Cinque mostre da non perdere e perché andarle a vedere a Milano, Firenze, Reggio Emilia e Como

Il confine tra reale e immaginario non esiste. O meglio, c’è, chiaramente, ma spesso è labile, talvolta scompare o si mostra in tutta la sua ambivalenza, quasi fosse un invito a lasciare la realtà in favore del fantastico. O del fiabesco, del poetico, dell’onirico.

E queste cinque mostre raccontano cinque modi di relazionarsi con quella parte essenziale della vita di tutti e di tutti i giorni.

Lisa Ponti, figlia di Gio di cui sembra aver ereditato non solo lo sguardo sul mondo ma anche il tratto, lieve e ironico nonché giocoso, presenta il suo filo diretto con l’immaginario che traduce in disegni in formato A4, tra acquarelli, poesie, collage e illustrazioni (alla Triennale di Milano per l’ultima settimana!).

Le fanno eco Ico e Luisa Parisi, coppia formidabile che del lavoro ha fatto la propria espressione artistica in un dialogo continuo tra il serio e il faceto, tra il classico e il pop, lungo una ricerca molto personale e profonda sulle arti povere. I loro vetri e ceramiche sono esposti a Como (Pinacoteca civica) fino a fine mese.

A saltare completamente dall’altra parte del confine ed entrare a piedi uniti nel fantastico è invece Leandro Elrich, artista argentino della performance pubblica, per la prima volta in un’esposizione sistematica a Palazzo Reale di Milano. Le sue opere multimediali raccontano di riflessi impossibili, di case volanti, di facciate calamita e di un quotidiano così noto da essere assolutamente sconosciuto.

Un salto spazio - temporale ci porta poi nella Toscana di Guido Ferroni che la dipinge nel Novecento per darne un ritratto metafisico, quasi cinematografico potremmo dire oggi, tra il fiabesco e la cronaca nella prima retrospettiva a lui dedicata (Palazzo Pitti a Firenze).

Infine, la parola spetta alle fotografie di Massimiliano Camellini che racconta le trasformazioni di luoghi laici in luoghi di culto. Sacro e profano convivono, così come il passato e il presente di spazi spesso legati al mondo del lavoro, trasformati poi in sale di preghiere per diverse religioni.

Un dettaglio per il tutto, quello delle trasformazioni urbane necessarie quanto inarrestabili, come l’integrazione, il dialogo e la possibilità di esprimere la propria identità (Binario 49 a Reggio Emilia).

Perché vederle: il filo conduttore di queste mostre è il rapporto con il fantastico spesso così importante da coinvolgere il pubblico nella ricerca di risposte personali o legate alle opere esposte.

Sovvertire le abitudini, ribaltare le convenzioni e cercare strade alternative al progettare fanno sì che il design cambi forma, per raggiungere l’inconsueto. Ecco perché andarle a vedere: sono un viaggio nell’insolito.

Lisa Ponti. Disegni e voci, Triennale Milano, fino al 7 maggio

Il tratto sottile e poetico dei disegni di Lisa Ponti richiama le parole. Sussurrate magari, oppure dette con voce tranquilla, a pronunciare pensieri intimi, leggeri e profondi insieme. E infatti spesso le parole accompagnano i suoi disegni, tutti rigorosamente su fogli A4, per dar loro voce, o forse è l’inverso: sono i disegni a dar corpo i pensieri. In ogni caso, atterra, come diceva la stessa autrice, tutto sullo stesso formato.

Un tentativo di ordine, di razionalità forse, sicuramente una scelta espressiva: «È un bene usare un foglio sempre uguale», diceva Lisa Ponti, «così il disegno sa dove atterrare». Perché è in quelle misure che avviene la magia.

Sempre nelle sue parole: «Dentro lo standard il minimo riduce l’immenso a distanza tra i segni». In mostra sono circa 70 le opere tra disegni e acquarelli, tutti tra la dimensione favolistica, quella onirica e quella ironica, magari affiancati da qualche poesia e alcuni collage, tutti dell’artista milanese.

Mentre la professione di critica sulle riviste Stile e Domus accompagna il visitatore: i suoi scritti sono letti dell’attrice Ginestra Paladino e diffusi nello spazio espositivo. Un’immersione nel fantastico di Lisa Ponti, l’autrice che ha abitato per oltre 80 anni nella casa di via Randaccio disegnata per la famiglia dal padre Gio.

A chi piacerà: ai poeti e agli illustratori, a chi ama le decorazioni di Gio Ponti.

Informazioni utili: Triennale, viale Alemagna 6, Milano aperta da martedì a domenica in orario 11 - 20.

Universo Parisi. I vasi e le ceramiche di Ico e Luisa, Pinacoteca Civica di Como, fino al 28 maggio

Sono gli ultimi giorni disponibili per vedere questa mostra dedicata all’universo creativo di Ico e Luisa Parisi allestita nelle sale della Pinacoteca civica di Como con la curatela di Roberta Lietti.

E la mostra merita attenzione perché, attraverso un centinaio di opere dei due coniugi artisti, racconta la loro ricerca sulle arti minori, sull’artigianato locale, sul vetro, la ceramica e gli arredi. Nascono così, già a metà anni ’60, i primi progetti di vasi in vetro muranese, di forma elementare ed essenziale, realizzati da Barovier&Toso.

In mostra, il primo vetro disegnato da Parisi nel 1956 e rielaborato negli anni ‘70: un alto vaso da terra a forma cilindrica, retto da una base in acciaio spazzolato. Ci sono poi i “cachepot Luisa”, una serie di secchielli in vetro trasparente blu, verde, bianco giocati sul rapporto tra diametro e altezza e i “vetri crudeli”, piccole opere d’arte basate sul contrasto dei materiali, di cui fa parte l’iperrealista “polentina” in pasta di vetro gialla, con tanto di forchetta inclusa.

L’incontro con Pompeo Pianezzola segna l’epoca della ceramica prodotta da Zanolli&Sebellin, per cui il duo creativo disegna una serie di oggetti pop. Dai cubi colorati che si sovrappongono, al vaso 'Bocca' con le labbra rosse a contrasto sul fondo bianco o la ciotola 'Impront' che riproduce, in positivo e in negativo, il disegno di una mano.

Il viaggio prosegue fino a raggiungere la serie in ceramica eseguita in collaborazione con la Fornace Ibis di Giorgio Robustelli: tazze, piatti, zuppiere (rotti, bucati, piegati, tutti volutamente inutilizzabili) fino alla radio (il “Cubo” di Zanuso) abitati da personaggi grotteschi, creature inquietanti e ironiche, insieme ad altri oggetti in vetro come bicchieri -fiori, animali, personaggi fantastici realizzati grazie all’incontro con Pino Signoretto.

A chi piacerà: a chi ama gli innesti tra arte e design, dove progettualità e creatività lavorano insieme alla creazione di oggetti curiosi e capaci di narrare il tempo presente.

Informazioni utili: Pinacoteca civica, via Diaz 84, Como. La mostra è aperta da martedì a domenica on orario 10 - 18.

Leandro Elrich. Oltre la soglia, Palazzo Reale, Milano, fino al 4 ottobre

E se le verticalità degli edifici che compongono il tessuto urbano fosse improvvisamente calpestatile? Fosse, per meglio dire, esplorabile in una passeggiata antigravitazionale dai cittadini?

Allora potrebbe succedere anche che le case volino e che gli ascensori siano pronti a trasportare le persone da nessuna parte così come le scale mobili ad aggrovigliare i loro nastri di gradini a scomparsa in un caotico intreccio di strade immaginarie.

Fa questo Elrich, artista argentino che sovverte ogni convenzione attraverso performance di arte pubblica di grandi dimensioni e ora per la prima volta raccolte in un’esposizione antologica. Il suo paesaggio o forse è meglio dire il suo pensare lo spazio diventa un progetto sovversivo. In senso letterale: perché infrange le regole (anche quelle della fisica) per mostrare altri mondi, altri sguardi.

«Costruisco storie visive tratte dalla vita quotidiana che evocano un insieme di circostanze ordinarie, radicate nella realtà e nell'esperienza condivisa, ma che non funzionano come ci si aspetta», dichiara Elrich.

Che poi continua: «Mi piace sviluppare progetti che spingono il pubblico oltre la soglia concettuale e mi piace lavorare con una varietà di media e modalità espressive». Già, la soglia. La si oltrepassa e si entra in un’altra realtà. Quella di Elrich, della sua arte, intesa come «mezzo per coltivare nuovi approcci alla comprensione del mondo, fisico, mentale, politico, simbolico».

A ci piacerà: a chi ama giocare, a chi segue i fili dell’immaginazione come aquiloni, a chi è interessato allo spazio e all’arte multimediale.

Informazioni utili: Palazzo Reale, piazza del Duomo 12, Milano, aperto da martedì a domenica in orario 10 - 19.30, il giovedì fino alle 22.30.

A ribbon and a prayer. Da spazi laici a luoghi sacri. Fotografie di Massimiliano Camellini, Binario 49, Reggio Emilia, fino all’11 giugno

Il cambio di destinazione d’uso in questo caso è decisivo. Snatura completamente i luoghi da quelle che sono state le loro storie precedenti, perché da abitazioni, magazzini, depositi, spazi commerciali o adibiti al tempo libero, sono diventati luoghi di culto. Sono luoghi forzati da paradigmi economici a cessare le loro funzioni e riscattati da comunità religiose che hanno dato loro nuova linfa e nuova vita trasformandoli negli spazi della preghiera.

La dimensione precedente, spesso legata al lavoro, emerge in dettagli residuali, alle pareti, nella composizione dei soffitti o attraverso segni lasciati sul pavimento da macchinari ormai scomparsi.

Sono quasi delle voragini, come scrive il curatore Andrea Tinterri, occupate da comunità religiose spesso extraeuropee ma non solo, che le trasformano in luoghi carichi di simboli e di oggetti religiosi.

E Massimiliano Camellini ritrae queste storie, e quella di un riuso necessario, che parla le lingue del presente: quella della riqualificazione urbana e dei suoi spazi, quella dei migranti e delle minoranze, che hanno bisogno di spazi per esprimere la propria comunità, quella dell’integrazione e quella del fotografo che ingaggia un reportage sulle culture degli altri.

A chi piacerà: agli amanti della fotografia, a chi studia l’antropologia del presente e agli urbanisti.

Informazioni utili: Binario 49 Caffè Letterario, via Turri 49, Reggio Emilia, aperto venerdì e sabato in orario 18 - 22, domenica 17 - 21.

Guido Ferroni 1888 - 1979. Il sentimento antico della pittura, Palazzo Pitti, Firenze, fino al 16 luglio

I primi anni del Novecento nella Toscana di Guido Ferroni. Si conosce poco questo pittore importante in qualità di fondatore del gruppo Novecento toscano, ma anche esponente di una metafisica locale riconoscibile nei tratti di una linea che lo connette a Sironi e De Chirico, che però ha nelle luci toscane il suo tratto peculiare.

L’impressionismo prima e il futurismo poi entrano nella sua sfera espressiva per giungere a un sistema espressivo molto personale, sempre connesso al paesaggio e alla vita quotidiana delle sue terre fino al 1979, anno della sua scomparsa.

E ora finalmente una retrospettiva racconta le vicende personali e artistiche di questo fortunato autodidatta, ben presto accolto in mostre collettive in Toscana, quindi a Milano e a diverse edizioni della Biennale di Venezia, nonché titolare di due cattedre, una a Ravenna e una a Lucca.

Dell’insegnamento infatti traspare molto anche nei suoi lavori e si racconta delle sue due vite attraverso scritti e documenti messi a disposizione da Duccio Ferroni, nipote dell’artista, accanto a prestiti importanti da collezioni private e gallerie.

Come La giostra, opera del 1920: una favola in formato pittorico, tra metafisica e cronaca, che ricorda Sironi quanto Collodi, a metà strada tra il quotidiano e il fantastico.

A chi piacerà: agli amanti della pittura dei primi del Novecento, a chi vuole viaggiare nel tempo e nell’immaginario.

Informazioni utili: Palazzo Pitti, Sala del Fiorino, piazza de’ Pitti 1, Firenze, aperto dal martedì alla domenica in orario 8.15 - 18.30