Da Foscarini, che dal 2010 promuove Inventario, a Lago che fa impresa attraverso un approccio umanistico, le realtà che investono nelle iniziative culturali, senza un diretto ritorno economico, ma per ampliare gli orizzonti e creare valore sociale

“Siamo la somma delle esperienze che riusciamo a far fare ai nostri collaboratori”, racconta Daniele Lago, ceo dell’azienda di famiglia.

Lago è una delle (poche) realtà italiane che investono nel fare cultura, senza chiedere nulla in cambio.

“La cultura ci rende più ricchi, in tutti i sensi”, continua Daniele Lago, “per noi l’importante è stimolare e dare input ai nostri dipendenti, affinché diventino delle persone migliori. È un costante lavoro di semina e di costruzione del futuro”.

Ci sono tanti modi per fare cultura.

C’è chi, come Lago, organizza le attività più disparate, dalle open factory sulla sostenibilità al volontariato nelle mense sociali, chi come Foscarini dal 2010 promuove e sostiene Inventario, un book-zine indipendente e libero, “cibo per la mente”, come dice Carlo Urbinati, fondatore e presidente dell’azienda di Marcon, e chi come Vitra, ogni anno organizza fino a dieci mostre di ampio respiro, che indagano la creatività e il progetto a 360 gradi.

Fare cultura significa ampliare gli orizzonti, creare valore sociale per i propri dipendenti e per l’intera comunità e, al contempo, diventa un modo per difendere e sostenere il sistema del design italiano attraverso progetti ambiziosi, che non restano ancorati al prodotto, ma che hanno il coraggio di volare alto.

“Le imprese fanno parte di un ecosistema, se tutti noi ci impegnassimo a seminare per gli altri, il mondo sarebbe migliore”, conclude Daniele Lago.

Inventario, il book-zine di Foscarini che non parla di Foscarini

Tra le (poche) aziende che fanno cultura, senza chiedere nulla in cambio, spicca Foscarini, che dal 2010 promuove e sostiene Inventario, un book-zine indipendente e libero, ideato e diretto da Beppe Finessi e pubblicato da Corraini Edizioni, su progetto grafico di Designwork.

Un progetto premiato con il Compasso d’Oro 2014 per la sua capacità di sintetizzare argomenti culturalmente elevati con leggerezza, illustrandoli con una forte identità visiva e qualità del prodotto editoriale.

Un format fresco che solletica la curiosità dei lettori con contenuti colti, sempre diversi, pluridisciplinari, non convenzionali, mai scontati e, soprattutto, mai autoreferenziali.

“Inventario non parla di Foscarini, perché abbiamo voluto un progetto completamente libero e quindi credibile nella sua autonomia”, sottolinea Carlo Urbinati, fondatore e presidente dell’azienda di Marcon.

“Inventario è portavoce dei nostri valori, guarda avanti con occhi attenti e curiosi, con il piacere di praticare i territori dell’innovazione, come è nello spirito di Foscarini. In ogni nuovo numero ritrovo subito lo spirito che ci ha guidato nel far nascere e crescere questo progetto editoriale, che per me è cibo per la mente, con le inaspettate associazioni di idee che mettono in collegamento progetti, opere, oggetti, autori, invitandoci ad osservare la realtà con una curiosità vera.

Ogni uscita è il frutto di un lungo lavoro di immaginazione, creazione e archiviazione ad opera del nostro direttore Beppe Finessi e di tutti i bravissimi autori della redazione, che ci stimolano a guardare oltre, semplicemente per il piacere di farlo”. In ogni numero la presenza dell’azienda si svela unicamente nell'interpretazione, in apertura e chiusura, di uno o più modelli di lampade, da parte di un fotografo di fama internazionale sempre diverso.

“Il mio modello di riferimento è stato, fin dall’inizio, Colors di Benetton, fondata nel 1991 da Oliviero Toscani e Tibor Kalman”, racconta Beppe Finessi, “una rivista socio antropologica ed economica che non trattava certo di maglioni ma parlava del mondo. Inventario è nato come una piccola sfida, lo portiamo avanti con grande libertà, non ci sono condizionamenti, pubblichiamo solo quello che amiamo, che ci fa illuminare gli occhi.

Secondo me c’è spazio e bisogno di progetti culturali del genere, bisognerebbe stimolare gli imprenditori in modo diverso, con progetti meno ancorati ai prodotti, ma provando a sognare.

Un modello di riferimento è Olivetti, una grande azienda che per decenni è riuscita ad affiancare ai profitti la cultura, l’educazione, la politica, il welfare aziendale.

Il sistema del design italiano deve essere difeso e sostenuto anche attraverso progetti culturali importanti, ambiziosi, di ampio respiro, altrimenti diventa difficile oggi, con la crisi dell’editoria e della carta, riuscire a proteggere il primato e il presidio culturale del design italiano”.

Bisazza: l’ex sito produttivo convertito in fondazione per sostenere l’arte

Nel 2012, con una mostra dedicata all’architetto britannico John Pawson, Bisazza ha inaugurato l’attività della Fondazione Bisazza, a Montecchio, in provincia di Vicenza, dove un tempo sorgeva la fabbrica dei mosaici fondata nel 1956 da Renato Bisazza.

L’ex sito industriale ospita la fondazione, un’organizzazione completamente privata, non profit e aperta al pubblico, che, più di qualsiasi altra cosa, rappresenta la passione della famiglia Bisazza per l’arte.

Un luogo magico, la cui genesi di fatto si può far risalire al 1995, anno in cui fu affidato ad Alessandro Mendini il ruolo di primo direttore artistico dell’azienda.

Oltre alla ricca collezione permanente, con le sculture e opere in preziose tessere di mosaico realizzate da autori come Mendini, Sottsass, Urquiola, solo per citarne alcuni, la Fondazione ospita mostre itineranti e installazioni di artisti e progettisti di fama internazionale, prodotte da Bisazza o provenienti da istituzioni straniere.

L'intento della Fondazione è infatti interagire e dialogare con altre fondazioni e musei di design e architettura creando un network per la presentazione di progetti inediti in Italia.

Nel 2015 gli spazi si sono ampliati con la nuova area espositiva intitolata Fotografia di architettura, con scatti dei maestri della fotografia come Berenice Abbott, Eugène Atget, Gabriele Basilico, Roland Fischer, Candida Höfer, Julius Shulman e Hiroshi Sugimoto. Infine, nel 2019, è stata inaugurata Love-Dream, Love-Nothing, la prima installazione permanente al mondo del celebre fotografo contemporaneo giapponese Nobuyoshi Araki, curata da Filippo Maggia.

“La Fondazione nutre il nostro lavoro quotidiano, ci fornisce nuova energia e ci fa sognare”, racconta Rossella Bisazza, alla guida del marchio con il fratello Piero.

Vitra Design Museum: dal 1989 un punto di riferimento per gli appassionati di design, e non solo

Nel 1989 l’azienda Vitra apre le porte del suo Vitra Design Museum, a Weil am Rhein, vicino Basilea, uno spazio espositivo dedicato al design, di ieri e di oggi, indagandone il rapporto con l'architettura, l'arte e la cultura.

Oltre ad ospitare una straordinaria collezione di circa ventimila oggetti, inclusi archivi e lasciti di architetti come Verner Panton, ogni anno, il Vitra Design Museum organizza fino a dieci mostre su temi relativi al design e all'architettura, esposte nell'edificio principale progettato da Frank Gehry, nel Schaudepot di Herzog&de Meuron e in altri punti del Vitra Campus.

Design, ma non solo, perché, per la prima volta, il museo di Vitra indagherà il mondo dei giardini in Garden Futures - Designing with nature dal 25 marzo al 3 ottobre, una mostra del Vitra Design Museum, della Wüstenrot Stiftung e del Nieuwe Instituut di Rotterdam, con scenografia dei Formafantasma.

Un’esposizione sulla storia e sul futuro del giardino moderno, ben più di un semplice idillio romantico, ma luogo d’avanguardia, ambito in cui si sperimentano la giustizia sociale, la biodiversità e il campo in cui si potrà scrivere un futuro sostenibile.

Daniele Lago: “La cultura per la crescita collettiva”

Daniele Lago, ceo dell’azienda di famiglia: “Noi facciamo impresa attraverso un approccio culturale. Siamo la somma delle esperienze che riusciamo a far fare ai nostri collaboratori, più stimoli riusciamo a dare in termini di formazione e pensieri laterali che riguardano la società contemporanea, e più Lago va al meglio.

La cultura ci rende più ricchi, in tutti i sensi, anche in termini di indicatori aziendali. Nel 2008, quando abbiamo scritto il documento La grande idea, di fatto non c’era nessuna grande idea, ma la volontà di portare avanti un approccio più umanistico al mondo dell’impresa, allora ci prendevano un po’ per pazzi, poi quando abbiamo iniziato a registrare anche numeri importanti, tutti si sono un po’ ricreduti.

Dobbiamo sostenere il made in Italy con un approccio culturale in termini di impresa.

Noi facciamo sì che le persone che lavorano in Lago siano sempre stimolate per fare meglio il proprio mestiere, per essere sempre più delle motrici e meno dei vagoni, ma anche per diventare persone migliori. Coinvolgiamo i nostri dipendenti in tanti modi.

Da un anno e mezzo a questa parte organizziamo in azienda delle open factory in cui ci confrontiamo con degli opinion leaders per capire, tutti insieme, come migliorare l'azienda in svariati ambiti.

Sul tema della sostenibilità, abbiamo creato sei tavoli tematici che convergono con l’agenda 2030 dell’Onu, e abbiamo invitato degli esperti, come l’ingegnere ambientale che lavora nel secondo studio più grande al mondo di indagini chimiche legate all’ambiente, il sustainability manager di una grande azienda operante nel settore bancario, i docenti dell’università di Padova, un esperto di prodotto sostenibile del Politecnico di Milano.

Da questi incontri, sono emerse delle linee guida virtuose che abbiamo già applicato in azienda, per iniziare a presentare, nel 2025, la nostra prima CSR, Corporate Social Responsability; parallelamente stiamo migliorando lo sviluppo prodotto in ottica sostenibile, lavorando sulla disassemblabilità dei prodotti e sulla scelta dei materiali a basso impatto; e, in futuro, daremo la possibilità di affittare i mobili Lago, per allungare ancora di più la vita dei prodotti.

In occasione del FuoriSalone, presenteremo i risultati dei sei tavoli tematici sulla sostenibilità, in una serata aperta a tutti, mercoledì 19 aprile alle 18,30 all’interno di Casa Lago, perché dobbiamo agire tutti, se vogliamo che qualcosa cambi davvero.

Per noi è importante che chi lavora in Lago, anche per qualche anno, diventi una persona migliore. Ci sono tanti modi per fare cultura in azienda.

Durante lo scorso Natale, io con i miei fratelli Franco e Rosanna, abbiamo servito alle mense popolari di Padova, gestite da Cucine Economiche Popolari; adesso insieme a questo gruppo straordinario di persone abbiamo messo in piedi un corso di formazione rivolto ai nostri dipendenti, chi vuole può fare volontariato, è un’esperienza incredibile che ti arricchisce, è più quello che ricevi che quello che dai.

Inoltre, collaboriamo con il carcere di Padova, insieme abbiamo organizzato una open factory in azienda con uno speech su cosa significa reinserire i carcerati e dargli fiducia. Che c’entra un tavolo di design con il carcere? C’entra, il design non è inteso solo come il plasmare un oggetto, ma è uno strumento di trasformazione sociale, è la via per creare significati.

Mescolare la cultura al profitto è un toccasana per tutti, non ci stiamo inventando nulla, il Rinascimento metteva al centro l’uomo e la cultura. Mettere in equilibrio persone, ambiente e tecnologia, questo per me è fare cultura in azienda, non è qualcosa di astratto, è un approccio che ti fa lavorare meglio.

Fare cultura ti permette di generare significati, che è qualcosa che va oltre l’aspetto economico, è più profondo e anche più rilevante, soprattutto per i giovani che non mettono più al primo posto lo stipendio, ma cercano un’azienda in cui identificarsi. Stimolare e dare input ai collaboratori, affinché crescano e maturino come esseri umani, per noi è la cosa più straordinaria. È un costante lavoro di semina e di costruzione del futuro”.

MineStudio e il magazine Siamomine: quando gli studi creativi fanno cultura

Oltre alle aziende, ci sono anche alcuni studi, come Park Associati, che abbiamo intervistato qui, che investono nel fare cultura per creare valore sociale per la comunità, nell’ottica di un rinnovamento progettuale e di pensiero.

Un altro studio che ben si inserisce in questa rassegna è Mine Studio, agenzia creativa romana che nel 2020 dà vita a Siamomine, un magazine indipendente e strumento di ricerca e sensibilizzazione culturale.

Siamomine diventa per Mine Studio uno strumento per parlare di tematiche vicine alle attività dell'agenzia, trasformandole in input per il lavoro creativo, da condividere con la loro comunità.

Per essere creativi migliori, bisogna essere persone migliori. È questo, più o meno, quello che si sono detti quando hanno iniziato questa avventura.

Siamomine parla dei fenomeni legati alla cultura digitale, come i social media e le tendenze nate su internet, e degli aspetti che riguardano il lavoro contemporaneo, come lo smart working, il benessere psicologico, le nuove forme di lavoro digitale, partendo sempre da un punto di vista 'generazionale'.

Siamomine si rivolge infatti a un pubblico tendenzialmente giovane, generalmente under 35, ma in prevalenza ventenne.

Mine Studio con il suo magazine ha collaborato con realtà come Fondazione Romaeuropa, e con la casa editrice indipendente minimum fax ha creato il podcast Il lavoro non ti ama. Attorno a Siamomine orbita anche una newsletter, che si chiama Dylarama, un raccoglitore di suggestioni provenienti dall'esterno, “tutto ciò di interessante che riusciamo a captare su internet finisce lì”, dice il team di Siamomine.

Il magazine Siamomine nasce e cresce di pari passo con il percorso intrapreso da Mine Studio nell'ultimo anno e mezzo, durante il quale l'agenzia è prima diventata Società Benefit e poi a inizio 2023 ha ottenuto la Certificazione B Corp.

In quanto B Corp, Mine si impegna a misurare il proprio impatto sull'ambiente e sulla società, sviluppando modelli di business equi e rigenerativi.

Abbracciando valori quali la sostenibilità, la trasparenza e  l’inclusività, Siamomine è diventato uno strumento di divulgazione che “speriamo faccia il più possibile da cassa di risonanza per veicolare messaggi positivi, ma anche analisi critiche che stimolino riflessioni sui temi che ci stanno più a cuore”, conclude il team.