Francesco Scullica del Dipartimento di Design del Politecnico di Milano ci racconta come i progetti per le prossime olimpiadi invernali stanno cambiando il volto dell’hospitality montana

Olimpiadi 2026: Milano, Cortina, Valtellina. Tre territori si stanno preparando ad accogliere un pubblico internazionale – gli atleti e i loro (numerosi) team, il pubblico, gli appassionati di sport – in spazi progettati con intelligenza e, soprattutto, con uno sguardo già rivolto al contesto post-olimpico.

Ne abbiamo parlato con Francesco Scullica, direttore scientifico del Master Interior Design della Scuola di Design del Politecnico di Milano e del Master Executive Design Management in collaborazione con la Tongji University di Shanghai. Abbiamo ancora davanti agli occhi Parigi 2024: gli atleti che fanno le valigie e lasciano il Villaggio Olimpico a causa di un eccesso di buone intenzioni sostenibili. Ma un’Olimpiade è senza dubbio terreno di sperimentazione e riflessione per il progetto.

Cosa sta succedendo in Italia?

Francesco Scullica: "L’attenzione è tutta per le possibilità di rigenerazione identitaria dei contesti montani che saranno lo scenario degli sport all’aperto. E per diverse ragioni.

Cortina d’Ampezzo e la Valtellina sono territori che possono davvero cambiare sotto la spinta rigenerativa di un evento internazionale e, ovviamente, si progetta con uno sguardo ampio, a lungo termine. In questo senso sono un osservatore privilegiato nel mio ruolo di presidente del comitato scientifico di Welcoming Gate Projects and Development, la piattaforma di confronto e networking del settore accoglienza e turismo ideata e coordinata da MC International. Ci sono due grandi temi sul tavolo.

Innanzi tutto il futuro della montagna, un territorio che, Olimpiadi a parte, deve riconfigurare la propria identità. Il climate change ci obbliga a un cambio di passo concettuale: la montagna deve immaginarsi come un luogo nuovo a partire da una solida cultura locale".

In questo contesto qual è il lavoro di architetti e designer?

Francesco Scullica: "Il lavoro dell’architetto presuppone la capacità di proiettarsi oltre. Di immaginare lo spazio dell’hospitality non solo nei suoi requisiti più ovvi, come la bellezza di una camera d’albergo, ma nella capacità del settore di essere una lente magnificatrice della cultura di un territorio e dei suoi valori.

Mettere in discussione i codici più tradizionali significa soprattutto osservare con attenzione i materiali, le tecniche costruttive, gli elementi formali sia decorativi che architettonici, per dare vita a una nomenclatura compositiva che rispetti l’identità culturale e storica portandola nel contemporaneo.

Lo si fa mettendosi in una relazione positiva con la città, in un dialogo che tenga conto delle componenti infrastrutturali. I luoghi dell’hospitality devono aprirsi alla relazione con gli abitanti, presenti e futuri.

I progetti di Cortina e di Sondrio rispondono a un nuovo tipo di turismo, più interessato a vivere il luogo nella sua totalità, in un contatto più consapevole con la bellezza paesaggistica, più rispettoso del contesto naturale, sostenibile in ogni dimensione".

Parliamo di Cortina, località di un lusso un po’ fané che sta vivendo una trasformazione davvero importante…

Francesco Scullica: "Cortina sta vivendo una rivoluzione turistica. Una città che a due anni dalle Olimpiadi accoglie la sfida di riprogettarsi per diventare una meta montana tutto l’anno.

È l’ambizione di tutto il territorio alpino e si persegue con progetti che mettano in luce la relazione con la città, con la sua struttura e i suoi abitanti, non solo con i clienti degli alberghi.

Il patrimonio architettonico preesistente del resto è collettivo, fortemente identitario e il modo corretto perché sia portato nel presente è legato all’idea di immaginare un tipo di turismo che cerca e riconosce i codici locali come parte dell’esperienza, che vuole capire il luogo, non soltanto usarlo".

Con gli studenti del Laboratorio di metaprogetto della Scuola di Design del Politecnico di Milano avete lavorato all’analisi e alla reinterpretazione dell’ex Convento San Lorenzo di Sondrio. Quali sono stati i risultati?

Francesco Scullica: "Un lavoro collettivo partito da una riflessione critica dell’esperienza turistica nei contesti alpini. Abbiamo invitato gli studenti a operare in un’ottica custom made nel contesto del contract.

Ne sono usciti progetti che includono elementi valoriali, umani, culturali. Non solo spazi dove alloggiare come turisti ma luoghi di relazione, in cui vivere in modo integrale un tempo che non è semplicemente di svago, ma di vita. Stiamo infatti osservando un grande cambiamento nel concetto di architettura hospitality: l’ibridazione dei concetti di abitare e viaggiare. L’albergo è sempre più ‘casa’, uno spazio che accoglie chi è di passaggio ma vuole sostare, capire il territorio e aprirsi alle innumerevoli possibilità che un luogo può dare.

Un altro interessante progetto condotto con gli studenti è stato realizzato per la Sustainable Hospitality Challenge dagli studenti Rosanna Caldarella, Giulia Ettori, Davide Grasso, Elisa Schembri con il tutoraggio di Elena Elgani.

Hòstraka è un resort galleggiante, un insieme di piccole suite-imbarcazioni che facilitano l’esperienza diretta dell’ambiente naturale e dell’ecosistema marino mentre si partecipa alla raccolta delle micro-plastiche. Anche qui è evidente come l’appropriarsi dei temi anche più sensibili e urgenti del luogo sia uno degli aspetti più importanti di un’architettura che progetta un nuovo tipo di esperienza turistica".

Immagine di copertina: Lo storico Park Hotel Franceschi a Cortina d’Ampezzo ha intrapreso un progetto di rinnovamento sotto la guida dello studio
di architettura e interior design NOA in previsione delle Olimpiadi del 2026.