Dal 9 febbrario, a Torino, oltre 250 immagini, video Super 8 e oggetti personali della fotografa americana pioniera della Street Photography, scoperta per caso da un appassionato e lanciata su Flickr dopo la sua morte

La vita misteriosa di Vivian Maier e la riscoperta della sua opera hanno provocato a suo tempo enorme interesse tra addetti ai lavori e media. Le scene oggetto delle sue narrazioni fotografiche sono aneddoti, coincidenze, sviste della realtà, momenti della vita sociale a cui nessuno presta attenzione. Ogni suo scatto avviene nel luogo in cui l’ordinario fallisce, il reale scivola via e diventa straordinario. Quando muore nel 2009, la fotografa americana lascia uno straordinario archivio di circa 150 mila immagini tra negativi, diapositive, stampe e rullini da sviluppare. E il fascino della sua fotografia deriva proprio dal mistero che ne avvolge la vita sia il lavoro.

Nata a New York nel 1926 da madre francese e padre austriaco, trascorre gran parte della giovinezza in Francia, dove inizia a scattare le prime fotografie con una Kodak Brownie. Nel 1951 torna negli Stati Uniti e inizia a lavorare come bambinaia. Fotografa per vocazione, non esce mai di casa senza la macchina fotografica al collo e scatta con la sua Rolleiflex accumulando una quantità di rullini tanto numerosa da non riuscire a svilupparli tutti. Tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del nuovo Millennio, cercando di sopravvivere, senza fissa dimora e in difficoltà economiche, vede i suoi negativi andare all’asta a causa di un mancato pagamento alla compagnia dove li aveva immagazzinati. Parte del materiale viene acquistato nel 2007 da John Maloof, un agente immobiliare che, affascinato da questa misteriosa fotografa, inizia a cercare i suoi lavori dando vita a un archivio di oltre 120 mila negativi.

Fin dal titolo, Inedita, la mostra che arriva in Italia dopo una prima tappa al Musée du Luxembourg di Parigi, racconta scorci sconosciuti o poco noti della vicenda umana e artistica di Vivian Maier, approfondendo nuovi capitoli o proponendo lavori inediti, come la serie di scatti realizzati durante il suo viaggio in Italia nell’estate del 1959. La mostra (dal 9 febbraio al 26 giugno 2022 presso i Musei Reali di Torino, catalogo Skira), curata da Anne Morin, presenta oltre 250 fotografie, tra cui una serie a colori. A queste si aggiungono 10 filmati in formato Super 8, due audio con la sua voce e oggetti che le sono appartenuti come le sue macchine fotografiche Rolleiflex e Leica.

Una sezione è dedicata ai ritratti “rubati” lungo le strade di New York e Chicago. La Maier sceglie i quartieri proletari delle città in cui vive, popolati da uomini, donne, bambini anonimi che davanti al suo obiettivo diventano improvvisamente protagonisti. Mentre percorre la città talora si sofferma su un volto e spesso questo volto le assomiglia, è quello di persone che vivono ai margini del mondo e raccontano povertà, lavori estenuanti, miseria e destini oscuri. Oltre ai ritratti, si concentra sui gesti che spesso tradiscono pensieri, intenzioni rivelando la loro autentica identità. Le mani sono spesso protagoniste perché raccontano, inconsapevolmente, la vita dei soggetti ripresi.

Agli inizi degli anni Sessanta inizia a sperimentare il movimento, creando sequenze cinetiche, cercando di fondere il linguaggio cinematografico con quello fotografico, dando vita a vere e proprie sequenze filmiche. Inizia così a muoversi con una cinepresa Super 8, documentando tutto quello che passa davanti ai suoi occhi, in modo frontale, senza artifici né montaggi.

Un importante sezione della mostra raccoglie le fotografie a colori. Se i lavori in bianco e nero sono profondamente silenziosi, quelli a colori si presentano come uno spazio ricco di sonorità, un luogo dove bisogna sentire per vedere: un concetto musicale riecheggia nello spazio urbano, come il blues per le strade di Chicago e dei quartieri popolari.

Non poteva mancare una sezione dedicata al mondo dell'infanzia che ha accompagnato Maier per tutta la vita. La sua vicinanza ai bambini per così tanti anni, la pone in grado di vedere il mondo con una capacità unica. Come governante e bambinaia per quasi quarant'anni, ha preso parte alla vita dei bambini a lei affidati, documentando volti, emozioni, espressioni, smorfie, sguardi, giochi e fantasia.