Studio Waldemeyer e Pablo Valbuena firmano i due landmark prjects del London Design Festival e usano il design per raccontare la storia di un luogo, attualizzarlo e svelare una dimensione diversa dell'esistenza

Il London Design Festival ha dovuto faticare per poter occupare con i suoi landmark projects il suolo sacro dei due capolavori di Sir Chritopher Wren: la celeberrima St Paul’s Cathedral e la piccola, raccolta e bellissima chiesa di St Stephen Walbrook. Ma ne è valsa la pena.

I due progetti, firmati da Pablo Valbuena e MoritzWaldemeyer e ispirati  all’opera del grande architetto che ricostruì Londra dopo il Grande Incendio del 1666 (di cui quest’anno si celebrano i 300 anni dalla scomparsa) usano la luce digitale per creare esperienze meditative e rituali e hanno realizzato il pienone di pubblico. Ed è proprio di oggi la notizia che rimarranno aperti fino alla fine di ottobre.

È un’ottima decisione perché sia Halo, il pendolo di ottone progettato da Moritz Waldemeyer per St Stephen Walbrook (che, oscillando, crea un’aureola luminosa sospesa in aria), e Aura, la lunga lama di luce di Pablo Valbuena che taglia lo spazio in St Paul’s seguendo il ritmo dei suoni dell’ambiente, sono splendidi esempi di quello che il design può fare per raccontare la storia di un luogo, attualizzarla e aiutarci a ritrovare una dimensione diversa dell’esistenza.

Halo di Moritz Waldemeyer al London Design Festival 2023

Meno nota di Saint Paul’s, la Chiesa di St Stephen Walbrook progettata Sir Christopher Wren è uno spazio decisamente raccolto e prezioso. Architettonicamente, una sorta di prova generale per St Paul’s visto che è qui che Sir Christopher Wren testò per la prima volta una modalità alternativa di costruzione di una cupola: posizionandone la base non su un quadrato ma su un cerchio, sviluppato in altezza attraverso 8 archi appoggiati su 12 colonne.

In Halo, un’opera cinetica e meditativa in cui algoritmi e luce digitale si mescolano a poesia, architettura e arte, Moritz Waldemeyer celebra tutta la grandezza di Sir Christopher Wren: che fu un architetto ma anche un astronomo, un matematico e un fisico.

Halo è un pendolo in ottone dalla forma schiacciata appeso alla lanterna della cupola della chiesa grazie a un filo invisibile di 20 metri. Sopra la base a forma di piattino c’è una striscia di LED programmata per inviare una luce su e giù per il pendolo: la luce è perfettamente sincronizzata per seguire il percorso di un alone inclinato durante una sua rotazione.

Il pendolo dunque oscilla a pochi centimetri dal bordo dell’altare in marmo travertino scolpito da Henry Moore e la luce ondeggia insieme a esso secondo un movimento che è allo stesso tempo circolare, intorno all’altare tondo, e verticale, cioè lungo il cavo.

Se si osserva il movimento del pendolo con una macchina fotografica a lunga esposizione, per 10s, la luce lascia nello spazio una scia luminosa che disegna un’aureola (da qui il nome, Halo).

“Il pendolo si ispira a esperimenti condotti da Sir Christopher Wren, che fu anche un grande astronomo”, spiega Moritz Waldemeyer che abbiamo incontrato in occasione dell’inaugurazione dell’installazione del London Design Festival.

“È anche realizzato in ottone, un materiale che Wren riconoscerebbe, viene azionato manualmente, come avrebbe fatto lui ed è sottoposto alle stesse sollecitazioni fisiche e restrizioni, quindi spiraleggiando verso l'interno molto lentamente nel tempo a causa dell'attrito dell'aria. Ogni tanto deve essere riattivato, il che trasforma l'installazione in una performance”.

Osservare Halo è quindi un’esperienza quasi meditativa, arricchita dalla presenza di proiezioni sulla cupola, “ispirate a fenomeni cosmici che affascinavano Christopher Wren, che fu anche astronomo”, conclude Waldemeyer. Ma anche un’occasione per scoprire il pensiero di Sir Christopher Wren e la sua poetica, secondo una modalità non didascalica

Aura di Pablo Valbuena

Aura è una struttura di alluminio lunga e stretta, che attraversa il cuore di St Paul’s Cathedral – dove avvengono le funzioni – dall’alto verso il basso, appesa al centro dell’enorme cupola.

Aura è come una lancia ricoperta di led. Un taglio nello spazio che, grazie a un algoritmo, si accende quando i led interpretano i suoni della Cattedrale trasformandosi in segnali luminosi, sempre diversi a seconda delle frequenze.

L’abbiamo osservata nel momento migliore: durante una funzione religiosa, quando il canto dei coristi, il suono dell’organo e la voce del prete riempiono le volte, le navate, la cupola stessa, gioiello del saper fare architettonico di Wren.

Il risultato lo si sente sulla propria pelle e nel cuore: e lascia sbigottiti con la sua sottile grandeur, presente ma non gridata.

“Per portare fino lassù i 100 kili di Aura è stato necessario assemblarla direttamente sul filo portante”, spiega Pablo Valbuena. “L’hanno fatto dei ragazzi coraggiosissimi, che si sono arrampicati sulle strutture architettoniche con delle imbragature, come degli alpinisti”

Aura colpisce moltissimo perché è una trasposizione visiva del rito.

Per realizzarla, infatti, Valbuena si è ispirato – oltre che all’architettura di Wren – anche all’interpretazione dei riti che fa il filosofo Byung Chul-Han: “i rituali stanno al tempo come l’abitazione sta allo spazio, rendono il tempo abitabile”.

Aura dunque intensifica percettivamente la dimensione rituale e simbolica dello spazio di St Paul’s – già grandioso e immersivo per sua natura – e aggiunge l’elemento del tempo all’equazione, rendendolo visivo e presente.

Dopo aver visto i due landmark projects del London Design Festival, all’improvviso la celebre frase di Sir Christopher Wren (“la luce è il più grande dono di Dio all’Uomo”) acquista improvvisamente più senso e valore anche nella contemporaneità.