Con la curatela di Luca Molinari Studio, l'azienda si racconta al Pedrali Pavilion: un coinvolgente viaggio nel passato e verso il futuro che non ha niente di nostalgico o autocelebrativo

La mostra che Pedrali ha messo in scena nel suo Pavilion “Pedrali60, we design a better future”, a cura di Luca Molinari Studio, è un viaggio che fa battere il cuore agli amanti del design.

Leggi: Pedrali Pavilion 60 anni di bellezza

Qui, infatti, nella bellissima struttura appena inaugurata che porta la firma di Michele De Lucchi e AMDL Circle, si condensa una storia che è prima di tutto umana e familiare, che affonda le radici nella passione dell'artigiano Mario Pedrali per il suo lavoro e nel suo desiderio, fin dagli esordi nel 1963, di rendere partecipe la famiglia nella sua ricerca del nuovo.

 

Una storia familiare prima che industriale

Senza toni celebrativi, la mostra porta il visitatore a cogliere il senso di uno sviluppo durato più di mezzo secolo che ha coinvolto il territorio in una crescita non solo economica ma anche culturale. E che ora guarda al futuro.

Passeggiando per due elementi in legno che, al piano superiore del Pavilion, ripercorrono linearmente, decade dopo decade, i 60 anni di storia dell'azienda, si trova di tutto.

Dalle foto di Mario Pedrali con i figli Monica e Giuseppe piccoli, vestiti bene per andare in fiera, ai primi ordini battuti a macchina sulla Lettera 22; dai primissimi cataloghi disegnati alle immagini fotografiche degli anni 70; dai primi macchinari a controllo numerico ai sistemi robotizzati per la saldatura negli anni ’80 fino all’introduzione della lavorazione delle materie plastiche negli anni ’90; dagli schizzi dei designer al magazzino automatico Fili d’Erba progettato da Cino Zucchi.

Una mostra dove c'è spazio per l'approfondimento

I prodotti ci sono ma sono pochi: le sedute Snow e Frida di Odo Fioravanti, il tavolo Ypsilon disegnato da Jorge Pensi Design Studio, i progetti di CMP Design e Patrick Jouin. E, in chiusura, le collezioni Recycled Grey realizzate nel 2020 in polipropilene riciclato: 50% da scarti di materiale plastico post consumo e 50% da scarti di materiale plastico industriale.

È grazie a questa scelta curatoriale oculata che c'è spazio (e tempo) per il visitatore di approfondire la storia degli oggetti esposti: come sono nati, come sono stati sviluppati, quali sono state le sfide e come sono state affrontate.

C'è la dima di legno che è servita per dare a Frida le sue caratteristiche curve, c'è lo stampo della sedia Snow, ci sono i  video che mostrano cosa succede in fabbrica nelle diverse fase produttive, di stoccaggio e imballaggio, prima che i prodotti partano per le loro destinazioni finali.

Pedrali raccontata dalle persone che ci lavorano

La mostra, che parte decisamente low tech (c'è la bicletta con il carretto che serviva per trasportare i materiali agli esordi e l'incudine per lavorare il metallo), si anima progressivamente di tecnologia: stampi, video che illustrano le fasi della produzione, robot. E anche una serie di interviste video che, attraverso le parole della famiglia e del management ma anche di architetti e progettisti, interpretano ogni aspetto della community Pedrali.

Il racconto della sostenibilità e lo sguardo al futuro di Pedrali

Un pannello che collega le due ali della mostra è invece dedicato all'impegno dell'azienda sulla sostenibilità. E qui, grazie a dati intelligentemente riportati (nel senso che indicano anche lo scarto di miglioramento in tema di impatto ambientale dal passato al presente, spiegando che questo è un processo e non un punto di arrivo), il visitatore ha modo di cogliere la complessità che la transizione ecologica significa per un'azienda.

Lo spazio dato ai premi

C'è anche spazio per i premi, ovviamente. Il XXII Compasso d’Oro ADI per Frida di Odo Fioravanti e poi quello di "Imprenditore Olivettiano dell'anno" conferito nel 2017 a Mario Pedrali, ottenuto per avere saputo "effettuare nel tempo gli investimenti necessari in maniera onesta, attenta e lungimirante, abbinando l’incremento quantitativo ad una crescita in termini qualitativi dell’azienda, dei suoi collaboratori e della comunità di riferimento".

Ma niente, in questa mostra, ha il carattere dell'autocelebrazione fine a se stessa. Il che la rende decisamente fruibile e interessante per un pubblico allargato: di appassionati di design ma anche di storia industriale e anche di territorio.

La mostra “Pedrali60, we design a better future” è aperta al pubblico su prenotazione, i dettagli qui.