C’è una sottile ironia che accompagna questa piccola selezione di appuntamenti lungo la penisola.
Ne è esponente di prim’ordine Ettore Sottsass che si racconta a Milano attraverso le sue parole. Spesso in compagnia di disegni e progetti, oppure pubblicate su fanzine e riviste, scritte per convegni e conferenze o anche nei suoi diari personali, quelle parole compongono un ritratto dell’uomo Sottsass e del suo personalissimo sguardo sul mondo.
Bettina Buck poi si muove sempre tra il serio e il faceto nel suo fare arte performativo e scultoreo in un’esposizione molto interessante a Bologna (affrettatevi: chiude il 19 febbraio!).
Arici, grande fotografo celebrato in una bella retrospettiva a Venezia, ha fatto poi della sua ironia il motore di tante serie fotografiche (senza eliminare però il suo impegno sociale).
Sub a Termoli parla di arte italiana ma realizzata da artisti nati in sud America o in Asia che hanno trascorso lungo tempo nella penisola. Perché sub? Perché è una dimensione sotterranea, che ha però scosso telluricamente il nostro territorio.
Infine, l’architettura industriale del Rinascimento veneto fa mostra di sé al Palladio museo di Vicenza. Potete immaginarvi il territorio di Vicenza e Treviso come la Silicon Valley del 500?
Perché vederle: cinque sguardi curatoriali diversi raccontano il mondo da prospettive se non inedite certamente non mainstream.
Ettore Sottsass. La Parola, Triennale, Milano, fino al 2 aprile
Sarà una zuppa di lenticchie il prossimo ansiolitico? Ettore Sottsass ci scherza sopra e la sceglie come tranquillante per il nuovo millennio.
Era il 1999 quando realizzava questo disegno pronto a segnare il passaggio agli anni 2000 e ora fa bella mostra di sé in questa esposizione dedicata alle parole dell’architetto. O meglio, all’uso della parola nei suoi lavori.
È una parola artistica e creativa, sa alterare oggetti, spesso disegnati accanto alla parte scritta, sa creare nuovi mondi, spiega progetti, sogni e visioni, oppure commenta il reale.
È una parola magica in qualche modo perché si intreccia con il disegno, per divenire parte integrante di tutta la sua produzione, uscendo anche dall’ambito strettamente architettonico: ci sono le conferenze, gli articoli, i manifesti, le fanzine, i suoi diari personali, elenchi, racconti, confessioni, anche.
Che c’entra con il progettare? Quasi sempre ne è parte integrante in una grafia immediata, sempre leggibile e in stampatello. Parlare chiaro sembra proprio l’obiettivo primario del suo scrivere. Che è un riflettere a voce alta.
Così in mostra c’è lui, l’uomo. Come ha dichiarato Marco Sammicheli, direttore del museo del Design Italiano di Triennale, «È un ponte tra la grammatica visiva e quella poetica, una fonte di conoscenza accidentale per infondere dubbio, per immaginare, per scoprire, completare e soprattutto per continuare a cercare».
A chi piacerà: a poeti e creativi, agli storici dell’architettura, a chi cerca parole esatte per raccontarsi.
Informazioni utili: Triennale, viale Alemagna 6, Milano, aperta da martedì a domenica in orario 11 - 20.
Acqua, terra fuoco. Architettura industriale nel veneto del Rinascimento, Palladio Museum, Vicenza, fino al 12 marzo.
Era il 1500 e città come Schio, Valdagno, Arzignano erano già centri produttivi di eccellenza che posizionavano, insieme ad altre località, il Veneto di terraferma ai vertici dell’innovazione tecnologica e della produttività europee.
Era, quel territorio tra Vicenza e Treviso, una specie di Silicon Valley che aveva trasformato le campagne in efficientissime manifatture senza rivali nel mondo dell’epoca, per produrre oggetti di design e moda che andavano a ruba nell’Europa del Rinascimento.
Un mondo da scoprire che ha molto a che fare con il luogo scelto per l’esposizione perché se Palladio è riuscito a realizzare le sue meraviglie è certo merito del suo genio.
Ma anche, se non soprattutto, degli effetti di quel 'miracolo economico' che nel '500 trasformò profondamente quella parte della nostra penisola.
Una mostra interessante che si snoda lungo dipinti, mappe, disegni, oggetti, modelli, libri e filmati, riportando in vita le architetture del boom industriale insieme a brevetti, invenzioni e prodotti rinascimentali.
A chi piacerà: agli appassionati di storia, a chi predilige sguardi interdisciplinari e discese in verticale (per approfondimenti inediti).
Informazioni utili: Palladio Museum, Palazzo Barbarano Contra' Porti, 11 Vicenza, visitabile da mercoledì a domenica in orario 10 - 18.
Bettina Buck, Finding Form, Sala Convegni di Banca di Bologna presso Palazzo De’ Toschi, fino al 19 febbraio
Il pubblico ha molto apprezzato questa esposizione, inaugurata nel corso di Art City Bologna, garantendo una massiccia presenza intorno alle sue opere.
In effetti è una retrospettiva interessante che in una ventina di opere racconta il fare artistico della scultrice tedesca scomparsa nel 2018.
Scultrice, sì, ma il suo lavoro è performativo, prima di tutto. Sia quando si racconta nel suo stare nello spazio per modificarlo, appunto, attraverso un’azione artistica, sia nel suo modificare lo spazio tramite la scultura.
Che è sempre una tensione verso una forma in divenire. Il non finito è infinito, qui, in continua relazione con il corpo dell’artista per mettere a punto una narrazione con grazia e ironia.
Così la vediamo camminare per la campagna inglese tirandosi dietro un pezzo di gommapiuma che assume ogni volta forme diverse in due video (Interlude e Antoher Interlude) per poi passeggiare tra le sue colonne in materiale industriale.
Sono come frammenti di un’archeologia del futuro, lungo una musica fatta di pause e contrappunti, a raccontare la sua storia artistica.
A chi piacerà: a chi cerca forme e le progetta, a chi le trova e le trasforma, a chi non fa mai a meno dell’ironia.
Informazioni utili: Palazzo De’ Toschi, piazza Minghetti 4/D, Bologna, visitabile il venerdì dalle 17 alle 20; sabato e domenica dalle 11 alle 20.
Sub. Betty Danon, Antonio Dias, Jorge Eduardo Eielson, Hsiao Chin, Tomás Maldonado, Roberto Sebastián Matta, Carmengloria Morales, Hidetoshi Nagasawa, Joaquín Roca-Rey, MACTE, Termoli, 18 febbraio - 14 maggio
Cosa si intende per 'arte italiana'? E cosa significava questa espressione nel secondo dopoguerra? Questa mostra indaga la dimensione transnazionale e il dialogo tra le neoavanguardie e le esperienze artistiche di altre geografie.
Gli artisti esposti infatti sono tutti nati in Asia o in Sud America, hanno trascorso periodi lunghi in Italia e alcuni hanno scelto poi di rimanerci. Ma dal sistema dell’arte italiano sono stati sempre tenuti ai margini.
Ecco il perché di questo titolo, sub: una dimensione sotterranea che può essere però al contempo stimolo e motore della ricerca espressiva e creativa. Che ha fatto breccia in Italia scuotendola per le sue posizioni eurocentriche.
I lavori in mostra hanno radici lontane, periferiche rispetto al mondo globalizzato, in un’espansione del territorio espressivo, quasi sempre in contrasto con le visioni dominanti.
E questa marginalità geografica che diventa centralità espressiva ha a che fare anche con il luogo della mostra e la sua collocazione sulla mappa italiana.
A chi piacerà: a chi ama guardare al di là di confini geografici e culturali.
Informazioni utili: Macte, Via Giappone – 86039 Termoli (CB). La mostra è visitabile da martedì a domenica in orario 10 - 13 e 15 - 19.
Graziano Arici. Oltre Venezia Now is the Winter of our Discontent, Fondazione Querini Stampalia, Venezia, fino al 1 maggio
L’inverno del nostro scontento è una frase del monologo del Riccardo III di Shakespeare ma è anche il titolo di un’opera di Graziano Arici che nel 2016, in occasione del 400esimo anniversario della morte di Shakespeare, ha realizzato un lavoro straniante: lo spettatore si trova davanti a uno spazio e a un tempo irriconoscibili, ma in forma di fotografia.
La tecnica è quella del ripescaggio, molto usata dal fotografo, a partire da quattro lastre, per arrivare al singolo prodotto foto.
Lo spaesamento allora pone davanti all’interrogativo se questo sia, in effetti, l’inverno del nostro scontento.
Lungo questa linea poetica si compone la mostra che indaga vari aspetti della produzione di Arici con la scelta di nove serie realizzate tra il 1979 e il 2020. Il mondo è ritratto nei suoi scatti con particolare attenzione agli ultimi, agli emarginati, ma anche all’ironia, al carnascialesco, all’introspezione.
Scatti artistici che chiedono al pubblico di entrare in sintonia con il loro autore.
Allora si scoprirà un dettaglio, piccolo, discreto, ma fondamentale perché fa da filo conduttore tra i diversi argomenti: la mano.
Come ha scritto Daniel Rouvier, curatore della mostra allestita ad Arles, nel saggio in catalogo – «Consciamente o inconsciamente, la mano scandisce le immagini, senza però essere un soggetto a sé stante, trattato come tale, ma rivestendo talvolta un’importanza primordiale, sia nella composizione sia come elemento del discorso.
Questo motivo sembra così creare un collegamento tra le serie, estremamente discreto ma che dà origine a un possibile campo di esplorazione visiva». Un piccolo ampliamento dell’esposizione francese è affidato a preziose fotografie su Venezia.
A chi piacerà: agli amanti della fotografia, a chi cerca ispirazione tra vecchie e nuove tecnologie, ai viaggiatori (che salgono anche solo a bordo dell’immaginazione).
Informazioni utili: Fondazione Querini Stampalia, santa Maria Formosa, castello 5252, Venezia, aperta da martedì a domenica in orario 10 - 18.