Ma c’è di più. Pavlov invita gentilmente il pubblico all’utilizzo delle sue attrezzature, che hanno le sembianze di mobili/attrezzi, per richiamare qualcosa di conosciuto e non inquietare. Ma le posture innaturali e complesse che essi impongono sono in realtà direttamente correlate agli stati estremi in cui il corpo umano è costretto da torture e stati di pericolo.
“Collocato in uno degli oggetti dell’Antifurniture, un corpo umano diventa automaticamente un corpo di resistenza, un corpo di maltrattamento, un corpo politico – o addirittura un corpo di guerra”.
Il massimo dello scollamento tra conosciuto e sconosciuto lo genera forse un oggetto riconoscibile come ludico, quello dell’altalena a bilanciere.
Spesso infatti Pavlov fa riferimento al concetto di Luna Park, interrogandosi su cosa significhi realmente un momento di divertimento e come i giochi per l’infanzia possano essere potenti attivatori di memorie recondite.
La sua è così un’altalena molto sui generis, dove i due corpi sono uno di spalle all’altro, non possono guardarsi negli occhi e né basarsi sulla reazione dell’altro per attivare la propria. Si tratta per l’artista di un’opera dedicata proprio alla “pistantrofobia”, la paura di fidarsi degli altri: “Quando non avete la possibilità di guardare negli occhi il vostro interlocutore e dovete comunque coordinare i vostri movimenti, potete provare ad attivare il vostro radar interno.
Quando estraggono le vittime di un terremoto, i soccorritori devono spesso affidarsi solo al loro intuito; a volte, lo stesso intuito tradisce uno dei capi di due Stati confinanti, portando alla guerra”. Parole che oggi hanno un’eco che risuona in ognuno di noi.