Il designer autore di Apice, la collezione Bossini pensata per un bagno antispreco e concepita per durare

Marcello Ziliani è l’architetto e designer autore di Apice, la nuova collezione di doccette, soffioni e miscelatori di Bossini. L’occasione per discutere di come è cambiato il bagno in questi anni. E di che cosa il design può ancora apportare allo spazio più intimo della casa.

Mi sembra di aver percepito, nei tempi più recenti, come uno scarto, un’evoluzione da un approccio in cui il benessere era interpretato prevalentemente in chiave dinamico-terapica (idromassaggio, cromo-aroma-musico-ecceteraterapia, attrezzature per il fitness…) a uno in cui si sta facendo strada una dimensione più intima, raccolta, silenziosa, in cui godere del piacere di sentirsi coccolati in un ambiente caldo, accogliente, famigliare. In questo senso l’atmosfera gioca un ruolo fondamentale così come la presenza di elementi e oggetti che evochino immagini e sensazioni morbide”.

Che cosa aggiunge Apice al mercato dei sistemi doccia e, anche, alla storia di Bossini?

Se si parla di aggiunte, credo che sia interessante la ricerca di una dimensione polisensoriale legata all’acqua in cui anche il tatto, il contatto diretto con la pelle diventino sensazioni che elevano un’azione quotidiana a momento di benessere. Per ottenere questo abbiamo progettato la superficie del diffusore come una texture continua, morbida al tatto, composta da piccoli tronchi di piramide disposti ortogonalmente, così da rendere possibile, e desiderabile, un contatto molto più diretto con il corpo, quasi uno strumento di massaggio, ma anche di scrub, sia con sia senza l’erogazione dell’acqua. Inoltre, rispetto alla disposizione radiale dei getti tradizionali, il disegno del diffusore presenta una geometria ortogonale che, assieme alla leggera pulsazione generata dall’effetto cavitazione creato all’interno della sottile camera di alimentazione, riesce a rendere l’acqua un elemento tangibile e fisico, avvolgente e chiaramente percepibile sul corpo.

Per quanto riguarda la storia di Bossini, abbiamo fortemente voluto introdurre per la prima volta, a fianco dei componenti per doccia, anche una serie completa di rubinetti. E questo con la precisa volontà non solo di offrire la possibilità di arredare tutto il bagno, ma anche di sviluppare ogni componente con un carattere e un’identità capaci, da una parte, di evocare immediatamente l’appartenenza alla famiglia Apice e dall’altra di poter essere apprezzati in quanto pezzi singoli. Lo strumento espressivo che ha consentito di ottenere questo risultato è stato lo studio di forme ottenute per sottrazione di parti di volume da solidi primari, come con un colpo di scalpello”.

Come ha lavorato per tenere presente, oltre all’estetica, la questione ambientale?

“La sostenibilità è un tema complesso, e spesso complicato, per definizione. I fattori che entrano in gioco sono moltissimi, difficili da verificare e da tenere sotto controllo. Oltretutto ogni progetto che si affronta presenta caratteristiche differenti per funzione, materiali, tecniche di produzione, distribuzione, durata di vita ecc. e bisogna quindi partire quasi sempre da zero. Per Apice, trattandosi di una serie cha ha a che fare con l’uso dell’acqua, risorsa preziosa, abbiamo lavorato tantissimo, assieme allo studio tecnico Bossini, sulla qualità del getto erogato per ogni singolo componente, cercando di coniugare l’efficace espletamento della funzione (risciacquare tanto per capirsi) con il massimo del piacere percepito a fronte di portate e quindi consumi estremamente ridotti. A seguire, la scelta volontaria di evitare per le docce i getti multifunzione è stata compiuta proprio per ridurre il più possibile il numero di componenti, lavorazioni e montaggi, ovviamente in ottica sostenibilità. Il fatto poi che Bossini abbia al suo interno la maggior parte delle lavorazioni è un altro tassello che gioca un ruolo importante, a cui si affianca l’incredibile attenzione che ho riscontrato da parte loro per l’aggiornamento degli impianti proprio in ottica di attenzione per l’ambiente. Mi ha stupito visitare degli impianti di cromatura, sia per i metalli che per le plastiche, completamente a ciclo chiuso e già a norma con disposizioni che entreranno in vigore fra due anni”.

Che cosa vuol dire per un designer oggi progettare in chiave sostenibile e schivare il greenwashing?

“Sappiamo che la quasi totalità della sostenibilità di un prodotto si gioca in fase di progetto, quindi un designer non può fare finta di niente, deve dotarsi degli strumenti e delle competenze necessarie per svolgere il suo ruolo con responsabilità. Io ho avuto la fortuna di iniziare più di dieci anni fa a dedicare una parte del mio tempo a sperimentare cose con gli studenti dell’università di San Marino, attività che mi ha dato la possibilità di studiare e approfondire con metodo temi che già avevo iniziato a frequentare da un po’, come appunto l’impronta ecologica, il design sostenibile, l’economia circolare, il life cycle assessment eccetera. Devo dire che una delle sintesi cui sono arrivato grazie a questo lungo e faticoso percorso è che va bene tutto, tutto è indispensabile per cercare di non lasciare ai nostri figli un mondo invivibile, ma il principio primo che cerco di seguire nell’affrontare un nuovo progetto è che questo deve avere come primo obiettivo la durata. Fare oggetti fatti bene, semplici, solidi, facili da manutenere e da riparare, che non passino di moda in poche stagioni e che magari i genitori passeranno ai figli. In questa stessa direzione abbiamo lavorato anche per Apice cercando di realizzare prodotti di elevata qualità costruttiva, semplici e solidi, con il più ridotto uso di materiali possibile e soprattutto, mi auguro, a minima obsolescenza formale. Ma questo lo dirà il tempo”.

La sostenibilità è dunque un driver e non soltanto un obbligo?

“Ma certo, un potentissimo driver creativo, bisogna interpretarla come un’opportunità incredibile per sperimentare nuove dinamiche, nuove prospettive, nuove combinazioni di significati. Una nuova piattaforma di gioco nella quale cimentarsi per mettere alla prova le nostre capacità di creazione e innovazione”.