Effetto dei grandi investimenti in cultura che l’Arabia Saudita ha messo in campo negli ultimi anni, Noor Riyadh è il festival della luce che anche quest’anno ha trasformato la capitale saudita in una galleria d'arte a cielo aperto

Sabbia, deserti, montagne di arenaria e oasi, altopiani rigogliosi e floride piantagioni si alternano senza soluzione di continuità nel territorio racchiuso tra il Mar Rosso e il Golfo Persico che corrisponde all’Arabia Saudita, dove correva l’antica via dell’incenso.

A metà strada tra la costa occidentale marcata dalle città di Jeddah, Mecca e Medina, e quella orientale dove affacciano, proprio di fronte al Bahrain e al Qatar, Dammam, Dhahram e Al-Khobar, si trova la capitaleRiyadh.

L’intera penisola è attraversata da profondi cambiamenti sociali: si rimane rapiti dalle tipiche kefiah indossate dagli uomini e dalle abaya tradizionali nere che portano le donne lasciando scoperta solo la fascia degli occhi, ma, al tempo stesso, oggi s’incontrano ragazze senza velo alla guida della propria auto – diritto conquistato cinque anni fa –, a testimonianza del cambiamento intrapreso dal Paese sotto la guida di Mohammed bin Salman.

Il fermento culturale che attraversa il Paese

A questi piccoli ma fondamentali cambiamenti, corrisponde un grande fermento culturale che si traduce in iniziative artistiche di alto profilo.

Negli ultimi anni, il Governo saudita si è mobilitato per immaginare l’economia nell’era post-petrolio guidata dal piano strategico Vision 2030, studiato per ridurre la dipendenza dell'Arabia Saudita dal petrolio, diversificare l'economia e sviluppare i settori dei servizi pubblici come la sanità, l'istruzione, le infrastrutture, la cultura, le attività ricreative e il turismo.

Noor Riyadh

In questo quadro, si collocano la quinta edizione del festival Tanween, che si è appena conclusa a Dammam, all’interno del King Abdulaziz Center for World Culture (Ithra), un edificio notevole completato nel 2018 dallo studio norvegese Snøhetta, e la seconda edizione del festival della luce Noor Riyadh che si è aperto il 3 novembre e proseguirà fino al 19 di questo mese, portando nella capitale saudita grandiose installazioni luminose con l'obiettivo di coinvolgere e coltivare i talenti locali, e di riunire un pubblico composto dai 7 milioni di residenti di Riyadh, tra famiglie, creativi, professionisti e studenti, e visitatori provenienti da tutto il mondo.

Noor Riyadh si svolge in seno a Riyadh Art, un’iniziativa di respiro ancora più ampio volta a costellare le strade, le piazze e i quartieri della città con installazioni immersive site-specific, opere d'arte pubbliche monumentali, sculture effimere, performance musicali e realtà virtuali prodotte da artisti locali e internazionali.

Luce e sogno come idea di futuro

Il tema di quest’anno è We Dream of New Horizons (Sogniamo nuovi orizzonti), che esplora la dimensione della luce sia nella sua componente tecnica e funzionale sia in quella simbolica. La luce è infatti emblema di positività e di speranza, rappresenta il rinnovamento, la trasformazione e la fiducia in un futuro più luminoso.

Il festival è curato dal francese Hervé Mikaeloff, consulente e curatore per il gruppo LVMH. Mikaeloff è affiancato dalle co-curatotrici Dorothy Di Stefano, conosciuta nel mondo della curatela di arte immersiva e interattiva, e dalla saudita Jumana Ghouth, che si occupa della Athr Gallery, una delle principali piattaforme per l’arte contemporanea dell'Arabia Saudita.

Dai droni alle installazioni interattive

Sono 190 le opere realizzate che hanno coinvolto oltre 130 artisti locali e internazionali, tra affermati ed emergenti, in rappresentanza di 40 nazionalità.

Tra questi, c'è Marc Brickman, lighting e production designer di fama mondiale, che nel corso della sua carriera ha collaborato con decine di musicisti, tra cui Bruce Springsteen, i Pink Floyd e Paul McCartney, per animare i loro concerti dal vivo attraverso luci e schermi. A Riyadh, ha portato quest’anno una performance ultratecnologica che ha suggellato la cerimonia di apertura del festival facendo alzare in volo 2000 droni dotati di led multicolore, che hanno dato vita a forme roboanti nel cielo.

Tra le installazioni commissionate ad artisti sauditi, spicca il lavoro di Muhannad Shono, artista visivo saudita, classe 1977, diplomato in Architettura alla King Fahd University of Petroleum and Minerals, che ha creato un’installazione immersiva fatta di luci, fili e suoni trasformando un intero edificio di un quartiere popolare di Riyadh.

Tra gli artisti internazionali, invece, si contano firme importanti come l’artista berlinese Alicja Kwade, il francese Daniel Buren, il pluripremiato artista digitale Refik Anadol e l’olandese Daan Roosegaard, che ha portato a Riyadh Waterlicht, un’installazione virtuale che ricrea un paesaggio onirico per riflettere sulla potenza e la poesia dell’acqua.

Tra gli italiani, il duo Quiet Ensemble ha presentato l'opera Vertical Horizon: un’installazione interattiva in cui l’ambiente è il vero creatore dell’opera. Grazie a un sistema di telecamere e microfono disposti su una coppia di schermi, gli stimoli sensoriali raccolti nell’ambiente circostante in maniera simultanea a Riyadh e a Roma, vengono tradotti in tonalità digitali e colori che riproducono sugli schermi una vivace cromia in movimento.

Monumentali anche le installazioni site-specific di Johanna Grawunder, una grande sfera rosso scuro posizionata di fronte alla Fahd National Library e l’opera Light Horizon di Sabine Marcelis che, collocata nello splendido Wadi Namar, si compone di 11 pilastri sfalsati che, di giorno, proiettano una miriade di riflessi di colore sulle superfici riflettenti quando il sole li colpisce mentre, di notte, si trasformano in linee di luminose che fanno filtrare la luce colorata sull'ambiente circostante.