Per salvarci, dobbiamo trasformare le città in ecologie urbane, dice il paesaggista Bas Smets che progetterà il Grande MAXXIa Roma (che sarà carbon neutral)

Il paesaggista Bas Smets - che insieme a LAN firmerà il Grande MAXXI di Roma - non ha dubbi: con il riscaldamento globale che è ormai un fatto assodato, è fondamentale ripensare radicalmente il nostro ruolo di co-abitanti e chiederci come possiamo ridurre l’impatto del costruire e delle emissioni prodotte dai nostri consumi.

In quest’ottica, progettare il paesaggio in modo diverso aiuta. Moltissimo. I progetti di Bas Smets, per esempio, hanno caratteristiche fortemente innovative, basandosi su una concezione del verde non solo estetica ma soprattutto ambientale che mira alla creazione di isole microclimatiche in grado di mitigare gli effetti del climate change nelle città.

A breve ne vedremo uno in Italia, il Grande MAXXI - che Bas Smets si è aggiudicato su concorso insieme allo studio LAN e dopo aver progettato l’area verde che circonda la cattedrale di Notre-Dame a Parigi. Un progetto significativo e ambizioso perché non solo mette l’accento sul ruolo sociale dei musei del futuro, ma si pone degli obiettivi ecologici: il raggiungimento della carbon neutrality, uno sguardo all’economia circolare delle risorse e la creazione di una comunità energetica.

Lo abbiamo intervistato, chiedendogli di accompagnarci nel suo metodo di lavoro e nel suo rapporto con il mondo vegetale.

Bas Smets, come possiamo insegnare alle città a ridurre il loro impatto ecologico?

Le città impattano sull’inquinamento da CO2 per il 70%, pur occupando solo una piccola percentuale della massa terrestre.

Se vogliamo pensare di cambiare rotta è dalle città che dobbiamo partire. Le nostre metropoli sono ambienti artificiali: dobbiamo ripensare le città come ecologie urbane.

Attraverso il mio lavoro, io cerco di leggere le città come un insieme di microclimi in cui reintrodurre la vegetazione per trasformarle da isole di calore a luoghi più freschi e vivibili. E sono le piante ad avere la capacità di cambiare il clima che le circonda: noi esseri umani dobbiamo dare priorità a far loro spazio.

La natura può insegnarci nuovi modi di convivere e adattarci?

Le piante hanno sempre avuto bisogno di adattarsi in primo luogo al loro ambiente e, in secondo luogo, di trasformare quell'ambiente per garantire la loro sopravvivenza.

Possiamo imparare molto dalle piante sull'adattamento e la trasformazione!

Inoltre, le piante mettono in contatto ciò che è sotto, nel terreno, e ciò che è sopra, nel cielo. Dobbiamo ripensare le nostre città come l'interfaccia tra una meteorologia mutevole e una geologia inesplorata.

Ripensare l'architettura del paesaggio: guardando al futuro cosa è urgente imparare come designer?

È urgente pensare per cicli. Cicli di crescita e trasformazione e cicli delle stagioni.

Niente è più stabile. Niente può permettersi di essere unicamente consumato senza rigenerare nulla.

Un designer può aiutare a plasmare il futuro comprendendo il valore di essere parte di un insieme e imparare a pensare in modo complesso e sistemico. Rispetto all’architettura del paesaggio occorre attuare un reverse thinking: non guardare solo a un passato di natura selvatica ma capire cosa possiamo portare nel futuro.

Come designer possiamo accelerare gli effetti che la natura produrrebbe nel tempo.

Il Grande MAXXI: quali sono i principi fondanti e le opportunità del progetto?

Voglio pensare alla possibilità di una comunità di piante che riconquistano il deserto.

Oggi il Maxxi giace in un deserto di cemento. In estate lo spazio esterno diventa un'isola di calore attraverso l'assorbimento dell'energia solare nell'hardscape circostante.

Con il nostro progetto, proponiamo di demineralizzare lo spazio pubblico, di togliere parti del cemento, di trovare il collegamento con la terra.

Ciò consentirà di produrre effetti di grande impatto: riducendo la superficie impermabile del cemento si potrà immagazzinare la preziosa acqua piovana nel terreno, mentre la piantumazione di nuovi alberi permetterà di riportare quell'acqua nell'atmosfera attraverso il raffreddamento per evaporazione.

Ciò contribuirà ad abbassare la temperatura percepita di oltre 10 gradi. Il museo avrà quindi una dimensione di piazza dove - grazie alle piante - il benessere, percebile in termini di ombra e frescura, genererà una nuova dimensione di uso collettivo dello spazio pubblico.

Vista l’inevitabilità del riscaldamento globale, quanti giardini microclimatici dobbiamo piantare?

Vista la velocità con cui le conseguenze del riscaldamento globale si manifestano, non è più il tempo di pensare solo a ciò che possiamo fare come singoli individui: abbiamo bisogno di un cambiamento planetario.

Ogni città dovrebbe ripensare la sua relazione con la natura, invertire il suo ruolo inquinante e divoratore di energia e piantare quanti più alberi possibile.

Ogni foglia conta: se l’essere umano imparerà a co-creare insieme alle piante e a trasformare le città in una nuova natura entro il prossimo decennio, possiamo avere una speranza.