e scartare, dare a ogni espressione la sua esatta giustificazione”.

“(...) quanto sia terribilmente importante, e difficile, trovare le parole che occorrono per spiegare in modo completo e corretto”.

Sono rinchiuso con queste parole a cui non riesco mai a dare la chiarezza che meritano. E non ho nessuno con cui parlare”.

Come un campo di pietre, le parole non curate diventano aride e sterili

Nella dedizione al suo lavoro che lo ha portato a trascurare la sua famiglia, Jonas ha sempre cercato parole chiare, aderenti ai fatti, inscalfibili, come la pietra del misterioso campo dietro la casa sull’isola. Eppure, come il campo, quell’ossessione per la parola rischia di diventare arida e sterile.

Non a caso Jonas tenta di seppellire i suoi fallimenti, la biografia di Yche (non) ha scritto, proprio nel campo di pietra, luogo magnetico che lo ha sempre attirato, per dimenticare ma anche per continuare a cercare, le parole adeguate e parti di sé.

Io devo comunque scavare a fondo nel suo campo di pietra, portare alla luce, continuare a rovistare, continuare a scrivere anche se probabilmente non c’è niente sotto, c’è il vuoto fino alla roccia primitiva”.

 

Un libro anticipatore del tempi social

La parola ha un significato centrale nel romanzo. E nella vita, nel 1984 e ancora più oggi. Nel libro, come sui social media, le parole diventano logore”: spesso sono usate senza riflettere sul loro effettivo significato e su quello che possono (de)generare. Discussioni anche violente possono scaturire dalla mancanza di chiarezza.

Quel bastardo che si è accaparrato ogni singolo bastardo scusa la ripetizione comunque, ogni singolo bastardo dedito al peggior sensazionalismo e patetismo e li ha messi allopera, capisci, gente che neanche è capace di esprimersi, e lui li ha praticamente incoraggiati a distruggere la lingua!” dice Jonas del magnate dei giornali.

 

Le immagini che illustrano larticolo sono opere di Pio Tarantini esposte ne Il tempo ritrovato, mostra a cura di Elena Carotti in programma dal 22 settembre al 30 ottobre 2022 nel nuovo spazio espositivo Lab 1930 in via Mantova 21 a Milano.

Sei fotografie della serie Imago, che riassumono la riflessione dell’artista sul concetto di “tempo dilatato” attraverso la tecnica del mosso, sono proposte insieme a due cassettiere in legno e plexiglass (foto in apertura, Cassettiera#Lettere).

Come nel libro Campo di pietra, ne Il tempo ritrovato il racconto intorno alla memoria si fa incalzante: il tempo della storia reale non corrisponde con il tempo della coscienza di sé.