Dal 13 ottobre 2023 al 2 febbraio 2024 Milano ospita la prima mostra dedicata al fotografo Gabriele Basilico: un viaggio a doppia puntata tra indagine sociale e sviluppo urbano, dagli anni ’70 al 2012

A 10 anni dalla scomparsa di Gabriele Basilico, Milano accoglie – finalmente, si sussurra nelle retrovie – la prima mostra dedicata al grande fotografo italiano: un lavoro d’archivio magistrale, che assume semplicemente il nome di “Gabriele Basilico. Le mie città”, visitabile dal 13 ottobre 2023 all’11 febbraio 2024 tra Palazzo Reale e Triennale Milano.

Pensata per dare espressione al lavoro di Basilico con un respiro ampio e il più possibile completo, l’esposizione attraversa Milano, nel vero senso della parola, e lo fa in due modi: in primis, perché visitando la mostra si ha la possibilità di vivere l’excursus storico e sociale di cui la città è stata palcoscenico dagli anni Settanta al 2012 e di cui Basilico si è fatto occhi attraverso il suo obiettivo, e in secondo luogo perché ‘Gabriele Basilico. Le mie città’ è organizzata in due location - e 500 opere - rappresentative di Milano: Palazzo Reale e La Triennale.

La scelta, interessante perché guida il visitatore invitandolo realmente a fendere la città dal Parco di Sempione ai pressi di Piazza Duomo, è dovuta al fatto che Basilico, come è noto anche ai meno appassionati ed esperti in materia, è stato fortemente legato alla città di Milano: punto di partenza e di ritorno, luogo di sperimentazione, contaminato e contaminante di ogni suo lavoro di indagine, che a un certo punto è diventata ‘un porto di mare’.

Proprio da qui, osservando la fotografia che ha come oggetto Milano, si può partire per immergersi nel viaggio alla scoperta di nitidi cenni diquello che è stato’ e di luoghi in cui si ha la sensazione che qualcosa può succedere: due qualità che tornano, sempre, nella fotografia di Basilico.

Alla cura del progetto Giovanna Calvenzi, responsabile dell’Archivio Gabriele Basilico, affiancata da Matteo Balduzzi per la parte di mostra che prende luogo in Triennale Milano, e da Filippo Maggia per quanto concerne Palazzo Reale

“Gabriele Basilico. Le mie città”: cosa cambia da La Triennale a Palazzo Reale

Visitare la mostra per intero equivale a organizzarsi tra due diversi siti espositivi, ma attenzione, non equivalenti. A differire è proprio l’oggetto della mostra: a Palazzo Reale è possibile passeggiare tra le fotografie scattate nelle città di tutto il mondo, tra cui anche Milano ma non solo; l’allestimento è maggiormente votato a una dimensione intrattenitiva, ci si può immergere nella fotografia di Basilico. In Triennale l’oggetto unico e centrale è Milano, anche per questo l’allestimento è più secco, essenziale. Qui si può osservare come è cambiato lo sguardo di Basilico negli anni, e insieme come è cambiata la città.

Il bello di questa mostra è che tutti, anche i digiuni alla fotografia, possono apprezzarla. È stato emozionante vedere come a osservare i lavori esposti siano diverse generazioni: studenti e appassionati, giovani alla ricerca di un dettaglio da imprimere nella mente, ma anche anziani, ‘i milanesi di una volta’, alla ricerca, in questo caso, di un dettaglio di memoria con il naso a 1 millimetro dalla fotografia per riuscire a riconoscere ‘la mia fabbrica’.

Come è organizzata la mostra: c’è un itinerario in particolare da seguire?

Come detto, la parte dedicata alle città di tutto il mondo – da San Francisco a Beirut, da Shanghai a Lisbona – è esposta a Palazzo Reale, dove si contano circa 200 opere che hanno come comun denominatore il fatto di appartenere a un enorme lavoro di documentazione condotto da Basilico soprattutto al di fuori dell’Italia: nella Sala delle Cariatidi le metropoli internazionali sono protagoniste in un susseguirsi di situazioni immersive, mentre la sala Lucernario è allestita con le ‘Sezioni del paesaggio italiano’.

La parte di Triennale, invece, è dedicata alla città meneghina: qui l’atmosfera è più austera, non per rigidità ma per essenzialità.

Il ritmo di percezione è incalzante e il senso è quello di concedere libertà di visita all’osservatore: superato il corridoio d’ingresso in cui sono esposte in modo cronologico le opere più rappresentative, nelle sale interne ci si può orientare tra 13 serie (per linguaggio, tempo, geografia o oggetto e dimensioni) da approfondire secondo piacere, ognuna appartenente a un nucleo di lavoro così nato (quindi non frutto di un lavoro curatoriale postumo) che spazia dall’incarico da parte di AEM di indagare la vita cittadina nelle ore di buio, al reportage sull’architettura degli anni Trenta, alle periferie di ieri – Lorenteggio, Giambellino – in contrasto con quelle di oggi, fino al suo celeberrimo “Ritratti di Fabbriche” un lavoro dedicato alla deindustrializzazione milanese. Toccante, l’ultima sezione – quella conclusiva della mostra e insieme della fotografia firmata Gabriele Basilico – dedicata alla costruzione del Bosco Verticale e del quartiere di Porta Nuova nel 2012.

Interessante il fatto che una volta entrati, si presenta un campo visivo completo tanto da consentire allo sguardo di abbracciare in una sola volta tutte le opere esposte.

Il tema dell’industria, un ‘mandato autodeterminato’

Viene da interrogarsi sul perché della presenza così preponderante di industria, nel lavoro di Basilico: il suo dare voce e sguardo a un fenomeno proprio degli anni Sessanta con il boom economico prima e alla deindustrilizzazione poi, lascia pensare in prima battuta che il fotografo milanese si fosse semplicemente formato con il mito della cultura operaia.

Erano gli anni in cui la rivoluzione, e con lei la cultura studentesca e operaia, stavano emergendo: la fotografia dedicata alla vita delle fabbriche ha consentito a Basilico di astrarre qualcosa che, inevitabilmente, aveva a che fare con la politica.

Lui stesso dichiarava di essere stato incaricato di un lavoro fatto con “un mandato sociale che nessuno gli aveva mai dato”: per lui era un incarico sociale, autodeterminato. Precursore di una politica che è giunta a riconoscere questa necessità numerosi anni a venire.

“Gabriele Basilico. Le mie città”: un’evoluzione ‘umana’

Visitando la mostra, ci si rende conto di come il fotografo milanese abbia lasciato svanire la presenza del soggetto umano all’interno delle sue fotografie: nonostante questo, è difficile non accorgersi di come i suoi lavori siano un climax ascendente diumanizzazione’.

Le persone, che nel suo primissimo lavoro di reportage sociale dedicato ai movimenti giovanili di contestazione tra il ’74 e il ‘76 erano oggetto centrale, piano piano scompaiono per lasciare posto a spazi che – comunque – portano con sé un’importante densità di presenza umana.

Lo sono le città, le industrie, le vie: nei suoi scatti smettono di apparire i volti, e subentrano i ‘corpi’ dello spazio urbano, ovvero la parte trainante della società.

Oltre alla fotografia

La mostra in Triennale si conclude con due contribuiti video, uno di documentazione della durata circa di 20 minuti e uno inedito di taglio editoriale che sarà a breve disponibile e proiettato in un numero selezionato di sale in Italia, attraverso i quali potersi immergere nel mondo di Gabriele Basilico.