ArtNoble Gallery presenta la personale dell'artista con un testo critico di Irene Sofia Comi. Un campanello d'allarme che mette in guardia dalla realtà erosa dal consumo e svela nuove ecologie

Qual è mai il campanello di allarme che l'artista vuole far risuonare, richiamando alla realtà, alla responsablità di essere umani consapevoli delle scelte intraprese e delle loro conseguenze? Luca Staccioli, attraverso una ricerca sperimentale modulata da differenti media (tra cui video, suono, fotografia, scultura, disegno, pittura, collage), interpreta l'arte come narrazione. Le sue opere indagano e mettono in discussione la distanza tra individui e valori prestabiliti, tra aspettative e immaginari diventati ormai tendenze omologanti.

Una narrazione personale

Stratificando e combinando micro-storie, memorie sradicate, oggetti quotidiani, immagini nomadiche in dimensioni global-local e in apparati tecnologici, riproduce i modelli della rappresentazione attraverso una personale narrazione e svela nuove ecologie. Wake-up call (presso ArtNoble Gallery di Milano, in via Ponte di Legno 9, fino al 9 marzo su appuntamento: 3249974878 - info@artnoble.co.uk) trasforma lo spazio della galleria in luogo di gioco e reimmaginazione. Il dialogo tra l’artista e il suo alter ego bambino funge da centrifuga: tempo libero e ricreazione, produttività e lavoro, luoghi e sogni si confondono e intrecciano, offrendo al visitatore sguardi inaspettati carichi di domande.

Una palestra di consumo e produttività omologante

Sculture-giocattolo di carrelli della spesa sono sparse a terra a formare un playground alienante, resti di una ricreazione che, invece di essere costruzione identitaria spontanea e spensierata, è in realtà erosa dal consumo. La serie Checkout riformula in questo modo l’icona iper-presente e iper-veloce degli acquisti online che diventa feticcio, come feticci sono i beni che contiene. I carrelli si mostrano sia come rovina votiva sia come materia preziosa con cui l’infanzia si allena all’età adulta: una palestra di consumo e produttività omologante.

Abitare i luoghi dell'immaginazione

Alle pareti una serie fotografica immortala maquette di luoghi domestici ricostruiti in play-doh (una pasta da modellare per i bambini N.d.R.) e abitati da figure provenienti da foto d’archivio di prigionieri, ridisegnati e sagomati. L’artista immagina un bambino che, sfogliando gli album di famiglia, trova figure di guerre e violenza e le trasforma in personaggi del suo gioco. Il suo sguardo mette a nudo l’assenza di libertà, l’angoscia e la teatralizzazione dei nostri luoghi intimi nei mass-media, svelando gli incubi nascosti nella quotidianità. In dialogo, sempre alle pareti, disegni di paesaggi dove i prigionieri si liberano, danzano, si trasformano in pattern per costruire e abitare luoghi dell’immaginazione.

Sogni e ricchezza, limiti e costrizioni

Procedendo nello spazio espositivo, ecco Castello (di sabbia?), installazione in ceramica che rimanda a bassorilievi dell’antichità, a greche decorative, metope e colonne. Invece che battaglie, gesta eroiche, brani di vita bucolica, l’opera riproduce strade prigioniere del traffico, parcheggi, supermercati, uffici e luoghi domestici asettici, svuotati da ogni presenza umana. Una raccolta di falsi miti contemporanei che dà forma e vita a torrette, merli e feritoie di un castello dei sogni, proiezione di bellezza e ricchezze future, ma anche di limiti e costrizioni.

Siamo ancora liberi? Rispondono l'artista e il curatore

E improvvisamente, Wake-up call! Siamo ancora liberi? Il suono delle campanelle riempie gli spazi, una chiamata alle armi risveglia e spinge a trasformare la realtà in cui siamo immersi. Abbiamo chiesto all'artista e al curatore di svelarci il senso del suono di queste campanelle...

Luca Staccioli, quale il focus della mostra?

“La mostra si concentra sul dialogo che si instaura tra la materialità e il concetto. Lavoro su diversi livelli, giocando con materie differenti infantili e molto artigianali: questo vuole essere un veicolo politico per mettere in discussione l’assenza di libertà creativa e la difficoltà sempre maggiore che l’individuo incontra nel costruirsi un punto di vista personale.”

E quale l'attegiamento “critico” di fondo?

“Siamo disincentivati da un mondo del lavoro sempre più concentrato sulla performance e sull’esecuzione di compiti. Attraverso la rielaborazione di icone, loghi, oggetti quotidiani in chiave giocosa, cerco di criticare l’omologazione che si subisce in ogni aspetto delle nostre giornate.”

Matthew Noble, perchè la scelta di un'artista come Luca Staccioli e delle sue opere?

“Ho deciso di lavorare con Luca ed esporre il suo lavoro in una mostra personale poiché stimo l’artista e rispetto la persona. Dopo due anni di conoscenza e di attenzione al suo lavoro, ho trovato la sua ricerca attuale molto fresca, molto originale e molto importante poiché rappresenta tematiche che interessano tutti noi.”

Cosa la colpisce maggiormente dell'opera di Staccioli?

“Il suo sguardo giocoso che nasconde tematiche politiche molto profonde, riuscendo a veicolare estetiche personali e alternative rispetto a quello che siamo abituati a vedere normalmente.”

In apertura, foto di Michela Pedranti