Si apre oggi al pubblico il secondo piano del nuovo Museo di Reggio Emilia riprogettato da Italo Rota, dove conservare è innovare in chiave sostenibile, inclusiva e partecipativa

“Più nuovo, più grande, più museo”: così si presenta oggi al pubblico il museo nel Palazzo dei Musei di Reggio Emilia riprogettato da Italo Rota. Con la potenza narrativa di un concept progettuale impresso e focalizzato ora al secondo piano dell'edificio ottocentesco, dove, conclusi i lavori, si snoda un percorso cronologico che va dalla Preistoria e Protostoria al Novecento, contemplando tra le preziosità la rarità testimoniale della Venere di Chiozza o l’Ascia dell'età del rame.

Così chi entra in via Spallanzani, tre piani di sviluppo complessivi e un grande scalone monumentale, non incontra oggi “solo” quattro secoli di collezioni storiche, un migliaio di oggetti esposti, la nuova mostra permanente dedicata alle fotografie contemporanee del maestro reggiano Luigi Ghirri, animazioni video e videomontaggi, ma la traduzione compiuta della visione di un nuovo museo: l'invito a immergersi in un grande Archivio dei Beni Comuni, secondo l’accezione di Claire Bishop, in cui nulla si perde e tutto riacquista significato nella prospettiva del nostro tempo, con uno stimolo al confronto.

“Dopo i primi ragionamenti si decise, con la municipalità, di non costruire un nuovo museo, ma di distribuire in 10 anni il budget di una nuova costruzione, offrendolo a una nuova sperimentazione e questa è stata un’idea molto originale: non creare un ennesimo contenitore che forse avrebbe fatto presto a riempirsi, ma lavorare sull’esistente, all'idea di un museo radicale partecipato non solo con i conservatori ma anche con i cittadini”, dichiara Italo Rota.

È diventato un modo per ottimizzare un patrimonio e rendere circolare e sostenibile un progetto che ha prodotto un modello già riconosciuto tra i più interessanti a livello internazionale, perché  lavora con e per la comunità. “Parlare di sostenibilità significa parlare di una nuova estetica”, continua Rota. “Tutto ciò che noi facciamo appartiene ad una prospettiva di reinvenzione, di riuso, di rimessa in circolo. Così come parliamo di economia circolare, possiamo parlare di conoscenza circolare. Un’idea vicina al concetto di Mutazione, forse la qualità maggiormente necessaria all’architettura attuale, se la mutazione è la caratteristica che consentirà di rispondere a una realtà fatta di cambiamenti, come, per restare nell’attualità, il Coronavirus”.

Un recente esperimento, durante la pandemia, è stato, per esempio, di portare la scuola dentro il museo: cinque classi delle primarie hanno lavorato direttamente con i materiali storici in una sorta di laboratorio live. Il contenitore spaziale ricorda una sorta di tunnel del tempo in movimento collegato da un sistema di risalite, le pareti foderate da speciali carte da parati, che cambiano nuance di epoca in epoca in dialogo con le opere esposte, le boiserie che includono oggetti e video, le pennellate di luci policrome.

Ciascuna sezione è stata oggetto di un montaggio filmico di frame spazio-temporali che accolgono cambiamenti di registro declinati in una miscellanea di forme, materiali e colori. Del percorso espositivo fanno parte anche gli uffici trasparenti, con grandi vetrate-quadro attraverso le quali si possono vedere i conservatori del museo al lavoro. Rappresentano un arricchimento del fare esperienza museale di conoscenza in un'ottica di serendipity. Senza dimenticare che presto verrà completato il terzo piano del museo, più specificatamente riservato alla sperimentazione.