Come possono le istituzioni culturali virare dall’omologazione alla diversificazione?
Beatrice Leanza: “Ponendosi domande rilevanti che portino a definire nuovi approcci. Per farlo è necessario aprire conversazioni e far convergere voci, visioni ed esperienze. Siamo in un momento di transizione epocale e c’è bisogno di nuove strutture, connessioni, metodi di azione per traghettare verso il futuro. Bisogna creare relazioni alternative (anche a livello di sostenibilità economica) tra gli stakeholder che partecipano a questa trasformazione e i musei sono luoghi dove queste forme di test, di ‘prova’ e prototipazione possono avvenire.
Il design, che è simultaneamente poetica e scienza delle relazioni tra forme di conoscenza in costante mutamento, ha un ruolo importante in questo scenario”.
A cosa serve questo libro?
Beatrice Leanza: “The New Design Museum – che è costruito anche su una serie di interviste e case studies – non è una directory di nomi e istituzioni, ma uno strumento per aprire conversazioni e alimentare un dibattito che già esiste ma deve allargarsi.
Quello che mi auspico è un cambio di passo, stimolato dalle esperienze disruptive di alcune istituzioni e realtà indipendenti rispetto ai modelli del passato su cui ancora vengono costruiti i programmi di azione di molte istituzioni di oggi”.