Da questi presupposti, il rifugio nel quale ritemprare corpo e spirito ha assunto la forma monolitica di un volume in cemento che appare come sospeso sugli specchi d’acqua che lo avvolgono su tre lati lungo il perimetro esterno, in rapporto ai quali l’edificio si smaterializza con vetrate a tutt’altezza.
“La chiave del progetto è stata proprio quella di configurare una struttura che non separasse interno ed esterno, restituendola come parte integrante del giardino”, spiegano gli architetti, che hanno tratto ispirazione nel concept da due capisaldi della cultura architettonica: il ricordo delle spa orientali, veri e propri templi del wellbeing, ma anche il modernismo evergreen del Padiglione di Mies van der Rohe a Barcellona.
L’eterea costruzione, equilibrata e armoniosa nel dialogo con il contesto, viene valorizzata dalle peculiarità di un piano di copertura che è stato pensato “come l’ala di un aeroplano, a definire un confine privo di pilastri”, raccontano.