Storia di un progetto di attivazione culturale urbana, piccolo nella gestione ma grande nel risultato

All’interno di una ambientazione suggestiva e esperienziale Filtro Brescia riconferma il successo della scorsa edizione, spingendosi oltre e accompagnando il visitatore in un viaggio sensoriale e riflessivo, accogliente e inclusivo.

In occasione di Bergamo e Brescia Capitale della Cultura, Filtro Brescia (4-14 maggio 2023) ha trasformato l’ex Fabbrica Ferro Bulloni abbandonata in un luogo di nuove narrazioni e temporalità.

Nicola Falappi, motore creativo di Studio Quaranta e curatore dell’evento spiega come si costruisce un progetto culturale di attivazione cooperativa, condivisa e in grado di animare un pubblico allargato, non solo quello della città di provincia.

In attesa della prossima edizione di settembre.

Come hai pensato di 'vestire' Filtro quando l'hai ideato?

Nicola Falappi: “Durante l’allestimento della prima edizione abbiamo 'tolto la polvere'. L’ex Fabbrica Ferro Bulloni era svestita, nuda, cruda, era una piazza, cemento.

Abbiamo usato lo spazio in modo quasi brutale, intonso, lasciando le scatole dov'erano... Nella seconda edizione abbiamo iniziato a vestire il luogo. Trovo interessante stratificare, quindi siamo partiti paradossalmente con elementi iconici della casa: un tappeto e un divano. Li ho voluti a tutti i costi.

Dalla cucina si passa al salotto e gli ospiti dei talk sono volutamente tutti sul divano ideato personalmente da me.

Abbiamo poi aggiunto i quadri, come se fossero delle opere di casa, non collocate da galleria. Ad esempio le opere di Gabriele Picco, che trovo azzeccatissime, richiamano le nature morte tipiche delle case italiane. Oggi nessuno ha più una natura morta, eppure tutti i grandi artisti come Filippo De Pisis e Giorgio Morandi le dipingevano. Quindi l'accoglienza è stata: divano, tappeto e nature morte.

Tutti i giorni all’ingresso c'erano dei dolcetti (marshmallow) e un vaso di fiori. Uno spazio 'vestito' anche dal punto di vista olfattivo con un’essenza specifica (Aramara di Culti).

Un altro elemento è il suono: alcuni compositori bresciani hanno creato la musica per Filtro, tra cui il brano “.memo[lo0ps]” di Alessandro Pedretti.

L’ambiente non ha una luce 'sparata' come va di moda adesso, ma un'atmosfera da vecchia casa, dove le opere sono colpite da spiragli.”

La sera dell’inaugurazione hai sottolineato che hai scelto artisti che piacevano a te…

Nicola Falappi: “Ne avrei voluti di più, il tempo ce lo ha impedito anche perché l’idea di stratificazione di casa, di spazio che deve ospitare, si ricollega molto alla casa del collezionista.

Non ordinata, ma in cui si accumulano riviste, oggetti, opere d'arte.

Siamo ancora in fase embrionale, alcuni artisti non sono riusciti a fornire tutte le opere e alla fine ho dato spazio ai più interessanti da esporre in questo contenitore.

Giuseppe La Spada parla paradossalmente del concetto di forza della comunicazione e di quello che rimarrà di questo stimolo continuo creato dalle immagini. Trovo curioso che dialogasse proprio con Gabriele Picco, che rispolvera un tipo di dipinto alla vecchia maniera (la natura morta). Cris Devil fa della sua arte un qualcosa legato all'immagine digitale visiva.

Un'arte più contemporanea, che ha superato la fotografia, la pittura, un 'non reale' realizzato con il computer. Gli artisti sono collegati tra loro da un forte valore culturale.

Presentano, propongono e spiegano la casa in modo diverso. Non più una stanza, ma un concetto, una visione… dal metafisico al surrealista.

Barbara Crimella realizza opere monumentali che vengono installate nelle piazze, nelle rotonde, nelle strade, tutte con una veste culturale pazzesca. Ora, esposta a Filtro con le piccole croci, si trova tra Berzo Inferiore e Bienno.

Il progetto di Pinky con le biciclette è un oggetto da buttare, però storico, reinterpretato da personaggi come Antonio Marras.”

Cosa è emerso dai talk?

Nicola Falappi: “Il concetto che oggi per fare arte e design devi essere culturalmente preparato a 360 gradi. Non solo seguire le mode del presente ma conoscere anche il passato. La relazione della nostra vita col tempo è fondamentale, perché siamo di passaggio.

Filtro è un progetto nato per caso, in risposta ai mesi trascorsi in casa durante l’emergenza Covid che, come altre iniziative di quel periodo, ci ha fatto capire che il tempo è più importante di qualsiasi altra cosa. Abbiamo scelto di rimanere piccoli nella gestione, ma grandi nel risultato finale: lasciare qualcosa di profondo in ogni persona.

Nella sala ci sono 120 posti a sedere: ogni sera sono tutti occupati e alcune persone restano in piedi. C’è una esigenza di arricchimento: mi fermo, ascolto, rifletto.

Per questo motivo da Filtro è presente sempre una persona che ti accompagna, spiega le opere e la motivazione per cui sono state realizzate, scelte e posizionate.”

Perché il nome Filtro?

Nicola Falappi: “È stato scelto da Osmo (il team di design multidisciplinare che ha curato la grafica) seguendo il concetto profondo del filtrare…”

Hai 'filtrato' anche i talk?

Nicola Falappi: “Molti artisti si sono auto esclusi perché non avevano tempo, altri li ho eliminati, sto cercando di avere una crescita lenta, è inutile un artista estremo, per Filtro non funziona.

In questo momento il mio pubblico chiede una cosa rassicurante, normale, piacevole. Concetto uguale anche per i talk. Avrei potuto invitare personaggi e cantanti famosi, ma non è questo il tipo di vetrina. La cultura e la comunicazione stanno cambiando in modo velocissimo. Trovo stimolante ospitare dei personaggi con una diversificazione di visioni.”

Si è anche parlato di erotismo. Cos'è per te?

Nicola Falappi: “Quando ho visto Carnale, che come diceva Antonio Mancinelli non è una rivista, mi ha ispirato e mi piacerebbe in futuro inserire in Filtro un fotografo 'piccante'. Si parla ormai di fluido e parlare di erotismo non fa male, è anch’esso espressione culturale.”

Lady Tarin?

Nicola Falappi: “Lady Tarin, nel lavoro esposto, è entrata nella casa di una donna vera. Non ha fatto nessun tipo di styling, neanche di sistemazione degli oggetti, l'ha collocata nell’ambiente di casa sua, come in una cornice e l’ha semplicemente svestita e fotografata. Senza trucchi, rossetti né abbigliamenti sexy.”

Nicola, com'è casa tua?

Nicola Falappi: “Mi collego alla risposta che ha dato Giuseppe La Spada, in cui lui ancora oggi non si sente di avere una casa, ma è ovvio che ce l'ha. La sua risposta è molto più profonda.

Oggi continuiamo a vedere sulle riviste case meravigliose. Quelle sono vetrine commerciali, non sono case.

La mia invece è proprio come diceva Antonio Mancinelli: stratificata perché compero da quando avevo 14 anni. La casa è piccola, sono 90 metri quadri.

Immaginati quante cose partono da terra e arrivano fino al soffitto. Ho altre due abitazioni, una - essendo un po’ dannunziano - a Gardone Riviera, l’altra in Puglia.

Non dormo quasi mai per lunghi periodi nello stesso luogo; per sentirmi a casa devo andare giù e tornare su, rivedere il lago e poi ricambiare.”

Anticipazioni di Filtro a settembre?

Nicola Falappi: “L’unica cosa che posso dirti è che al 90% parlerà di sostenibilità, un tema che sento di dover affrontare, anche se lo feci in tempi non sospetti circa dieci anni fa.”

Filtro potrebbe anche essere itinerante, non solo a Brescia?

Nicola Falappi: “Trovo che si è più forti nella propria città, dove si conoscono le persone. Non è facilmente duplicabile.”

La location rimarrà questa?

Nicola Falappi: “Forse sì, potrebbe essere che si raddoppi e che ci sia anche un altro spazio, sempre a Brescia. Due mondi agli estremi. Una struttura è quella che avete visto, l'altra la scoprirete: è completamente diversa, ma entrambe sono folli.

Simpatico che durante i talk degli artisti pioveva, sono entrate gocce d'acqua e sono stati utilizzati sei secchielli, come se fosse normale... Alla fine vediamo sempre cose così perfette, patinate, pensate, studiate che poi danno quasi noia.”

Sei soddisfatto?

Nicola Falappi: “Sì molto. Posso riassumere questa edizione di Filtro in: comunicazione, tempo… e passione. Se non avessimo la passione molto probabilmente faremmo altro.

Ho trovato aiuto da parte di persone semplici: il gelataio, la concessionaria di auto, il negozio di abbigliamento, il produttore dell'acqua, l'azienda di pulizie.

Agli imprenditori interessa solo il ritorno in termini di marketing. Se non investi in cultura nella città dove stai fatturando tre, quattro, 500 milioni di euro non hai capito niente. Questo mi fa soffrire.”