Tra classico e digitale, a Palazzo Cipolla di Roma va in scena l’arte innovativa e generativa di Quayola, creatore di media-art dal codice espressivo e comunicativo personale, lontano dal cliché di una tecnologia disumanizzata

Fino al 13 febbraio 2020, Palazzo Cipolla a Roma ospita la prima grande personale nella Capitale di Quayola: un viaggio immersivo nei principali temi della sua arte computazionale. Tra i più importanti esponenti della media-art a livello internazionale, Quayola ha inventato un codice espressivo personale e un linguaggio artistico/comunicativo riconoscibile, ri-masterizzando la storia dell’arte attraverso la sua visione.

Tra stilemi classici e medium futuristici

Enfatizzata dalla cornice storica del prestigioso edificio, la mostra è animata da un confronto continuo tra l’educazione classica dell’artista e l’uso dei medium visivi più futuristici. Le opere esposte, realizzate tra il 2007 e il 2021, restituiscono una panoramica del processo creativo di Quayola: passaggi temporali, futuri anticipati e passati ricostruiti.

Tre aree tematiche lontane dai cliché di una tecnologia disumanizzata

Il progetto espositivo si sviluppa in tre aree tematiche: iconografia classica, sculture non finite e tradizione della pittura di paesaggio. Utilizzando sistemi di robotica, Intelligenza Artificiale (AI) e software generativi, dipinti rinascimentali e barocco vengono trasformati in complesse composizioni digitali attraverso metodi computazionali e sculture ispirate alla tecnica michelangiolesca del non-finito vengono scolpite mediante mezzi robotici. Seguono rappresentazioni della natura, prodotto di un’arte generativa che evidenzia l’affascinante – benché paradossale – somiglianza tra il mondo naturale e quello digitale.

Linterpretazione dei medium (e del classico) secondo il codice Quayola

Dinanzi a videoproiezioni, sculture, e stampe ad altissima definizione, gli spettatori hanno la possibilità di confrontarsi con le incredibili potenzialità artistiche di questi mezzi espressivi – lontane dai cliché di una tecnologia disumanizzata – e di acquisire, inoltre, preziosi indispensabili strumenti di lettura della nostra società contemporanea. Nonostante il cambio di medium, lungo il percorso espositivo emerge il carattere comune della ricerca artistica di Quayola: una reinterpretazione del classico messo a confronto con le grandi opere dei maestri riprodotte su ‘cartelli pedagogici’, pensati non solo per facilitare la visita degli spettatori, ma anche per fare da guida nell’esplorazione e nella comprensione del codice Quayola.

Sculture robotiche e natura artificiale

Massima espressione della capacità tecnologica di Quayola, le sculture robotiche esposte nascono dal dialogo con i grandi artisti del passato, in particolare con Bernini. Un mondo computazionale visto di sovente agli antipodi del regno naturale, ma che l’artista reinterpreta mostrando come l’arte generativa sia forse il mezzo ideale per esplorare la natura. Esiste, infatti, un processo ‘organico’ parallelo nella vita naturale e quella algoritmica, enfatizzato nelle opere botaniche come Jardins d’été, una sorta di nuova forma (digitale) di Impressionismo.

Opere per comprendere il mondo (digitale) in cui viviamo

Nella nostra era digitale, l’arte di Quayola aiuta a pensare e comprendere il mondo in cui viviamo. Sviluppando opere che assumono sia una forma immateriale (come i video) che materiale (come le stampe o le sculture), l’artista evidenzia il paradosso di un’immaterialità che è di fatto una nuova forma di materialità. Il linguaggio appropriato per esprimere una visione del mondo del XXI secolo.