Ricordare Rosario Messina, scomparso in modo improvviso lo scorso marzo, significa non solo definire la figura umana di un vulcanico imprenditore del furniture design italiano, ma anche riflettere sulle diverse storie del design italiano e dei suoi protagonisti.

Messina, presidente di FederlegnoArredo, inventore e titolare della Flou, già presidente del Cosmit (dal 1999 al 2008), rappresenta quella figura di imprenditore che, insieme ad architetti e designer, ha reso famoso il design del mobile italiano nel mondo. Messina percorre le tappe della sua carriera partendo dalla mansione di commesso a la Rinascente di Catania,sua città d’origine, per poi salire al nord e diventare ‘brianzolo d’adozione’, lavorando prima alla Zanussi, poi alla C&B e infine, chiamato da Pierino Busnelli, alla B&B Italia come direttore delle vendite a soli trent’anni. Un self-made man partito dal sud alla conquista di un nord ‘industriale’ e infaticabile; da impiegato e abile venditore, sino a diventare, in un viaggio di crescita e formazione autodidatta, imprenditore a capo di una delle aziende leader del settore del furniture design (nel 1978 fonda la Flou) e presidente del Salone internazionale del mobile di Milano. È una di quelle storie, quella di Rosario Messina, che si potrebbero raccontare in chiave simbolica per rappresentare tante diverse storie dell’imprenditoria italiana, “capace di rischiare”, come lui affermava, ma anche capace di ‘ascoltare’. Di dialogare con i designer e gli architetti in modo diretto e sinergico, sottolineando ancora una volta quella formidabile formula di produzione industriale e di convergenza creativa e progettuale che ha fatto la fortuna del design italiano e che ancora oggi tutto il mondo ci invidia. Molte tracce, testimonianze e protagonisti, legati alle storie del design italiano, ci riconducono all’area del milanese estesa a livello produttivo alla Brianza, storica ‘culla’ della produzione del furniture design made in Italy, oggi distribuita nel mondo. Quando si parla di design in Italia in un modo o nell’altro si arriva a Milano; Andrea Branzi identifica addirittura il design milanese con “una cultura civile, l’espressione di un illuminismo laico e riformista, condiviso da una larga parte di una borghesia che si riconosceva nell’eleganza dei segni e nel rigore delle forme, ma anche nella logica dei buoni affari di impresa. La ‘differenza del design a Milano’ è proprio questa: essere altro (molto di più) di ciò che con lo stesso termine si può indicare a Roma o a Parigi. Una realtà strettamente intrecciata con una morale civile che sa distinguere con lucidità la missione culturale del progetto con la capacità dello stesso di ‘fare impresa’, senza ambiguità e senza malintesi”. A tale realtà Rosario Messina apparteneva a pieno titolo traghettando la sua origine siciliana alla realtà produttiva brianzola. Il sociologo Aldo Bonomi in un recente testo sottolinea il valore di Milano e della Lombardia non solo per il design, ma più in generale per “la ripresa che verrà”.