Coltivare in città per implementare sistemi a ciclo chiuso, superando l'idea romantica del legame naturale tra uomo e ambiente

Dagli emendamenti della Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento Europeo alla Cop28 del 2023, in cui l'Italia per prima ha posto il veto al cibo sintetico, sembra che le istituzioni pubbliche siano portate a preservare quel legame che nei secoli ha unito la terra e l'uomo, il lavoro e l'alimentazione.

Tuttavia, l'accelerazione del cambiamento climatico e la necessità globale di produrre più cibo utilizzando meno risorse pongono l'agricoltura tradizionale davanti a una difficile sfida, in cui le biotecnologie di sintesi e i sistemi di coltura alternativi e fuori suolo potrebbero invece offrire molteplici soluzioni.

La natura stessa dell’agricoltura è artificiale

Probabilmente, a monte delle normative sul cibo sintetico, bisognerebbe riflettere su quanto l'agricoltura stessa sia frutto di un lungo e continuativo processo di artificializzazione del territorio e dei suoi raccolti.

Quel che si crede più “sano e naturale”, perché coltivato dal contadino, altro non è che un prodotto ibrido, frutto di una selezione operata dalle aziende semenziere che, nel tempo, hanno sintetizzato quei semi più resistenti e adatti ai processi automatizzati della coltivazione. L'agricoltura è da sempre un mondo artificiale.

L’Olanda all’avanguardia nella coltura fuori suolo

L'Olanda è uno dei paesi più all'avanguardia nella ricerca e applicazione delle cosiddette colture fuori suolo – acquaponica, aeroponica e idroponica – ovvero tecniche di coltivazione intensive in apposite serre, in cui le piante non hanno radici nel terreno e il ciclo d'acqua è chiuso e continuo.

Con un'applicazione estesa: si pensi che i Paesi Bassi sono i principali produttori di pomodori d'Europa (e senza caporalato).

Le serre verticali a Roeselare

Gli architetti vanBergen Kolpa e Meta Architectuurbureau, su commissione dell’Istituto di ricerca fiammingo per l’agricoltura e l’orticoltura, Inagro e Reo Veiling, hanno recentemente realizzato Agrotopia, il Centro di ricerca per l'orticoltura urbana di Roeselare.

Si tratta della più grande serra a doppia altezza in acciaio, posta sul tetto di una struttura in cemento. I 9.500 metri quadri per la coltivazione verticale di frutta e verdure a foglia sono aperti al grande pubblico attraverso percorsi didattici.

Le colture sono irrigate a mezzo di acqua piovana immagazzinata dal tetto, il cui deflusso viene riciclato e riutilizzato. Per il riscaldamento viene invece impiegato il calore in eccesso dalla rete di teleriscaldamento del limitrofo inceneritore di rifiuti.

Agrotopia è in simbiosi circolare con la città, sfrutta lo spazio residuo urbano e unisce architettura e agricoltura, fornendo agli stessi consumatori dei prodotti agricoli una più approfondita comprensione dell'orticoltura in serra.

La Vertical Farm a Siena

La prospettiva sostenibile dell'agricoltura fuori suolo si sta timidamente innestando anche in Italia. L'ingegnere Matteo Benvenuti fonda Vertical Farm Italia nel 2015 per progettare, sviluppare e coordinare progetti di orti verticali, pubblici e privati, autosufficienti.

Recentemente, nel centro storico di Torrita di Siena, Benvenuti ha recuperato un tunnel antiaereo trasformandolo in un orto di 50 metri quadri.

La zona di coltivazione sviluppata in verticale occupa solo 6 metri quadri in cui sono stati messi a dimora 530 ortaggi da foglia e 24 tipi di frutta. Del raccolto ne fruisce la mensa comunale, distribuendo i prodotti anche a chi si trova in difficoltà.

A parte il cambio delle taniche o la raccolta degli ortaggi, la gestione delle strutture di coltivazione può essere condotta in remoto.

La fattoria acquaponica ad Eindhoven

A coinvolgere direttamente la comunità è anche Phood Farm di Eindhoven, una fattoria acquaponica indoor e business-to-consumer (B2C), la cui struttura si combina con l'azienda agricola di permacultura di 15mila metri quadri per soddisfare il fabbisogno settimanale di verdure fresche di 150 famiglie.

La permacultura è un metodo rigenerativo in cui le piante vivono in un rapporto di reciproco sostentamento e che crea sistemi alimentari resilienti, capaci di affrontare al meglio le sfide ambientali.

Phood Farm è un'azienda iperlocale, inserita nel contesto urbano, con agricoltori comunitari e programmi di reinserimento sociale.

I funghi da fondi di caffé a Rotterdam

Le tecniche di coltivazione fuori suolo implicano ricerche che implementano processi di riciclo e di economia circolare.

È il caso della Rotterzwam di Rotterdam, azienda B Corp premiata con il Vegan Awards 2022, che coltiva funghi dai fondi di caffè post consumo creando economia circolare.

I fondi di caffè sono salvati dall'incenerimento dei rifiuti, trasformati in substrato per la crescita dei funghi e infine consegnati agli agricoltori che li utilizzano come ammendante.

In otto contenitori refrigerati, 6-7 mila chilogrammi di fondi di caffè vengono convertiti ogni mese in 1200-1400 chili di funghi cardoncelli.

I funghi coltivati in cucina

Il brand Good Growing di New York propone invece di coltivare i funghi direttamente nella propria cucina. Gus è un dispositivo di coltivazione in ceramica fioriera traspirante che, per la capacità di mantenere l'umidità e di regolare la 
temperatura, può facilitare la crescita di funghi a partire dal micelio.

Le proteine non da allevamenti intensivi

Le frontiere del cibo di sintesi si spingono sempre più in là sia nella produzione di componenti nutritive come le proteine non da allevamenti intensivi, sia perché mostrano una produzione alimentare senza l'utilizzo di suolo e in condizioni climatiche estreme.

Landless Foods della bio-designer Malu Lücking

Sono numerosi i progetti di ricerca come quello della bio-designer Malu Lücking, di stanza a Londra, che, con il progetto Landless Food in collaborazione con l'istituto belga di ricerca Ilvo (Flanders Research Institute for Agriculture, Fisheries and Food), realizza una proiezione al 2050 sul cibo a base di microalghe di laboratorio, finalizzata a ricreare un'agro-biodiversità che stiamo perdendo unitamente a nuove famiglie di sapori.

Amino Feast di Magdalena Weiss e studio z00 in collaborazione con Arkeon

Il progetto performance Amino Feast, di Magdalena Weiss e studio z00 in collaborazione con Arkeon, ha proposto invece il consumo di alimenti a base di fonti proteiche alternative e di sintesi in uno scenario di piatti tipici viennesi.

Le barrette proteiche a base di insetti

Nonostante le recenti barriere normative a livello europeo, l’industria delle proteine alternative è in rapida crescita. Si vedano le start up come Zirp Insects, che produce barrette proteiche a base di insetti, o Revo Foods, che impiega salmone stampato in 3D in risposta all’impatto ambientale della carne e del pesce prodotti industrialmente.

L’accettazione del cibo sintetizzato in laboratorio non è un’impresa facile, tuttavia molti paesi si stanno aprendo a queste frontiere.

I Solar Foods di Singapore

Uno è Singapore, dove la Singapore Food Agency (SFA) ha approvato la vendita dal 2024 di prodotti alimentari contenenti la proteina sintetica Solein, prodotta da Solar Foods.

La soleina è una polvere microbica ricca di proteine che contiene amminoacidi essenziali. Può essere assunta in sostituzione di proteine esistenti in latticini e carni, snack e bevande, noodles e pasta.

È prodotta utilizzando un bioprocesso in laboratorio, simile alla vinificazione, in cui i microbi, alimentati con anidride carbonica, idrogeno e ossigeno, creano una sorta di fermentazione di piccole quantità di sostanze nutritive.

La soleina è composta per il 65-70% da proteine, per il 5-8% da grassi, per il 10-15% da fibre alimentari e per il 3-5% da nutrienti minerali. È un alimento che utilizza risorse minime, senza terreno, ed è sintetizzabile dai deserti alle regioni artiche e, potenzialmente, persino nello spazio.

In copertina: La bio-designer Malu Lückingon realizza con il progetto Landless Food una proiezione sul cibo che consumeremo nel 2050, a base di microalghe di laboratorio, finalizzato a recuperare e ricreare un’agro-biodiversità che stiamo gradualmente perdendo (foto, Marcello Orlando).