“Pistilli, corolle, petali, gambi, stigma, sepali, stami tutto rigorosamente fatto a mano. Tutto eseguito con estrema “non” precisione. Non esprimono sé stessi ma vogliono esprimere energie. Vogliono esprimere un’aria rarefatta, simmetrica, volante nel cosmo ma attonita di fronte a stupefacenti fenomeni naturali. Appartengono alla nostra fragilità. Vogliono esprimere una certa situazione dove l’osservatore perde la precisione della loro forma a favore dell’aura, della loro inconsistenza”, spiega Alessandro Guerriero, curatore della mostra. “Da vicino sono policromi e a volte anche specchianti. Alcuni gialli, neri, arancioni, oro, con superfici informali o con quadrettature geometriche o con segni puntiformi. Qualcuno di loro è un mandala…forse più di uno. Altri sembrano fatti sotto ipnosi…. Questi fiori saranno come dei puri esercizi, si svolgono sotto la nostra fissità mentale, elaborano idee circolari, sono una specie di perdita dei tempi e dei luoghi della nostra memoria, ritmica e ripetitiva. Sono un monotono atto di dedizione all’ignoto, una collezione di gesti, una collezione di pensieri di infiniti ricordi e frammenti. Tutti i nostri fiori, tutti i nostri segni, tutte le nostre pennellate saranno parte di una anonima folla di oggetti più o meno significanti. La motivazione del dipinto non sta nella sua efficienza, la sua realtà consiste tutta nella cura con cui esso viene elaborato, nella poesia che esso contiene.”