Dodici fotografie – stranianti e potenti – di Massimo Siragusa aprono una riflessione, quanto mai attuale, sul valore sociale dei luoghi di lavoro, intesi come spazi di relazione, creatività e formazione, non solo di produttività

Una narrazione visiva – potente – che si sviluppa a partire dall’ambiguità del titolo. Se la locuzione “posto di lavoro” indica infatti un’occupazione stabile, designa anche, in modo più letterale, il luogo fisico dove tale occupazione si svolge.

Sulla soglia tra questi due significati si poggia la selezione delle dodici fotografie di Massimo Siragusa esposte fino al 23 luglio 2021 alla Other Size Gallery di Milano. Leffetto è straniante: i luoghi di lavoro non sono solo contenitori, ma spazi in cui le dimensioni estetica e architettonica svolgono un ruolo fondamentale nella costruzione della società e dell’identità individuale.

Dal laboratorio del Teatro alla Scala agli spazi del Circolo Volta a Milano, dalle sale della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma ai padiglioni della Fiera di Rimini, dalla mensa del Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino agli hangar industriali di Fincantieri. Questi alcuni dei luoghi di lavoro esposti.

La mostra Massimo Siragusa. Posti di lavoro apre una riflessione sul tema, quanto mai attuale, del valore sociale dei luoghi di lavoro intesi come spazi di relazione, creatività, e formazione, non solo di produttività.

Nel percorso espositivo, sempre seguendo la logica del doppio e dello straniamento, le dodici opere sono presentate in sei dittici combinati per analogia o contrapposizione, rispetto alle linee e agli elementi architettonici, alle luci e ai colori, ma anche alle loro destinazioni d’uso. In una giostra di sollecitazioni visive.

Scattate tra il 2005 e il 2017, il nucleo di opere in mostra nasce da una ricognizione effettuata nell’archivio del fotografo con sguardo contemporaneo, che non ha potuto prescindere dalle riflessioni sul tema del lavoro che l’emergenza Covid-19 ha generato in questi mesi: i luoghi fotografati da Siragusa, pur essendo adibiti ad accogliere il brulichio del lavoro di decine di persone, sono caratterizzati dall’assenza della figura umana.

A prevalere è l’indagine della bellezza e delle geometrie che disegnano gli spazi e gli edifici. Eppure, il lavoro è evocato in potenza, l’impressione dell’azione di chi vive quotidianamente quei luoghi è palpabile.

L’assenza della figura umana, di chi tutti i giorni si reca sul posto di lavoro all’interno di quei luoghi, nelle immagini di Massimo Siragusa è una scelta di stile: negli occhi di chi le guarda oggi, evoca irrimediabilmente un immaginario legato all’attualità pandemica.