In occasione della 57. Esposizione Internazionale d’Arte, il giovane pittore italiano Thomas Braida torna nella “sua” Venezia con una mostra personale, curata da Caroline Corbetta, in un allestimento concepito per le storiche stanze del cinquecentesco Palazzo Nani Bernardo.
La mostra è sostenuta da Santa Margherita, cantina dell’omonimo gruppo vinicolo di proprietà della famiglia Marzotto da sempre legata a Venezia e all’arte.
Thomas Braida (Gorizia, 1982), ha trascorso tredici anni a Venezia, dove si è diplomato all’Accademia delle Belle Arti ed era tra i giovani talenti veneziani del Padiglione Crepaccio at yoox.com alla Biennale del 2013.
Ora Thomas Braida torna a Venezia, da solo. Solo, di fronte al suo lavoro e all’ammaliante retaggio della città con una mostra personale che li mette in dialogo.
Il progetto espositivo si sviluppa nell’affascinante infilata di stanze del piano nobile di Palazzo Nani Bernardo che culminano con un affaccio mozzafiato sul Canal Grande; in questo scenario si inseriscono una cinquantina di opere di Braida, molte delle quali realizzate ad hoc.
Tra queste anche delle sculture che l’artista definisce comunque pittura.
Nel continuo rimando tra riferimenti pop e cultura “alta”, tra mitologia e storia, tra cronaca e narrazione, la ricerca di Braida spicca per uno stile originale che pur citando brani della tradizione pittorica europea, in particolare dell’iconografia Rinascimentale e Barocca, spazia tra tanti, eterogenei riferimenti.
I personaggi, spesso grotteschi, delle sue opere e la materia pastosa della sua pittura – che talvolta tracima dalla tela per trasformare oggetti d’uso quotidiano e grumi di argilla in sculture – trovano il loro posto tra settecentesche tappezzerie di seta e urne di alabastro di epoca romana, tra statuine di Meissen e tavoli di malachite. Imbevuto di storia, eppure ipercontemporaneo,
L’immaginario di Thomas s’innesta nei preziosi decori e arredi di Palazzo Nani Bernardo in un susseguirsi di contrapposizioni e di armonie, come se i suoi lavori appartenessero a quei luoghi da sempre ma, allo stesso tempo, aprissero degli imprevedibili squarci narrativi nel decadente splendore della Serenissima.