La sesta edizione della Biennale di Architettura di Tallinn (7 settembre - 20 novembre 2022) apre le porte in più sedi nel cuore della capitale estone. Per un racconto in anteprima - e a distanza - qui trovate la nostra intervista alle curatrici Lydia Kallipoliti e Areti Markopoulou

Il tema della 6a edizione di TAB 2022, Edible; Or, The Architecture of Metabolism, ci introduce a concetti come la commestibilità e il metabolismo che forse, a un primo impatto, non è immediato collegare all’architettura. Bisogna soffermarsi qualche attimo in più ed entrare in contatto con l’obiettivo della mostra per chiarire questo legame.

TAB 2022, infatti, vuole essere un incoraggiamento rivolto ai protagonisti del mondo della progettazione ad assumere un atteggiamento proattivo verso la capacità espressiva dell'architettura di dare vita a operazioni circolari, di generare risorse - cibo ed energia - e di autodecomporsi.

Il festival internazionale, aperto agli architetti e al grande pubblico, è organizzato dall'Estonian Center for Architecture è curato da Lydia Kallipoliti e Areti Markopoulou, in collaborazione con il consulente locale Ivan Sergejev e l'assistente curatrice Sonia Sobrino Ralston.

Cinque gli eventi principali che compongono il programma ufficiale: la mostra curatoriale Edible, suddivisa a sua volta in cinque gruppi tematici, un simposio di 2 giorni con speaker provenienti dal mondo del design, delle discipline tessili fino a quello dell’economia, una mostra sulla Vision Competition che presenta una selezione di 20 partecipanti, l’installazione Fungible Non-Fungible ideata da iheartblob, ovvero il primo evento di architettura finanziato da blockchain, e una mostra delle scuole internazionali di architettura.

TAB 2022, inoltre, è accompagnata da un Programma Satellite che coinvolge l’intera città attraverso mostre, concerti ed eventi per famiglie.

L’impressione, leggendo l’approfondito programma del festival, è di essere proiettati di colpo in avanti, in un futuro non semplice da capire, riconoscere, interpretare o, anche solo, immaginare. Faccio, perciò, un passo indietro chiedendo alle curatrici:

Quando e da dove sorge la vostra idea di paragonare/trasferire il concetto del funzionamento del metabolismo in natura all’architettura e alle città, di fatto prodotti non naturali?

Lydia Kallipoliti: "L’uso del concetto ‘metabolismo’ non è certo nuovo, ci sono chiari collegamenti con il movimento metabolista giapponese degli anni 50 e 60. Il nostro uso, però, è diverso, perché lo trattiamo letteralmente. Mangiando ingeriamo il pianeta e il pianeta, a sua volta, diventa il depositario delle nostre escrezioni. Questa relazione reciproca e primordiale di interdipendenza è percepita attraverso l’architettura che in molti modi fornisce il mezzo in cui avvengono il consumo e la decomposizione delle risorse, così come il riparo del corpo.

In altre parole, una comprensione e un’applicazione alternativa della materialità, secondo noi possono contribuire a reimmaginare la natura estrattiva, consumistica e contaminante dell’ambiente costruito. Se negli anni 50 il concetto di metabolismo era una metafora per pensare alla crescita degli edifici in relazione alla rapida crescita della società, le domande che ci poniamo oggi non sono legate agli esiti formali del progetti, ma al più ampio contesto geopolitico."

Nel processo classico del fare architettura si consuma una certa dose di risorse, cosa intendete, invece, per creare architettura generando risorse?

Lydia Kallipoliti: "Con il tema Edible, ci avviciniamo al cibo sia letteralmente che metaforicamente. Da un lato, attraverso il cibo esploriamo strategie architettoniche di produzione locale e di autosufficienza, come l’agricoltura urbana e le energie rinnovabili. Dall’altro analizziamo i sottoprodotti della vita urbana per esplorare percorsi alternativi che limitino la perdita di risorse.

Considerando l’architettura come cibo ed esplorando modelli per il riutilizzo di energia, riteniamo che la ricerca possa creare nuovi percorsi per la progettazione di abitazioni suggeriti dal ripristino di materiali organici e dal rimessa in circolo delle risorse. Il tema della mostra svela e ridisegna le affinità dell’ambiente costruito come prodotto  di molte forze, risultato delle tensioni tra prodotti e sottoprodotti, produzione e consumo e, infine, creazione e decomposizione."

Dall’inizio del vostro lavoro come curatrici della Biennale a oggi, come si sono evoluti il vostro pensiero e il vostro approccio alla concretizzazione della manifestazione?

Areti Markopoulou: "Fin dal principio, il nostro obiettivo per l'evento è stato quello di creare da un lato un laboratorio e, dall'altro, una libreria aperta di nuove idee e soluzioni per la progettazione, la produzione e la gestione dell’ambiente costruito. Dati i rinvii dovuti alla pandemia, abbiamo avuto due anni per sviluppare il progetto: mentre il nostro percorso procedeva, anche il mondo si è evoluto.

Il tema della mostra, all’inizio, era legato a una domanda: da dove viene il cibo? E ci ha sorpreso osservare che gli eventi globali emergenti stavano rendendo la nostra questione più rilevante che mai. Nel marzo 2021, il blocco di 6 giorni del Canale di Suez ha interrotto il trasporto globale di merci e ha creato un forte impatto sull'economia internazionale.

Nel febbraio 2022, la guerra iniziata dalla Russia contro l'Ucraina ha portato i prezzi del petrolio e del gas a raggiungere i livelli più alti in quasi un decennio. Entrambi gli eventi mettono in luce l'urgenza di una riflessione unitaria sulla fragilità dei nostri processi produttivi e distributivi, nonché sulla necessità di attuare nuove forme di localizzazione ed economie circolari.

Mentre eravamo furiose e deluse nell'osservare queste interdipendenze in tempo reale, ci stavamo allo stesso tempo convincendo sempre di più che TAB dovesse essere caratterizzata da multidisciplinarità e inclusività. Piuttosto che un evento attorno a idee focalizzate in un campo, TAB è diventata, perciò, un'arena interdisciplinare con l'obiettivo di promuovere un mondo rigenerativo offrendo al contempo aree fruibili per designer, decisori e comunità."

Giunti alla scadenza dell’evento, ci piacerebbe sapere se c’è una cosa più di altre che vi ha reso orgogliose del lavoro svolto.

Lydia Kallipoliti: "Sono principalmente orgogliosa di due cose: prima la nostra collaborazione. Areti ed io siamo entrambi di origine greca, entrambe viaggiatrici e il risultato di una diaspora. In giro per il mondo abbiamo tante abitazioni e non ci è mai capitato, prima, di incrociare le nostre strade nella stessa città.

L’incontro è avvenuto casualmente a Shenzhen, in Cina, dove siamo diventate subito amiche, alleate e partner intellettuali, grazie alla nostra etica del lavoro. Il nostro percorso comune di questi due anni mi porta al secondo motivo di orgoglio: il nostro radicato ottimismo su come affrontare le questioni preveggenti e la crisi globale interconnessa, usando l'architettura non solo come veicolo per la speculazione astratta, ma anche come luogo materiale per proteggere le comunità e riorganizzare i rapporti di potere."

Questa ultima affermazione di Lydia Kallipoliti si collega alla mia ultima domanda. Le idee progettuali (presumo davvero tante) con cui siete venute in contatto vi fanno pensare positivamente al futuro dell’architettura nel mondo?

Areti Markopoulou: "Credo fermamente che oggi abbiamo a disposizione tutti i mezzi scientifici e tecnologici per risolvere la grande crisi ambientale e sociale che stiamo affrontando. Ciò che ci manca, però, è un accordo globale, un’idea comune relativa al tipo di città che vogliamo vivere.

Chi visiterà TAB 2022 sarà sorpreso dalla straordinaria concentrazione di nuove soluzioni per il nostro ambiente costruito. Partendo dall’esame dell’origine delle risorse dell’architettura, si può ragionare su dove e come concludere il suo ciclo vitale. The Robotic Urban Farmer, per esempio, è un’installazione dell’Istituto di Architettura Avanzata della Catalogna (IAAC & MRAC) che esplora la possibilità di trasformare i rivestimenti degli edifici in frutteti verticali urbani, grazie alla convivenza tra sistemi vegetali, esseri umani e robot.

E questo è solo un esempio: il mio invito rivolto a tutti è quello di venire a Tallin nelle prossime settimane per poter entrare in contatto diretto con le proposte di futuri possibili."