Il terzo punto da sottolineare ha a che fare con l’intenzione del museo di diventare un luogo di discussione sulle tematiche della contemporaneità, lette attraverso la lente del progetto. “Siamo partiti da un’idea di generazione urbana, di una piazza che è palcoscenico sulle idee, quelle proposte e quelle ancora da proporre”, ha detto Luciano Galimberti. Questo vuol dire, ovviamente, parlare al pubblico. Non fare mostra di “oggetti vecchi” ma proporli attraverso sguardi sempre diversi, quelli dei curatori che si alterneranno nella realizzazione del suo palcoscenico. La promessa, quindi, è dare a Milano un museo auto-generativo (perché si alimenterà sempre della collezione del Compasso d’Oro) ma non auto-celebrativo. “All’ADI Design Museum si vuole fare ricerca, partecipare alla discussione sul contributo che il design può dare per affrontare problemi del paese e della gente, mettendo al centro la comunità del progetto”, ha detto il direttore Andrea Cancellato.