Le relazioni sociali, soprattutto quelle professionali, stanno cambiando radicalmente: ne abbiamo parlato con 4 futurologi

Fra trasformazioni etiche ed estetiche, tecnologie sempre più pervasive e minacce ambientali, chiediamo a quattro esperti qual è il futuro della nostra relazione sociale, soprattutto negli spazi del lavoro.

Ne parliamo con la ricercatrice di tendenze Oona Horx Strathern, il filosofo della tecnologia Cosimo Accoto, il progettista di ambienti virtuali estremi Alfredo Munoz e Ben van Berkel, architetto di complessi internazionali di grandi dimensioni

Alfredo Munoz, la vita su Marte come modello per la Terra

La crescita della popolazione – quasi 10 miliardi di persone entro la metà del secolo –, condizioni climatiche estreme e rapidi cambiamenti sociali dovuti alla tecnologia saranno all’origine, per molti, di una incapacità di adattamento, creando un’intensa pressione sulle società del prossimo futuro.

L’architetto spagnolo Alfredo Munoz fonda lo studio Abiboo per esplorare, attraverso la “realtà mista” e la blockchain, come la società potrebbe gestire queste sfide negli insediamenti extra-mondo.

Onteco Mars di Aboboo è il primo metaverso di realtà virtuale su Marte. Tale simulazione attraverso gemelli digitali in possibili ambienti estremi permette di testare nuovi modelli politici ed economici che potrebbero funzionare anche sulla Terra.

“Per sopravvivere in una condizione estrema”, spiega Munoz, “dobbiamo trascendere l’individualismo e gli interessi personali, prendendoci cura gli uni degli altri. Sebbene il rischio di implosione della nostra società sia reale, il fallimento passato della teoria malthusiana dimostra che l’ingegno e la collaborazione umana possono superare i limiti percepiti. Dobbiamo cambiare il nostro stile di vita per adattarci all’ambiente, anziché viceversa.

E le stesse condizioni estreme che ci minacciano potrebbero essere i catalizzatori che ci ispirano a crescere e innovare. Lavorare su Onteco ha richiesto la collaborazione con espertiglobali di deep-tech, sociologia, blockchain, biologia e industria spaziale: una fusione di idee e competenze che ha sbloccato innovazioni inaspettate e insegnamenti concreti, quali l’uso del terreno nella produzione di cibo che qui, grazie alle tecnologie idroponiche, viene coltivato in 100 metri quadri a persona.

Una lezione che, sulla Terra, potrebbe liberare una grande quantità di territorio, mitigare le emissioni di CO2 e migliorare le tecnologie agricole”.

In una dimensione sempre più digitale, come si evolveranno le attività e le interazioni quotidiane? 

“Prevedo un futuro in cui la ‘impollinazione incrociatadi idee e competenze verrà sfruttata attraverso l’intelligenza artificiale e in cui la ‘realtà mista’ aggiungerà nuove dimensioni agli ambienti di lavoro.

In Abiboo stiamo sviluppando una soluzione PropTech (PropAlchemy), che consenta ai proprietari immobiliari di visualizzare e gestire i propri beni in tempo reale attraverso simulazioni virtuali, portando il mondo fisico nel ‘gemello digitale’.

Nel luogo di lavoro, credo diventeranno più comuni gli incontri a distanza con avatar digitali basati sull’intelligenza artificiale che interagiscono con persone reali. In sintesi, l’integrazione di ambienti e tecnologie virtuali offrirà immense possibilità, sfidandoci a preservare le connessioni umane essenziali”.

Ben van Berkel, progettare secondo il gradiente di attività

UNStudio opera in trenta paesi attraverso i suoi sei uffici nel mondo e il think tank interno sull’innovazione (UNSx). La loro progettazione architettonica mette in atto tassonomie di relazione che riflettono i cambiamenti sociali e tecnologici in essere.

Ne sono esempio gli uffici Fellenoord 15 o Booking.com, che hanno espresso una risignificazione del luogo di lavoro ben prima della nuove esigenze post-pandemia.

“Nonostante lo spostamento verso il lavoro a distanza”, spiega il fondatore Ben van Berkel, “gli uffici fisici continuano a fungere da hub per la collaborazione, l’innovazione e il team building. Servono anche come luoghi per workshop ed eventi fuori orario, esprimendo la necessità di servizi e funzioni non legati al lavoro che migliorino la qualità della vita (palestre, bar, asili nido)”.

“La progettazione si concentra sempre più sulla realizzazione di spazi che intrecciano lavoro, vita e svago, con un’ampia varietà di ambienti organizzati integralmente e collegati”, continua van Berkel.

“In essi è determinante creareun senso del luogo’, attraverso un’identità fisica, culturale e sociale che definisca quel particolare edificio. Placemaking significa indurre un attaccamento emotivo profondo, che dia agli utenti una ragione per essere e restare lì.

Significa luoghi resilienti, accessibili, dinamici e inclusivi a lungo termine. Una tattica è rendere l’edificio disponibile fuori orario per eventi della comunità locale, abbattendo la barriera psicologica sulla sua inaccessibilità. Ma implica anche insediamenti a uso misto, dove uffici, appartamenti, negozi, ristorazione e strutture ricreative sono tutti ospitati nello stesso complesso”.

Un concetto espresso negli uffici di Fellenoord 15 è il “gradiente di attività”.

“Occorre progettare la programmazione dell’edificio in base all’intensità e al tipo di utilizzo. Nel caso di Fellenoord 15 ciò ha comportato che il ristorante, dove la maggior parte delle persone si riunisce e socializza, è stato collocato nella parte centrale degli interni, mentre lungo le facciate su tutti i piani sono state create postazioni di lavoro tranquille.

Il percorso dei piani è inoltre costellato di piccoli spazi di sosta, per incontri su piccola scala e riunioni informali.

In ogni caso, la crescente dimensione ibrida nelle relazioni lavorative impone la progettazione di ‘terzi spazi’, ovvero facilmente adattabili a team e scopi diversi, multifunzionali e, poiché il lavoro diventa sempre più digitale, innestati di infrastrutture tecnologiche avanzate”.

Oona Horx Strathern, l’economia della gentilezza

L’economia della gentilezza è, secondo la futurologa e ricercatrice di tendenze, una nuova e potente forza per il cambiamento nel mondo degli affari e un’attitudine che migliorerà non solo il modo in cui lavoriamo, ma anche quello in cui viviamo e ci relazioniamo con gli altri.

Autrice del volume appena uscito, The Kindness Economy, Horx Strathern spiega: “Economia della gentilezza significa dare una svolta al modo tradizionale di fare affari. Invece di puntare innanzitutto al profitto, potremmo pensare prima all’impatto e agli effetti del nostro agire sulle persone, poi all’ambiente e infine al profitto.

Si tratta di creare valore con nuovi valori: come trattare meglio i nostri collaboratori e i nostri clienti e pensare ai possibili effetti di un prodotto o di un servizio sull’ambiente”.

Nel mondo del lavoro assistiamo a un cambiamento: “Si denunciano i cattivi capi e si rivelano condizioni inaccettabili. I più giovani parlano di ‘abbandono silenzioso’, mentre noi affrontiamo le dimissioni senza alternative.

L’economia della gentilezza si propone di creare condizioni migliori con più obiettivi e spazi migliori in cui trascorrere la nostra vita professionale. Quattro elementi (le quattro C) vi concorrono: connessioni, ovvero reti di persone; comfort, cioè spazi di lavoro meglio progettati e più ecologici; comunicazione e, per esteso, aree di incontro; assistenza (care) come supporto nella vita-lavoro”.

A ispirare il cambiamento sono “la tendenza verso una maggiore consapevolezza e azione ecologica, ma anche i problemi connessi a una società con una diffusa solitudine e con una popolazione che invecchia. L’economia della gentilezza può offrire al management aziendale la strada verso un profittopiù sano’ che affronti le urgenti sfide ambientali e sociali.

Nel campo della tecnologia vediamo una controtendenza alla digitalizzazione che riafferma l’importanza di tutto ciò che è analogico (l’uomo e la natura, per esempio). Ciò significa affrontare anche l’impatto della tecnologia sulla nostra società e sul nostro ambiente”.

Cosimo Accoto, quando l’AI rivela nuovi spazi

Filosofo della tecnologia, professore aggiunto all’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, ricercatore affiliato e fellow al MIT (Boston), Accoto è cresciuto nell’industria dei dati analizzando gli impatti culturali e strategici delle ondate tecnologiche in divenire.

“Le rivoluzioni tecnologiche”, spiega, “terremotano le vigenti condizioni d’esistenza e d’esperienza del mondo aprendo a nuovi scenari di vita, lavoro e di organizzazione sociale. Con opportunità e criticità.

Sono innovazioni non più solo tecnologiche ma anche istituzionali, perché producono cambiamenti strutturali nel business.

Il senso e la forma dell’impresa tradizionale vivono una morfosi profonda con dati, programmi, algoritmi e protocolli. Nascono ecosistemi di co-creazione di valore e servizi innovativi abilitati da intelligenza artificiale, realtà virtuale e aumentata, oggetti intelligenti e gemelli digitali, reti decentralizzate.

Avremo bisogno di nuove competenze, mindset e leadership. Abbandoniamo l’idea che l’AI sia solo un insieme di tecniche e comprendiamo che siamo noi a darle capacità e a gestirne i rischi.

Con l’AI abbiamo a che fare soprattutto con ‘provocazioni intellettuali’ alla nostra idea di umano (che vuole essere al centro), di scrittura (che può essere solo umana), di immagine (che deve avere una referenza reale).

Con l’AI generativa, questi vecchi modelli saltano. E dobbiamo produrre nuova cultura e significati oltre il pregiudizio”. Parlando di dimensione ibrida tra fisica e digitale, Accoto afferma: “Il rapporto tra spazio e codice è di natura generativa, non distruttiva. Il codice software, infatti, disegna e decide la natura ultima dello spazio, non lo annulla né lo rende superfluo.

Per esempio, se il software delle casse di un negozio non funziona, quello stesso spazio perde la sua funzione e da supermercato diventa magazzino. Dunque, il digitale non distrugge la spazialità, ma la riconfigura funzionalmente ed esperienzialmente. In prospettiva, col passaggio dai pixel ai voxel (internet volumetrica, metaverso) nasceranno sorprendenti geografie e geometrie”.