La riscoperta della pittura vs l’arte digitale, il focus sui temi ambientali, tanta fotografia, il dialogo con il Fuorisalone: Miart 2023 sarà un Crescendo di sorprese

È una delle fiere più in ascesa del panorama internazionale, ma anche un incubatole di idee, un catalizzatore di eventi paralleli e, soprattutto, un testimone assai attendibile sullo stato di salute dell’arte contemporanea, da diverso tempo ormai sballottata qua e là a causa di guerre, pandemie e crisi ambientali e finanziarie.

Parliamo del Miart, che dal 14 al 16 aprile (ma in realtà per tutta la settimana) trasformerà Milano nel cuore nevralgico della creatività. Tutto questo a poche ore dall’apertura della Design Week e dal Salone de Mobile.

A dirigere per il terzo anno consecutivo la manifestazione, che quest’anno si intitolerà Crescendo, è Nicola Ricciardi.

Milanese, classe 1985, curatore e critico, si trova in una postazione decisamente privilegiata per rivelarci (e in qualche caso anticiparci) le intricate dinamiche dell’arte di oggi. Lo incontriamo a poco più di un mese dall’opening ufficiale della fiera.

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Perché un appassionato d'arte contemporanea dovrebbe venire a Miart?

Nicola Ricciardi: “Per perdersi in oltre cento anni di storia dell'arte. Una delle nostre caratteristiche distintive è infatti far abbracciare il moderno e il contemporaneo, ospitando gallerie che espongono opere fresche di studio assieme a quelle dedicate all'arte del XX secolo.

Per noi miart oltre che una fiera è anche una grande mostra collettiva in equilibrio tra passato e futuro, capace di accogliere allo stesso tempo Giacomo Balla e Giulia Cenci, Lucio Fontana e Monica Bonvicini.

Questo approccio è ben sottolineato dalla sezione Decades, una passaggiata nel tempo dai primi del Novecento ai giorni nostri attraverso 10 progetti (presentazioni monografiche o focus tematici), uno per decade dal 1910 al 2010”.

Perché ha scelto di intitolare l'edizione di quest'anno “Crescendo”?

Nicola Ricciardi: “È il terzo anno che prendiamo spunto da una metafora musicale, dopo la poesia "Dismantling the silence" nel 2021, con il quale volevamo rispondere al silenzio assordante dell'anno precedente, e il "Primo Movimento" nel 2022, che si riferiva sia l'inizio di una nuova partitura che alla voglia comune di rimettersi in moto.

Quest’anno abbiamo ricevuto il doppio delle application, abbiamo più che raddoppiato il numero di premi, e si è notevolmente incrementato anche l'interesse da parte dei nostri stakeholder - collezionisti, curatori, direttori di museo.

Ecco perché Crescendo ci sembrava la parola giusta. È un'espressione che si riferisce, anche in lingua inglese, all'aumento graduale dell'intensità del suono, ma allo stesso tempo indica la crescita di partecipazione e di pubblico riscontrata nelle precedenti due edizioni e il desiderio di continuare questa traiettoria ascensionale ben oltre il 2023”.

Come si sta evolvendo il mercato dopo un periodo complesso come quello della pandemia?

Nicola Ricciardi: “La macro-tendenza più evidente è che il collezionismo si sta ri-orientando sulla pittura, sia storica che contemporanea. Le ragioni sono sociali ma anche pratiche: la pittura è un medium solido e sicuro anche in tempi di crisi, come quelli che abbiamo attraversato e stiamo ancora attraversando, ed è inoltre di più semplice gestione in termini di esposizione e conservazione rispetto ad altri media.

Questo interesse è qualcosa che in parte sembra in controtendenza rispetto al boom del digitale di cui si è parlato molto negli ultimi anni.

Stiamo riscontrando un ritorno al voler vedere, alla necessità di essere presenti in prima persona: una sorta di supercompensazione rispetto alla grande abbuffata online delle prime ondate di Covid”.

Quali saranno le novità più interessanti dell’edizione 2023?

Nicola Ricciardi: “Uno degli elementi di novità rispetto agli ultimi due anni è il ritorno di importanti gallerie dall'estero, da Esther Schipper a Perrotin, da Gregor Staiger a Tim Van Laere.

La nostra non è tuttavia una questione di esterofilia: puntare su espositori riconosciuti aiuta ad attirare l'attenzione di collezionisti, curatori e direttori di musei internazionali.

Il nostro obiettivo è riportare Miart ai livelli dell'edizione 2020 - che non si è mai tenuta per via della pandemia ma che poteva contare su alcune delle più importanti gallerie a livello mondiale.

Dopo l'anno zero che è stato il 2021 in questi tre anni, insieme al team di Fiera Milano, abbiamo saputo ritagliarci di nuovo uno spazio importante nel calendario delle fiere internazionali”.

Quali sono i trend più caldi che verranno trattati?

Nicola Ricciardi: “Tra i trend possiamo sicuramente rintracciare una forte attenzione ai temi ambientali, spesso trattati attraverso il mezzo pittorico. Uno spazio sempre più importante se lo sta ritagliando la fotografia, sia contemporanea che storica in generale. Si tratta di un medium che nelle mie ultime due edizioni è stato poco presente ma su cui quest’anno diverse gallerie hanno deciso di puntare”.

In che modo le sue idee personali si allineano con la missione della fiera?

Mi ha sempre interessato il concetto di ibridazione, le infinite possibilità che si generano quando si mettono diverse discipline a contatto o a confronto. Nei miei quattro anni a Torino come direttore artistico delle OGR questo si è tradotto in una fluidità tra arti visive e performative.

Nel contesto di Miart quello in cui mi sto impegnando è far uscire i contenuti della fiera il più possibile dai confini del quartiere fieristico per andare a contaminare altri spazi cittadini, non necessariamente legati al mondo dell'arte.

Per riprendere il tema del Crescendo, l'immagine è quella delle radici che escono dal proprio vaso per generare altre piante, altri frutti. In questo senso è centrale il coinvolgimento di Triennale Milano, che nei giorni della fiera diventerà la nostra "casa" in città, ospitando una serie di interventi e talk proprio intorno a questo argomento.

A proposito di Milano, come è cambiata la percezione della città dal punto di vista dell'arte?

Nicola Ricciardi: “L'idea originaria di costruire sinergie forti e strutturate tra la fiera e la città è stata di uno dei miei predecessori, Vincenzo de Bellis. Il 2015, quando lui era direttore, Milano ha avuto uno scatto in avanti, grazie a una serie di investimenti nell'ambito di EXPO che hanno trasformato anche lo scenario dell'arte.

La città è da sempre legata ai mondi della moda e del design, ma a partire da quel momento è diventata un riferimento anche per il contemporaneo, sottraendo lo scettro a Torino.

Questo ancora oggi si riflette in quel palinsesto di attività che prende il nome di Milano Art Week, che è costruito a quattro mani proprio dalla Fiera e dal Comune.

Da quando mi sono insediato ho riscontrato da subito la volontà di sedersi allo stesso tavolo, sia da parte di istituzioni pubbliche che private: la sinergia è data una comunione di intenti tangibile, perché l'obiettivo è quello di rafforzare e alzare il livello di attrattività della città”.

169 gallerie partecipanti, provenienti da 27 Paesi, in cui l'arte contemporanea la fa da padrone. Ma il design che ruolo si ritaglia in tutto questo?

Nicola Ricciardi: “Personalmente non ho una passione per le etichette, motivo per cui una delle prime decisioni che ho preso quando sono entrato in carica è stata eliminare la distinzione tra arte moderna e contemporanea.

Lo stesso vale per il design, che per me ha un ruolo centrale nella storia di Milano e che è presente in fiera attraverso diversi progetti, ma che non ho ritenuto utile distinguere rispetto a presentazioni puramente artistiche.

Mi piace l'idea che arte e design si confondano e si contaminino.

Così come trovo stimolante la prossimità con il Salone del Mobile e la Milano Design Week, con la quale siamo inclini a collaborare per progetti che originano durante Miart e che continuano la settimana successiva. Sono spesso gli stessi collezionisti a chiedercelo, soprattutto quelli internazionali - anche perché così possono fruire nell'arco di pochi giorni e nella stessa città del meglio di questi due mondi così prossimi e fruttiferi”.

C’è qualcosa che manca a questa manifestazione per diventare perfetta?

Nicola Ricciardi: “La fiera d'arte ideale deve saper creare e offrire quante più opportunità possibili affinché le gallerie partecipanti possano veder ripagata la loro fiducia e il loro investimento: solo così si creano manifestazioni solide, credibili e che durano nel tempo. Ottenere questo è già il 50% della mia fiera dei sogni.

L'altra metà è fatta dalla possibilità di generare contenuti inediti e stimolare l'interesse del pubblico più ampio, lavorando con e sulla città.

Per quanto riguarda Miart 2023 il sogno non è poi così lontano dal realizzarsi, perché sia i collezionisti che i cittadini di Milano stanno dimostrando un'attenzione che non si registrava da diversi anni. Ora la sfida è rispondere a questa loro domanda e alla loro curiosità con progetti concreti e stimolanti”.

Le opere che vedremo al Miart 2023