Ragionare sul futuro del design implica di ragionare sul suo passato. Almeno per quanto riguarda il design industriale, quel progettare per la società che vede l’oggetto inserirsi in un più ampio contesto sociale.
Oppure, in maniera ancora più ampia, propone di estendere il progettare all’intera sfera dell’umano vivere. Lo pensava Dieter Rams, designer tedesco e firma di moltissimi elettrodomestici Braun. Il nostro percorso settimanale tra le mostre lungo la penisola parte proprio dal suo pensiero e dai suoi oggetti, in mostra all’ADI Design Museum di Milano.
Dieter Rams. Uno sguardo al passato e al futuro, Adi Design Museum, Milano, fino all’11 giugno
Dietro questa mostra c’è una domanda: come dovrebbe essere progettato il nostro mondo nel futuro in modo che possa ancora sopravvivere? Per rispondere, Adi Design Museum si è rivolta al lavoro di Rams, designer tedesco, firma di moltissimi oggetti prodotti dall’azienda di elettrodomestici Braun e di mobili per la Vitsœ. Perché per lui il design industriale è prima di tutto sociale: il progetto va pensato nel contesto della società industriale.
Ovvero, il designer deve trovare il modo di creare un legame tra gli oggetti e gli esseri umani, possibilmente semplificando. La filosofia del less is more sembra combaciare perfettamente con quella di Rams, che non invita al minimalismo ma piuttosto all’ampliamento: il design combacia con l’intera società. Ecco la sua risposta alla domanda di partenza.
Un’idea grandiosa, forse, che parte dalla certezza per cui occorre guardare al passato per rispondere alle esigenze del presente, puntando gli occhi sul futuro.
A chi piacerà: agli appassionati di design industriale, a chi cerca nuove idee e a chi ama gli approfondimenti in verticale.
Informazioni utili: Adi Design Museum, piazza Compasso d’Oro 1, Milano, aperto da lunedì a domenica in orario 10. 30 - 20, chiuso il venerdì.
Premio Termoli LXIII, MACTE, dal 27 maggio al 17 settembre.
La 63esima edizione del Premio Termoli è giunta a definire i finalisti delle due sezioni, Arti visive e Design e architettura, con una mostra collettiva al MACTE, Museo d’Arte Contemporanea di Termoli.
La giuria, composta per le arti visive da Valeria Perrella, Caterina Riva, direttrice del MACTE, e Francesco Stocchi, curatore del Museo Boijmans van Beuningen di Rotterdam e per l’architettura e design da Valeria Perrella con Federica Sala, curatrice e design advisor, Marco Rainò, architetto, designer e curatore, e Paolo De Matteis Larivera, Presidente della Fondazione MACTE, premierà i vincitori delle due sezioni, con l’acquisizione dell’opera e la valutazione della effettiva realizzabilità del progetto architettonico.
A concorrere nella sezione architettura infatti erano progetti pensati per definire il layout e gli elementi d’arredo della futura biblioteca del museo.
I finalisti sono BB (Milano), Chiara Cavanna–IsabellaCiminiello–Simone Nardi (Torino),thehighkey (New York), Matilde Cassani Studio (Milano),Ortiz + Zhou_O+R Studio (Siviglia) e Sara&Sara (Ljubljana). Accanto ai loro lavori, quelli dei finalisti del premio arti visive, proprio a sottolineare la doppia partecipazione a un progetto che riguarda uno stesso luogo, il MACTE. Così la curatrice Cristiana Perrella: “Le opere che partecipano a questa edizione del Premio, restituiscono un’immagine sfaccettata e non prevedibile delle tendenze recenti dell’arte italiana, dimostrandone vitalità, qualità e molteplicità.
La sezione Architettura e Design ha offerto proposte molto diverse e suggestive, spesso difficilmente ascrivibili al solo loro ambito disciplinare e invece in forte dialogo con le pratiche artistiche”.
A chi piacerà: a chi vuole scoprire nuove tendenze dell’arte e dell’architettura, a chi pensa che l’espressione artistica non possa vivere entro confini rigidi e prestabiliti.
Informazioni utili: MACTE, via Giappone, Termoli, aperto da mercoledì a domenica in orario 10 - 13 e 15 - 19.
Viaggio verso l’ignoto. Lucio Saffaro tra arte e scienza, Palazzo Fava, Bologna, dal 26 maggio al 24 settembre
Cosa succede se un fisico decide di dare forma al tempo e allo spazio? Il gioco si fa duro soprattutto se il soggetto in questione è laureato in fisica pura, ha una profonda conoscenza del mondo classico e grande maestria pittorica, messa a disposizione di colori a olio, tecniche grafiche e disegno.
Il suo nome è Lucio Saffaro, personaggio emblematico quanto poliedrico della cultura italiana del Novecento, completamente fuori dagli schemi e solitario nella sua produzione artistica rifiutando qualunque etichetta, inclusa quella, quasi ovvia, di artista matematico. Alla sua storia e ai suoi lavori è dedicata questa mostra bolognese, la sua città d’adozione, pronta a far conoscere forme (geometriche) allegorie e altre stravaganze di questo viaggio verso l’ignoto.
A chi piacerà: agli appassionati di geometria, forme emblematiche intrise di mito e di storia magica, agli amanti delle proporzioni auree e del classicismo alchemico.
Informazioni utili: Palazzo Fava, via Manzoni 2, Bologna, aperto da martedì a domenica in orario 10 - 19; giovedì fino alle 21.30.
Barrio San Leopoldo. L’architettura di Cuba nelle fotografie di Piero Ottaviano, Phos Centro Fotografia, Torino, dal 29 maggio al 14 luglio
Ci sono luoghi così iconici che sembra di averli sempre visti. E il Malecòn, quel tratto del lungomare dell’Avana, fa parte di questi, magari accompagnato dal passaggio di qualche auto d’epoca. Bene, dimenticate l’effetto dejà vu.
Perché questa indagine dell’architettura di Cuba proposta dal bianco e nero di Ottaviano, deraglia completamente da quei binari.
Gli edifici, ma anche le composizioni urbanistiche sono al centro del suo sguardo e il racconto che compone rivela l’astrazione di quelle forme dal contesto. Fino a diventare un’astrazione a doppio senso di marcia, tanto che le persone ritratte sembrano figure intime dalla composizione e al contempo astratte rispetto al contesto.
Un gioco interessante, dentro a un reportage insolito. La mostra è stata realizzata con il sostegno di Building.
A chi piacerà: agli appassionati di fotografia e architettura e di quel dialogo favoloso che instaurano le due forme espressive.
Informazioni utili: Phos Centro Fotografia Torino, via Vico 1, aperto da lunedì a venerdì, dalle 15 alle 19.
Gilbert Halaby, Une Comédie Romaine, Maja Arte Contemporanea, Roma, dall’1 giugno al 15 luglio
Gilbert Halaby è un artista libanese che ha scelto Roma come città elettiva. Le architetture della città sono il filo narrativo di tutti i suoi lavori, almeno del ciclo Une commedie romaine in mostra alla galleria Maja: una commedia romana fatta di istantanee che raccontano il territorio e le persone che lo abitano.
Molti quadri ritraggono preti, suore, persone legate al mondo della fede che vivono il centro della città capitolina. Di loro ritrae il movimento, il loro passaggio davanti ad architetture secolari, immobili ed eterne rispetto alla fugacità dell’esistenza umana.
Ecco, il tempo è proprio la cifra dell’indagine pittorica di Halaby che gironzola per Roma armato di telefonino con cui registra brevi video in slow motion delle situazioni che lo colpiscono, per poi sceglierne un solo dettaglio, un particolare che diventa essenziale per narrare la storia del tempo nella città eterna.
Un fermo immagine a base di sole, colore, forma e, come già detto, architettura. In una proporzione così perfetta che fa dire a Nora Iosia che firma il testo critico per la galleria Maja, che l’artista possiede “l’occhio assoluto”: qualcosa di simile all’orecchio assoluto in musica, questa volta capace di decodificare “il linguaggio delle immagini e dei colori isolandolo dal caos del quotidiano divenire, quasi in un abbaglio, trattiene spicchi di reale e li trasforma in nuove visioni”.
A chi piacerà: agli amanti della pittura e del paesaggio urbano, agli appassionati di architettura e città.
Informazioni utili: Maja Arte Contemporanea, via di Monserrato 30, Roma, aperta dal martedì al venerdì in orario 15.30 - 19.30; sabato in orario 11 - 13 e 15 - 19.
Un appello dal Museo Carlo Zauli di Faenza nelle parole del direttore Matteo Zauli: “Ho fondato, insieme alle mie sorelle, a Faenza nel 2002 un museo dedicato a nostro padre Carlo, scultore ceramista noto in tutto il mondo, scomparso quello stesso anno.
Da allora questo luogo non ha mai smesso di essere un vivacissimo centro aggregatore per la nostra città e un punto di riferimento in Italia per la ceramica contemporanea. L’alluvione del 18 maggio ha devastato cantine, piano terra, e giardino, tutti spazi adibiti a esposizioni, eventi e laboratori.
Sono state distrutte numerose opere della nostra collezione, e si sono danneggiati impianti e strutture. Saranno indispensabili ingenti lavori di restauro specializzato”.
Il Museo Carlo Zauli è un contenitore che, attraverso le sue collezioni e le diverse attività culturali, esplora e diffonde l’arte contemporanea in tutti i suoi linguaggi, con un’attenzione particolare alla ceramica, materiale della tradizione locale.
Si trova a Faenza, in pieno centro storico, all’interno dei locali che furono dal 1949 di Carlo Zauli, uno dei più rappresentativi scultori del 900, di cui promuove il lavoro e la storia.
L’alluvione del 17 maggio ha apportato danni notevoli al museo che coinvolgono vari aspetti: la collezione di opere, gli ambienti dedicati a spazio espositivo, parte degli impianti, il giardino, le sale, tutti gli spazi adibiti a eventi e laboratori che rappresentano il cuore della programmazione che anima MCZ.
La raccolta fondi è già stata avviata sulla piattaforma GoFundMe, qui: https://gofund.me/51e5a625 è possibile donare un importo di entità libera.