Dal progetto della cantina di famiglia, il Castello di Fonterutoli, all’iconico vino Sassicaia: la più attiva eno-architetta in Italia si racconta

Garbo e determinazione, rispetto per la tradizione ma anche coraggio di innovare: Agnese Mazzei è architetta a 360 gradi.

Dal suo studio in Firenze escono progetti di lussuose residenze private, opere di restauro (sua specializzazione) di antichi castelli, borghi e casali, giardini e lavori in ambito hospitality.

E tanti progetti di cantine, affrontati “da ‘insider’, perché essere nata in una famiglia che produce il vino è fondamentale per lo spirito con cui approcci il tema”.

La famiglia di Agnese Mzzei, poi, non è una famiglia qualunque: vinifica in Toscana da oltre 25 generazioni e annovera tra gli antenati Ser Lapo Mazzei, il primo a nominare, in un documento notarile del 1398, un certo 'vino Chianti'.

È consapevole di essere probabilmente l’architetto donna che ha progettato più cantine in Italia?

“L’ho pensato per tanto tempo, e all’inizio mi divertiva anche giocare su questo aspetto”, dice. “Ma ora mi importa relativamente e soprattutto mi pare che la questione non interessi a nessuno”.

Agnese Mazzei raccontata attraverso i suoi progetti

Breve panoramica dei suoi progetti in ambito vino.

La prima è stata, nel 1995, la cantina La Brancaia a Radda in Chianti, dove ha iniziato a sperimentare il tema della vinificazione a caduta naturale.

Segue Brolio-Ricasoli a Gaiole in Chianti: qui, ci spiega, è intervenuta su spazi esistenti, riadattando le vecchie cantine a sale conferenze e alcune sale a barricaia.

Nel frattempo lavorava al progetto di Fonterutoli, durato oltre dieci anni... “Anzi, lo considero ancora in fieri!”

Continua Agnese Mazzei: “Successivamente la famiglia Antinori mi ha affidato l’incarico per la cantina La Braccesca a Montepulciano. Lì ho creato un edificio con impianto a C, tipico della campagna toscana, per ospitare uffici, degustazione, cantina di vinificazione e barricaia”.

Quindi si arriva all’esperienza più iconica, quella di Tenuta San Guido a Bolgheri. “Ho anche disegnato la cantina di Villa Taverna, residenza dell’ambasciatore USA a Roma, e ho diversi progetti non realizzati, da Scansano alla Sicilia. L’ultima nata è la cantina Ipsus - Il Caggio a Siena (2021), sempre della nostra famiglia”.

Committente e architetto: il progetto di Castello di Fonterutoli

Inaugurata nel 2008, è tra le prime cantine di una certa dimensione realizzate nella zona del Chianti Classico.

“Non è nata come una cantina per immagine”, spiega Mazzei, “anche se l’ho da subito pensata aperta ai visitatori. Nasce infatti sul processo produttivo, ma non per questo è industriale. Anzi l’approccio è sartoriale, perché gli spazi sono stati progettati in funzione del vino che volevamo fare”.

Cioè un vino che valorizzasse il terroir, molto frastagliato, suddiviso fra tre comuni, con 73 vigneti diversi e 120 particelle: da qui la presenza di 74 vasche, per micro-vinificazioni ad hoc dei singoli cru. Lo scopo era convogliare in un unico luogo tutte le funzioni dell’azienda, produzione, uffici e rappresentanza, finora sparse nel borgo.

“È nata così l’idea di un unico edificio che abbraccia una piazza, ispirato agli antichi opifici in laterizio”, spiega Agnese Mazzei.

“Ho tradotto una forma con una certa contemporaneità e lavorato sui dettagli, come il disegno del rivestimento in mattoni sagomati, omaggio a Siena. Il piazzale è il centro in cui accade tutto; in vendemmia è come un villaggio!

Da qui parte il processo: arrivo uva, caduta, vinificazione, invecchiamento.

Diecimila metri quadrati per il 75% interrati: dalla quota zero della piazza ai -15 metri della barricaia, tutti i passaggi avvengono per gravità naturale, sul cui sfruttamento si basa l’intero progetto.

Questo ha coinvolto un enorme team di enologi, strutturisti, esperti di impianti, consulenti per la parte più industriale alla quale ho dato ordine e pulizia, anche pensando alla circolarità dei percorsi.

Il sancta sanctorum è la barricaia. Vi si arriva tramite una scala ovale, scenografica ma defilata, diversa da quelle teatrali collocate al centro di quasi tutte le cantine contemporanee. Consente una percezione dello spazio graduale, la scoperta progressiva e dinamica di diverse prospettive”.

Un progetto sostenibile

Il fatto che la cantina sia per tre quarti interrata dà grandissimi vantaggi.

Nella barricaia non vi è alcun impianto di climatizzazione o umidificazione. “Durante i lavori di scavo abbiamo rivenuto una stupenda parete di roccia, su cui scorreva l’acqua di ben otto piccole sorgenti: l’abbiamo inglobata nel progetto della barricaia e trasformata in un quadro.

Questa roccia è il segreto della qualità e dell’identità dei nostri vini, ma è anche un sostituto naturale dell’impianto di climatizzazione, qui assente. Garantisce temperatura e umidità costanti, io ho solo aggiunto i camini di aerazione. Tutto il materiale di scavo è stato riciclato, confluendo in molte strade nei dintorni. Attualmente stiamo realizzando un impianto a pannelli solari”.

Progettare gli spazi per il vino più famoso d’Italia

Nel 2008, il progetto per Tenuta San Guido a Bolgheri, tempio del Sassicaia. Cosa significa, per un’eno-architetta, disegnare gli spazi per il vino più famoso d’Italia?

“Sassicaia è un nome strepitoso, una storia bellissima, una produzione d’eccellenza assoluta”, spiega Mazzei. “Ho avuto l’incarico dal marchese Nicolò Incisa della Rocchetta, uomo straordinario che mi ha trasmesso il senso del bello e da cui ho imparato molto.

Persona low profile, non ci teneva affatto a dare visibilità alla cantina, anzi. Era per meno apparenza e molta sostanza: Voglio una cosa tranquilla, mi disse. Il luogo, lungo il celebre viale di cipressi, aveva uno charme incredibile, tipico di un’azienda agricola ancora molto tradizionale. Ma aveva bisogno di uno spazio distinto per l’affinamento del Sassicaia, un ambiente organizzato e articolato che potesse accogliere pochi selezionati visitatori”.

Recuperando la volumetria di una vecchia serra, demolita, Agnese Mazzei ha progettato un nuovo edificio ortogonale alla cantina di vinificazione esistente. Si sviluppa in due ali collegate da un corpo centrale, su due livelli, e ospita barricaia, degustazione, reception, servizi e magazzino.

“Non ho provato ‘il peso’ di lavorare intorno a un vino icona, proprio per la lezione di understatement del marchese.

L’ho capito dopo, tra divertimento e imbarazzo, quando durante un viaggio in America, presentata come ‘l’architetto che ha progettato la cantina Sassicaia’, hanno iniziato di colpo a trattarmi come una personalità!”.

Come si affronta il progetto di una cantina? C’è un metodo?

Agnese Mazzei: “È fondamentale avere degli interlocutori che ti dicano cosa vogliono esattamente da quella cantina. Il primo passo è mettersi a un tavolo con la committenza e l’enologo, la cui presenza è indispensabile, perché ha delle idee talmente specifiche su numero, tipologia e dimensioni delle vasche di vinificazione e affinamento, sui percorsi, l’organizzazione del lavoro e le movimentazioni, che tu inizi a costruire intorno agli spazi di cui hai bisogno.

Da subito si definiscono le altezze, che dipendono dal tipo di vasche impiegate, e la larghezza dei corridoi. Quindi i percorsi: molte cantine sono aperte al pubblico, per cui bisogna differenziare gli itinerari dei visitatori e degli addetti.

Il fenomeno delle cantine d’autore

Cosa pensa Agnese Mazzei del fenomeno delle cantine d’autore? Quanto è importante, per un produttore, avere una sede firmata?

“Un grande slancio architettonico si è avuto in Toscana da metà anni Novanta”, dice, “con gli incentivi della comunità europea per le attività produttive sommati a quelli della nuova legge regionale sui piani aziendali, che hanno permesso di rinnovare gli assetti delle aziende agricole, ancora di stampo tradizionale, prebellico. Noi siamo stati tra i primi a usufruirne”.

“Quando visito una cantina, capisco subito l’identità della committenza. In alcune respiri subito la passione, la filosofia del vignaiolo, in altre vedi di più l’architetto. La cantina di Fonterutoli è stata fondamentale per nostra crescita. Da quando abbiamo iniziato a vinificarvi, la qualità dei vini è molto cambiata, e ce l’hanno riconosciuto. Per me una grande soddisfazione”.

Quali sono le affinità tra fare vino e fare architettura?

“Il vino richiede un lavoro complesso, prima in vigna poi in cantina.

Anche l’architettura è un mestiere complicato, faticoso, metodico. In comune hanno certamente l’aspetto di radicamento nei luoghi, nel territorio.

Condividono pure la ricerca dell’eleganza: quello che cerchi nel vino lo insegui anche nell’armonia delle forme e dei colori, nell’atmosfera. E poi il tempo, inteso come attesa, evoluzione, durata.

Quando progetti devi tendere alla validità nel tempo della tua opera, esattamente come un vino deve puntare alla costanza della qualità”.