È nel digitale che crescono le vendite, mentre i negozi fisici plurimarca segnano il passo. Ecco chi, nel mondo dell’arredo, sta lavorando per fissare lo standard di domani. Che è già una realtà diffusa

Per capire dove sta andando l'arredo design nell'e-commerce è necessario partire là dove non ce lo si aspetta: nelle botteghe dei maestri del made in Italy dove prendono vita i mobili dalle fattezze più squisite.

Con la sua cura certosina nei dettagli e una quantità inattesa di vani a scomparsa dietro a un sistema di ante frutto del lavoro di alta ebanisteria e intarsi, per esempio, Houdini di Roberto Lazzeroni per Giorgetti è il cabinet tra i protagonisti dell’ultima produzione made in Italy, realizzata durante il lockdown e presentata al pubblico sia in showroom sia in digitale, sul Giorgetti Channel approntato dal brand di Meda nei mesi difficili della pandemia. Un pezzo dalla fattura pregiata, che, come il meglio del made in Italy del 2020-21, abbiamo potuto ammirare più grazie al web che visitando gli spazi fisici dell’azienda brianzola.

Che piaccia o no, il digitale è ormai una modalità imprescindibile per il made in Italy. Soprattutto, perché è quella che fa registrare performance in crescita. Tra gli ultimi ad attestarlo c’è il Luxury Retail Evolution & The Digital Evolution, il report di Altagamma che come ogni anno punta un faro su un mercato d’eccellenza: “Il Covid, a livello internazionale, ha comportato un calo generalizzato del 20 per cento nella vendita di beni di lusso personali, ma con tante asimmetrie tra segmenti e di tipo geografico”, spiega il chairman di Altagamma, Matteo Lunelli. “La pandemia ha dato una fortissima accelerazione allo sviluppo della distribuzione digitale, che nel 2020 valeva circa 50 miliardi, con una quota sul totale delle vendite in crescita dal 12 per cento del 2019 al 23 del 2020”, dice Luca Solca di Bernstein. Un salto di cinque anni in soli dodici mesi, destinato a continuare, tanto che entro il 2025 si prevede che le vendite online rappresenteranno un terzo del mercato. Come in una lungo Monopoli, il digitale è per il made in Italy, composto soprattutto da brand d’eccellenza piccoli e medi, un campo pieno di probabilità e imprevisti.

Nel mondo digitale il traffico si muove su Internet alla velocità della luce e può concentrarsi su chi riesce a sviluppare un vantaggio in termini di profondità di assortimento, generando una situazione in cui il vincitore prende tutto."

“Se già prima del Covid-19 i brand di alta gamma dovevano confrontarsi con un calo del traffico e della produttività nei loro negozi monomarca diretti, l’esplosione del digitale ha reso questo problema ancora più pressante”, spiega Solca. Tre sono gli elementi di debolezza relativa delle aziende italiane: la scala ridotta rispetto ai concorrenti internazionali, che le penalizza dal momento che il digitale richiede forti investimenti e costi fissi elevati, la dipendenza più elevata dal canale wholesale multimarca (i grandi magazzini, per esempio) oggi in crisi profonda, e – dato comune a tutto il tessuto imprenditoriale italiano – la maggiore arretratezza in fatto di digital transformation.

Questo non vuol dire che non sia partita la corsa a fare meglio e bene on line, anzi: enormi sono stati gli sforzi per piantare la bandiera in un mondo in crescita e ormai fondamentale. Ecco allora le presentazioni di Boffi De Padova su piattaforme web customizzate, il configuratore in 3D per i letti di Noctis, lo shopping in realtà aumentata di Natuzzi e la app di Wall&Deco con la stessa tecnologia, i cataloghi interattivi di Porro e il trading on line di Rimadesio, gli e-commerce di Lema prima in Italia, poi, da giugno 2021, in tutta Europa e, da luglio, anche negli Stati Uniti; gli incontri one-to-one in video call di Visionnarire per creare viste molto ravvicinate delle finiture attraverso l’uso delle migliori tecnologie. E poi, ancora, lo Studio Tv di Minotti per dialogare con il trade attraverso una ricca programmazione di eventi formativi; la consulenza digitale di Molteni@Home che ha anche lanciato, lo scorso novembre, il suo e-commerce in esclusiva per gli Usa.

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Come in una lungo Monopoli, il digitale è per il made in Italy, composto soprattutto da brand d’eccellenza piccoli e medi, un campo pieno di probabilità e imprevisti."

O Moroso che ha raggiunto in quest’anno quasi un milione di utenti unici profilati in ventiquattro Paesi generando traffico selezionato per i punti vendita. Poltrona Frau aveva lanciato per prima il suo e-commerce già nell’autunno 2019 e la piattaforma è ora attiva, oltre che in Italia, in Francia, Germania e Svizzera con un piano di roll-out su altri Paesi europei nel corso di quest’anno. Dall’estero, poi, c’è chi come Tom Dixon ha scelto un profilo più ironico trasformando il fondatore in ologramma per la presentazione delle collezioni in ventiquattro città (Milano inclusa, ad aprile).

L’ascesa del digitale non è un dato neutro, di soli numeri, ma un fenomeno che, con le sue cifre, modifica attitudini e richieste. Soprattutto, impone un ‘salto’. Secondo Chris Morton, ceo & founder di Lyst, app per lo shopping di moda,“i consumatori si aspettano ormai di poter fare tutto dai loro smartphone e una strategia corretta aggiunge valore sia per i clienti che per i marchi, integrando al contempo le esperienze fisiche del lusso. I dati e la personalizzazione sono al centro di tutto, con il digitale che rende possibili nuovi approcci inediti alla vendita al dettaglio”.

In questa partita, sono proprio i nuovi e-tailers a far registrare le performance migliori rispetto a quasi tutti i grandi magazzini tradizionali: ottenuta la licenza a vendere per i grandi marchi, la spedizione fa capo ai brand stessi, il che richiede la capacità di fare leva sullo stock globale del marchio anziché su quello dedicato allo specifico retailer, favorendo di nuovo i grandi player digitali emergenti che hanno già collegato un numero molto elevato di location di stock.

Nella nuova piazza virtuale, vince allora chi progetta una presenza particolare: “Bisogna puntare su esibizioni speciali, capsule, pop up, diversificazione dei flagship per renderli più interessanti, servizi dedicati ai consumatori sempre più a valore aggiunto, come i personal shopper e le aree speciali riservate nelle boutique”, spiega Solca, riferendosi a un modello già sviluppato nel fashion e che il design potrebbe prendere a modello. Un’attività di questo genere comporta, ovviamente, investimenti in costi fissi per competere, che diventano più sostenibili quando si beneficia di un vantaggio di scala, mentre sappiamo che il tessuto imprenditoriale italiano è fatto di aziende di piccola e media dimensione.

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La pandemia ha dato una fortissima accelerazione allo sviluppo della distribuzione digitale, che nel 2020 valeva circa 50 miliardi, con una quota sul totale delle vendite in crescita dal 12 per cento del 2019 al 23 del 2020."

Anche per questo la ricerca di Bernstein prevede nel digital il consolidamento strutturale della distribuzione multimarca: “Nel mondo digitale il traffico si muove su Internet alla velocità della luce e può concentrarsi su chi riesce a sviluppare un vantaggio in termini di profondità di assortimento, generando una situazione in cui il vincitore prende tutto”. Insomma, c’è molto fa lavorare, ma quanto meno abbiamo iniziato a farlo.