Quale personalità si nasconde dietro la tonaca di suore, preti e frati intenti a praticare sport? A questo interrogativo risponde la mostra di Stefano Guindani, curata da Denis Curti, presso Leica Store Milano in via Mengoni 4

Giocano a calcetto, volley, basket; praticano tennis, golf, judo, boxe; si dedicano a surf, ciclismo, atletica. Mens sana in corpore sano è la mostra del fotografo cremonese Stefano Guindani che presenta uomini e donne di fede impegnati in attività sportive, seppur in abito talare, in collaborazione con Leica Camera Italia nel rinnovato Leica Store Milano in via Mengoni 4 e curata da Denis Curti, dal 23 settembre a dicembre 2022.

Un progetto di indagine e comunicazione

Quello di Guindani è un progetto di indagine e comunicazione che vuole raccontare chi c’è realmente dietro uomini e donne di fede: sacerdoti, suore, frati. Spesso visti come soggetti distaccati dalla realtà, compresi in ruoli che appaiono talmente ingombranti da riuscire a eclissarne la personalità. Ecco allora il sacerdote in abito talare che osserva il mare con la tavola da surf sotto braccio, la silhouette di una suora che palleggia in cortile, una arrampicata in parete rocciosa affrontata con l'impaccio di un abito che non favorisce l'attività alpinistica. Le fotografie in mostra fanno leva sull’aspetto umano dei soggetti, ne dipingono dedizione e predisposizione al divertimento, accomunate da una dirompente vitalità. Guindani rende partecipe chi guarda di ogni storia che racconta: attimi sospesi, sorrisi accennati, bianconeri profondi, abbinamenti cromatici essenziali riescono a far percepire la persona dietro il ministro di Dio. Abbiamo chiesto a Stefano Guindani (autore) e Denis Curti (curatore) di raccontarci il concept di questa mostra.

Stefano Guindani: una ricerca sul mondo della religione oggi

“Il progetto Mens sana in corpore sano nasce come omaggio a Mario Giacomelli ed è una ricerca su quello che è il mondo della religione oggi. I religiosi spesso vengono visti come persone chiuse nelle chiese, isolati dal resto del mondo: ho voluto mostrare che ci sono situazioni in cui cercano di portare la fede fuori dalle mura canoniche della chiesa e cercano l'aggregazione sportiva”, racconta il fotografo.

Quale è la vera personalità che si eclissa spesso dietro la tonaca di suore e preti?

“La personalità cambia da persona a persona, così com'è nella vita di tutti i giorni per chiunque: c'è il religioso che vuole essere più protagonista, ma c'è anche quello più timido, con cui ho dovuto insistere per poterlo riprendere in questa sua attività sportiva. Molti uomini di fede vivono l’attività sportiva come momento e metodo di aggregazione, strumento per coinvolgere più persone; alcuni poi si concentrano anche nell’agonismo, ma credo che questo accada per chiunque pratichi uno sport.”

Ci sono foto che, più di altre, valga la pena sottolineare?

“Preti, suore e frati che ho fotografato erano molto diversi tra loro: alcuni molto felici di essere fotografati, altri meno, altri con cui ho dovuto insistere, altri ancora che mi hanno veramente stupito sia per la professionalità sportiva sia per la resa nell’immagine. In qualche caso, già mentre scattavo ero consapevole della bellezza, penso per esempio al sacerdote che arrampica o a suor Daniela che palleggia in controluce nel suo convento.”

Quale è stato lo spirito guida del progetto?

“Non è stata la ricerca dell'ironia, ma la ricerca della bellezza nell'immagine. L’obiettivo era mostrare una persona che normalmente viene pensata come estremamente seria, chiusa nella propria chiesa, impegnata in un’attività comune, quotidiana, distante dall’immagine canonica. Mi piaceva poi l'idea che fossero rigorosamente tutti in tonaca, per raccogliere il tutto in un immaginario comune e condiviso. Qualche volta abbiamo dovuto insistere - perché alcuni dicevano che la tonaca veniva messa solo in determinate occasioni - però poi sono stati tutti molto felici di seguirmi in questo progetto.”

Denis Curti: un progetto originale e particolare

“I fotografi sono persone curiose. Tutto inizia perchè Guindani ha colto una situazione particolare, quella in cui questi religiosi svolgono attività sportive. Da qui è partita una vera e propria ricerca in tutta Italia di situazioni che avessero come protagonisti preti, suore, frati durante la pratica sportiva. Il modello è stato quello dell'indagine: una modalità per portare a un livello più credibile la dimensione di fede e spiritualità, raccontando come dietro a questi abiti ci sono uomini e donne che fanno quello che facciamo tutti. Situazioni surreali che hanno colpito Stefano, che ha chiesto a queste persone di diventare complici. Persone, si badi bene, che non sono attori, ma religiosi in carne e ossa che si raccontano per come sono”, spiega il curatore.

Un progetto originale e particolare quindi...

“Il precedente, l'esempio più illustre, come ha già detto Stefano, è quello di Mario Giacomelli che negli anni 70 ha realizzato la serie dei “Pretini” che con la tunica nera giocano e fanno girotondi nella neve. Un omaggio al grande maestro. Rivisto con gli occhi di oggi. Con una grande spettacolarità, con la fotocamera, con i droni per poter raccontare il contesto intorno alla situazione.”

Quale è stata la reazione di questi religiosi alla proposta?

“Penso che le fotografie lo raccontino bene, parlino da sole. Evidentemente è piaciuta l'idea di poter essere raccontati in una situazione di normalità, accoglienza, condivisione. C'è chi ha accettato con piacere ed entusiasmo e chi non ha accettato e non lo vedremo in mostra. Ci sono alcune pratiche sportive in cui domina la fisicità, il contatto: sport come judo, boxe, il calcio stesso. Alcuni di questi religiosi insegnano queste discipline e le loro competenze vengono messe a disposizione di una comunità più ampia.”

C'è un equilibrio di fondo tra bianconero e colore. E' una scelta voluta?

“E' una scelta dell'artista che va a sottolineare un fatto importante: oggi non esiste più la differenza tra bianconero e colore. Un tempo se ne faceva una distinzione quasi di carattere autoriale: non sono più né quel momento nè quella situazione, la scelta non fa più differenza nel linguaggio.

Quale è stato il criterio che ha guidato la scelta di alcuni scatti piuttosto che altri? In definitiva, cosa guardiamo quando guardiamo una mostra? Perché le foto esposte rappresentano solo una parte del lavoro...

“Ho lavorato scegliendo le foto che mi sembravano più omogenee tra loro, più spettacolari, prestando sempre attenzione al fatto che si sta raccontando una storia nelle sue varie sfaccettature. Quindi ci sono foto molto potenti che mettono in relazione queste persone con il territorio, altre volte ho badato maggiormente al gesto atletico e sportivo che poteva incuriosire e far interrogare. Il criterio ha guardato sia la spettacolarità sia la narrazione di una bella storia da raccontare.”

Leica Galerie: un'esperienza emotiva e creativa

Renato Rappaini, direttore generale Leica Camera Italia, spiega inoltre che “il desiderio di creare una nuova esperienza, emotiva e creativa, per chi non ci conosce o per chi ci frequenta da tempo, è stato alla base del rinnovamento del nostro flagship store di Milano. Con Retail 2.0, Leica vuole modernizzare i propri spazi, rileggendo il design e cercando di avvicinarsi a esigenze presenti e future. I nostri store rappresentano Leica grazie a un design unico e distintivo e sono luoghi di incontro, diretto, tra il nostro pubblico e il nostro mondo.” All’interno di Leica Store, Leica Galerie si presenta con un ambiente ampliato, modulabile e articolato, in grado di ospitare mostre di maggior respiro, con un nuovo progetto di lightdesign, per garantire una migliore fruizione e un’esperienza fotografica immersiva libera da distrazioni.

In occasione della mostra verrà presentato il catalogo illustrato e sarà possibile acquistare le fotografie esposte (limited edition di stampe fine art, in edizione numerata, catalogate in un foglio di sala con formato e prezzo).